i 90 anni di Franca Valeri (e i suoi film che preferisco)

Franca Valeri, 90 anni il 31 luglio 2010

Dunque sabato 31 luglio 2010 Franca Valeri varca il traguardo dei 90 anni. Spero che le celebrazioni siano tante e trionfali, che i capataz di questo paese la chiamino e le facciano gli auguri, che i giornali e la rete le dedichino vagonate di pagine. Perché una donna così si merita tutto e anche di più. Un talento come il suo nasce sì e no un paio di volte ogni secolo in questo paese, perciò chapeau. Non starò a spiegare chi sia Franca Valeri, lo sanno tutti, lo devono sapere tutti. Come modesto omaggio ho pensato di segnalare qualche film dei tanti che ha interpretato. Ne ho scelti sei, tra 1955 e 1972, non so se siano i più significativi, di sicuro sono quelli che preferisco.

In "Piccola posta" con Alberto Sordi, 1955

Si parte con un trittico anni Cinquanta in cui Franca Valeri è a fianco del mostruoso (per bravura) Alberto Sordi, uno che ha sempre schiacciato le sue partner, tranne una che ha saputo tenergli testa: la Valeri, appunto. In Piccola posta (1955), diretto da Steno, Franca è Lady Eva, sedicente aristocratica polacca che da un rotocalco femminile dispensa consigli d’amore alle lettrici. In realtà non è né aristocratica né esperta in amore, si chiama Filumena Cangiullo e finisce invischiata, un po’ per interesse e molto per solitudine, con un losco figuro che ovviamente è Alberto Sordi, in uno dei suoi personaggi più turpi. Dello stesso anno è Il segno di Venere, regia di Dino Risi, con la più improbabile coppia di cugine che si sia mai vista al cinema, Cesira (Franca Valeri), milanese calata a Roma causa lavoro, e la napoletana Agnese, cioè Sofia Loren, ospitata come Cesira nella casa degli zii sotto il cupolone. Intorno un girotondo di uomini di vario tipo (tra cui Sordi), ed è facile immaginare verso quale delle due cugine si indirizzeranno.

Franca Valeri con Sofia Loren in "Il segno di Venere", 1955

A rivederlo oggi, Il segno di Venere rivela una Valeri molto padrona dei suoi mezzi, e una Loren ancora acerba e quasi intimidita dall’esperta collega. Insomma, Valeri schiaccia Loren. Ma è in Il vedovo, 1959, anche questo con la regia di Dino Risi, che Franca Valeri raggiunge forse il suo apice cinematografico. Stavolta con Alberto Sordi foma la coppia protagonista, lei industrialessa milanese con tutti i cinismi e le crudeltà del caso, lui un marito nullafacente e mantenuto che la spietata Elvira tiranneggia e umilia al grido del celebre “Cretinetti”.

La locandina del "Vedovo", 1959

Una vampira, nonna di tutte le successive donne in carriera, un personaggio che la Valeri rende incancellabile nella memoria. Il marito cercherà di sbarazzarsi di lei, ma Elvira risorge dalle ceneri peggio di Terminator e lui avrà da pentirsene. Una delle poche commedie nere del cinema italiano, ben prima di quelle di Ferreri, che 51 anni dopo non è invecchiata, anzi, appare profetica e anticipatrice (oltre che fedele ritratto del boom economico nascente).

Nel 1962 il film più compiuto di Franca Valeri, Parigi o cara, diretto dall’allora marito Vittorio Caprioli e da lui scritto con la sostanziosa collaborazione della stessa Valeri. Che è Delia, prostituta romana un po’ sora Cecioni un po’ Cabiria, che tenta il salto di qualità trasferendosi a Parigi. Tornerà a Roma sposata a un pizzaiolo.

In "Parigi o cara" di Vittorio Caprioli, 1962

Un film che alle battute perfide e fulminanti della Valeri unisce la costruzione di un personaggio complesso. Fu un buon successo allora, ma è stato poi inghiottito nel nulla. Sarebbe ora che qualcuno lo riproponesse. Dopo, si apre per la Valeri una stagione prevalentemente televisiva, il cinema le offrirà soprattutto cameos, anche in B-movies che lei non rifiuterà, perché, direbbero i suoi personaggi milanesi, “il lavoro è lavoro”. Ruoli in film anche oscuri, che lei onora sempre con il massimo della professionalità. Di questa stagione scelgo due titoli.

"Basta guardarla", 1972

Il primo è Basta guardarla di Luciano Salce, 1972, film di culto per i ragazzi e ragazzacci amanti del cinema di genere italiano, che ricostruisce la gloriosa e sgangherata epopea dell’avanspettacolo. Maria Grazia Buccella è una soubrette sgallettata, Franca Valeri è Pola Prima, attrice regina della compagnia e moglie del capocomico. La Valeri raggiunge in Basta guardarla vertici di kitsch assoluto in canzoni a doppio senso che lei, da grande, affronta impavida e senza alcun sprezzo del pericolo. Per capire la monumentale statura della Valeri forse bisogna vederla qui, nel corpo a corpo con il genere basso, non in altri film maggiori e, diciamo così, più rispettabili. Il secondo B-movie è Ettore lo fusto, diretto da Enzo G. Castellari nel 1972 (sì, lo stesso regista di Quel maledetto treno blindato cui si è ispirato Tarantino per Inglourious basterds), nientemeno che l’Iliade trasposta ai giorni nostri (cioè allora, primi anni ’70) tra borgatari romani, piccoli mafiosi e bordelli con scaltre prostitute. A vederlo oggi si rimane esterrefatti del coraggio (improntitudine?) dell’operazione e di quali contaminazioni tra cultura alta e popolare fosse capace il cinema italiano di allora. Franca Valeri è Cassandra, con un parruccone nero e un trucco che la fa sembrare una Morticia de noantri. Con in più recitazione e tempi perfetti da Valeri. (I testi segnalano anche una partecipazione non accreditata di Franca Valeri in Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. Devo dire che non me la ricordo proprio, benché Rocco sia tra i miei film preferiti in assoluto. Vorrà dire che me lo riguarderò attentamente per l’ennesima volta in cerca di questo cameo fantasma).

PARIGI O CARA

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IL VEDOVO

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