La classifica delle mie 12 attrici preferite del momento. Nel post precedente i tre nomi dal dodicesimo al decimo posto: 12) Ludivine Sagnier; 11) Penelope Cruz; 1o) Charlotte Gainsbourg. Saliamo altri tre gradini.
9) Maggie Gyllenhaal. Con Secretary, film sadomaso di garbo e ironie molto dry, divenne all’alba del nuovo milennio un’icona del cinema indie. Adesso Maggie Gyllenhaal è un nome bankable che piace perfino ai più arcigni cassieri della major, anche perché con The Dark Knight e Tata Matilda, già arrivato alla seconda puntata, ha dimostrato di piacere alla platee familiari e adolescenziali (anche se The Dark Knight è un film autoriale travestito da popcron-movie). Altro bel colpo l’ha messo a segno con Crazy Heart accanto all’oscarizzato Jeff Bridges. Non dimentica però le sue origini e scommette ancora su lavori poco mainstream, ad esempio il prossimo Hysteria, commedia sulla nascita del vibratore ambientata, come vuole la moda steampunk, nella Londra vittoriana (avete in mente lo Sherlock Holmes di Guy Ritchie?). Che volete che sia, per una che in Secretary si prestava a ogni richiesta del sadico boss, compresa quella di camminare a quattro zampe. E se prima il divo di famiglia era il fratello Jake, adesso Maggie va veloce ed è sulla corsia di sorpasso.
.8) Alba Rohrwacher. È l’unica italiana di questa lista, con una faccia e un nome da cinema europeo. Il che, paradossalmente, potrebbe essere per lei sul mercato estero più un handicap che un vantaggio, visto che il cinema globalizzato si ostina a esigere da noi il tipo etnico vetero-italiano alla Lollo- Loren. In attesa che il mondo si accorga di lei, Alba Rohrwacher in Italia è già la numero uno. Quest’anno la si è vista in Io sono l’amore di Guadagnino, L’uomo che verrà di Diritti e Cosa voglio di più di Soldini, passando dalla contadina tosco-emiliana di Diritti alla ragazza racée altoborghese di Guadaganino. Non si dica che è brutta o, come vuole l’ipocrisia politically correct, diversamente bella. È un’etichetta che le è rimasta addosso dai tempi del Papà di Giovanna di Avati, e per capire quanto sia ingiusta basta vederla biondissima e sexy nel film di Soldini. Adesso, sotto la direzione di Saverio Costanzo, ha appena finito di girara La solitudine dei numeri primi dal bestseller di Paolo Giordano. Set misteriosissimo con Isabella Rossellini e (pare) Filippo Timi e Ornella Muti. Un successo annunciato.
7) Ronit Elkabetz. Ronit chi? Ecco, questa signora, 40 anni e qualcosa, è semplicemente tra le grandissime in circolazione. Il problema è che, essendo israeliana, non si trova proprio al centro dell’impero cinematografico. Nel suo paese è la star assoluta, rispettata come una gloria nazionale, lavora parecchio in Francia, per il resto zero. Eppure se ha ancora un senso cercare l’erede della Magnani non c’è che lei: Penelope Cruz, pur brava, non ha l’intensità tragica di Nannarella. Ronit Elkabetz ce l’ha. E grazie alle origini – la sua è una famiglia ebreo-sefardita marocchina che ha fatto l’aliya (l’emigrazione) verso Israele – ha quella mediterraneità iconica, capelli, occhi, che ormai sulla riva nord del grande mare interno va scomparendo, e che oggi trovi solo lì, nel Levante e nei paesi del Nord Africa. Con il fratello Shlomi forma una coppia di registi che ha dato esiti formidabili. Da Take a wife al più recente 7 days, anatomia degli amori, rancori e conflitti che si scatenano all’interno di un clan familiare sefardita riunito per una veglia funebre che, nonostante l’argomento, è anche una divertente commedia nera. Come attrice il ruolo d’elezione di Ronit è quello di Mater Dolorosa, tale e quale Nannarella, per l’appunto. O la Katina Paxinou di Rocco e i suoi fratelli. Lo è nel film che l’ha consacrata a Cannes 2004, Or (My treasure), dov’è una madre prostituta (do you remember Mamma Roma?), lo è in Jaffa, dove disperatamente cerca di tenere unita la famiglia a rischio disintegrazione. In Francia l’ha voluta, oltre a Téchiné, Fanny Ardant per Ceneri e sangue, il suo debutto alla regia. E l’Italia? Ma vi pare.
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