Il regista francese sarà in concorso al Lido con una commedia brillante, starring una Catherine Deneuve mai vista così e Gérard Depardieu. Ma il 27 agosto arriva nei cinema italiani anche il suo precedente film Il rifugio, storia bella e tosta di tossicodipendenze e di una vita che (forse) ricomincia.

Affiche "Potiche": una Catherine Deneuve così, in tuta e sneakers e retina in testa, non l'abbiamo mai vista.
Infaticabile François Ozon. Porta a Venezia in concorso il suo Potiche, di cui ha appena finito l’editing, film molto atteso anche perché ripropone la coppia monumentale Catherine Deneuve e Gérard Depardieu. E intanto non smette di promuovere il suo Il rifugio, che dopo l’ottima accoglienza in patria sta uscendo ovunque, Italia compresa, dove sarà nei cinema a partire dal 27 agosto. Insomma, il regista di Otto donne è impegnato su due fronti, anche se finora centellina le notizie su Potiche e ci inonda invece con quelle su Il rifugio (guardare per credere il suo site officiel).
Di Potiche è stata messa in circolo una foto sola, però abbastanza sensazionale. Perché mostra una Catherine Deneuve mai vista così, spogliata della sua regalità e vestita in tuta rossa con tre bande laterali, sneakers Stan Smith e, supremo oltraggio, la retina in testa a tener fermi gli invisibili ma certo presenti bigodini. Lei sorride ironica guatando fuori campo, mentre raggi di luce la circonfondono.
Subito i francesi si sono scatenati. Come, la Deneuve gloria nazionale maltrattata così dal giovinastro (si fa per dire, 43 anni) Ozon? I capelli poi, che sono il suo trademark – una giornalista ricorda quando mezza Francia femminile implorava il parrucchiere di farle “il biondo Deneuve” – puniti in quel modo? Però Ozon è il maestro che sappiamo. Tra l’altro, sarebbe anche ora che si prendesse un premio importante, e chissà mai che al Lido non sia la volta buona. Ozon, si diceva, è un maestro e confeziona questa immagine ambiguamente, la ibridizza, ne fa un’icona spuria alla Pierre et Gilles, impone alla Deneuve quella trivialità vestimentaria ma nello stesso tempo la sacralizza inondandola di fasci di luce divina che piovono dall’alto. Una regina spodestata e però immeditamante proclamata santa. Cos’abbia a che fare questa notevole immagine con il film lo scopriremo solo vedendolo. Intanto entriamo un po’ di più in Potiche che, qui sta la prima sorpresa, è tratto da una commedia brillante del 1980 del premiato duo Pierre Barillet–Jean-Pierre Grédy, autori, per rendere l’idea, di quel Fiore di cactus che fra teatro e cinema ci affligge da una quarantina d’anni e più (riportato in scena in tempi recenti anche in Italia da Eleonora Giorgi e Franco Castellani).
Anche Potiche non si discosta da quel tipo di pièce, si tratta sempre di spiritosaggini da teatro boulevardier per un pubblico borghese più piccolo che grande. Perché Ozon abbia deciso di trarre un film proprio da un lavoro di Barillet-Grédy resta un mistero, sarebbe come se Gianni Amelio o Nanni Moretti girassero la versione cinematografica di Aggiungi un posto a tavola di Garinei e Giovannini o Due dozzine di rose scarlatte di Aldo De Benedetti. Incongruo. Ma Ozon ha quella vena camp (che non hanno Moretti e Amelio) che gli permette di manipolare, prendendone insieme la giusta distanza, i materiali linguistici e narrativi più diversi, perfino esteticamente oltraggiosi e kitsch, si pensi solo a come in 8 donne abbia usato le canzoni pop.
O forse è rimasto affascinato dalla storia così datata anni Settanta da sembrare ormai una reliquia. Suzanne (Catherine Deneuve) è una signora borghese dimessa e poco abituata alle cose del mondo che si è sempre occupata solo di casa e figli, sposata a Robert Pujol, odioso marito e odioso proprietario di una fabbrica (di ombrelli! il che dà l’idea di quanto sia decrepita la pièce) che l’ha sempre relegata tra le mura domestiche come un soprammobile. Siamo nel 1977, gli anni della contestazione operaia. La lotta di classe si fa dura anche nella fabbrica di parapluies di Monsieur Pujol, finché la situazione precipita e Robert viene rapito dagli operai. Suzanne è costretta a uscire dal bozzolo e prendere in mano le redini dell’azienda: scoprirà di cavarsela benissimo, trovando l’accordo con i suoi operai anche grazie alla mediazione di un suo ex amante ora deputato comunista, Maurice (Gérard Depardieu). Il marito, liberato ma ancora sotto shock, è costretto a prendersi una vacanza, mentre Suzanne si consolida al timone della fabbrica e diventa inamovibile. Ma quando Robert torna dal temporaneo esilio saranno guai.
Un plot che qui a Milano andrebbe benissimo per il pubblico attempato e ultra piccolo borghese del Teatro San Babila o del Manzoni. Resta da vedere che cosa ne abbia cavato Ozon. Che forse ha voluto solo farsi una cavalcata nei peggiori anni della nostra vita, i Settanta appunto, i peggiori ma anche i più camp e fiammeggianti. Nella parte di Catherine Deneuve giovane c’è Elodie Fregé, cantante-attrice lanciata in Francia da un talent show, che sarebbe qui come dire una Alessandra Amoroso o un Marco Carta. A ulteriore dimostrazione di quanto Ozon sia affascinato dalla pop culture e ne usi linguaggi e personaggi.
Fin qui Potiche. Intanto prepariamoci a vedere tra un paio di settimane Il rifugio, tutta un’altra storia, che dimostra ancora una volta l’incredibile eclettismo e mimetismo di François Ozon. Questo è un drammatico, disadorno, iperrealistico film su una eroinomane di nome Mousse (Isabelle Carré) che, dopo aver visto il suo compagno Louis morire di overdose, scopre di essere incinta. Decide di tenersi il bambino e di trasferirsi in un paese di mare, dove la raggiunge il fratello di Louis per aiutarla durante la gravidanza. Un film duro che non sembra assomigliare per niente al boulevardier Potiche. Dettaglio: Louis è Melvil Poupaud, l’attore in giuria al Festival di Locarno che ha tenuto un diario del festival sul sito LesInrocks di cui si è scritto qui qualche giorno fa. A proposito, in questo momento sono le 21,15 di sabato 14 agosto, e tra un quarto d’ora a Locarno c’è la cerimonia di premiazione dei vincitori (vedi al post successivo nomi e foto).