La mia classifica dei film della sera e della notte in tv. Nel post precedente i titoli dal ventesimo all’undicesimo posto, adesso i primi dieci. La scelta è assolutamente personale. Si omettono magari titoli famosi per lasciare il posto ad altri bizzarri, eccentrici, meno conosciuti. Avvertenza: si prendono in considerazioni solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.00. Chi volesse avere la programmazione completa delle varie reti consulti MyMovies Guida in tv e Sky.
10) Fiore di cactus, Sky Cinema Classics, h. 21,00. Vetusta commedia del 1969 con Walter Matthau, Ingrid Bergman in un ruolo brillante (brillante la Bergman?) e l’allora giovanissima Goldie Hawn. Un dentista per eludere le richieste di matrimonio dell’amante finge di essere già sposato e chiede alla sua infermiera di fargli da moglie nella recita. Perché vederlo allora? Perché i suoi autori, o meglio gli autori della pièce da cui nasce il film, sono quella premiata coppia francese Pierre Barillet e Jean-Pierre Grédy che ha scritto anche Potiche, la commedia da cui François Ozon ha tratto l’omonimo film con Catherine Deneuve e Gérard Depardieu in concorso tra pochi giorni a Venezia. Cosa ci sia in comune tra l’ultramodernista, fassbinderiano, citazionista Ozon e l’arcaico teatro boulevardier di Barillet-Grédy resta un mistero che si svelerà, forse, solo con la visione di Potiche. Intanto dare un’occhiata a Fiore di cactus può servire. (altre informazioni sul film)
9) Rischiose abitudini, Studio Universal, h. 23,30. Un film dell’eclettico Stephen Frears che stavolta (siamo nel 1990) si cimenta con il noir. Una madre dai traffici illeciti (Anjelica Huston), un figlio succube (John Cusack), una ragazza molto determinata (Annette Bening, futura signora Beatty, qui al suo grande lancio). Ormai un classico. (altre informazioni sul film)
.8) Viva la vita, Rai Movie, h. 21,00. Film pazzo e sfrenato di Claude Lelouch, anno 1984. Un industriale e un’attrice che non si sono mai conosciuti, scompaiono misteriosamente lo stesso giorno all stessa ora. Riappariranno tre giorni dopo insieme con un messaggio da dare al mondo. Film pacifista e antinucleare senza capo né coda. Ma con quel Lelouch Touch che rende leggiadro e naturale anche l’assurdo più evidente. Come spesso nei suoi lavori, anche qui personaggi e storie che si intersecano, molto prima dei vari Crash di Paul Haggis e Arriaga-Iñarritu movies. Da guardare in modo intermittente, quando magari appare una faccia nota. E ce n’è un’infinità, da museo del cinema: Charlotte Rampling, Michel Piccoli, Jean-Louis Trintignant, Anouk Aiméee, Charles Aznavour, Raymond Pellegrin. Ricordo per chi non captasse Rai Movie sul digitale terrestre che lo si può vedere in streaming su Rai.tv. (altre informazioni sul film)
7) Incontri d’amore, Cult, h. 1,00. Film di sentimenti molto francese del 2005 su una coppia più che rodata, anzi decisamente matura, che venendo a contatto con un lui e una lei vicini di casa entrerà in una fase sempre più accelerata di cambiamento e di sommovimento dei sensi. Peccato ci sia l’eternamente bamboleggiante Sabine Azéma. Però c’è Daniel Auteuil e, soprattutto, Sergi Lopez, la faccia e il corpo più proletari del cinema europeo di questa decade. Uno che da solo merita la visione di qualsiasi film. (altre informazioni sul film)
6) Sinfonia per un massacro, Rai Movie, h. 0,10. Gran polar diretto nel 1963 da Jacques Deray, il futuro regista di Borsalino e La piscina con Alain Delon. Sceneggiatura di lusso del duo José Giovanni-Claude Sautet, due che da registi avrebbero poi dato parecchio al cinema. A Marsiglia (dove se no?) una banda cerca di appropriarsi di un carico di droga conteso da altri narcotrafficanti. Non andrà come previsto. Con il patriarca Charles Vanel, Michèle Mercier pre-Angelica e Jean Rochefort. Per appassionati del crime francese (io lo sono). Ricordo per chi non captasse Rai Movie sul digitale terrestre che lo si può vedere in streaming su Rai.tv. (altre informazioni sul film)
5) Identikit di un delitto, Premium Cinema Energy, h. 0,45. Andrew Lau, regista hongkonghese della trilogia-capolavoro Infernal Affairs, va a Hollywod per girare questo film al servizio della star Richard Gere. Che qui è un ruvido detective incaricato di sorvegliare ex detenuti colpevoli di reati sessuali. Sta per passare la mano a una giovane collega, Claire Danes, quando un maniaco entra in azione. Identikit di un delitto ti fa sentire l’odore del male. Lau non si smentisce, ma il film ha poco successo al box office e finisce quasi subito in dvd. Da vedere, anche perché ci si fa un’idea più precisa su Andrew Lau, che sarà proprio domani a Venezia, nella giornata di apertura della Mostra, a presentare fuori concorso il suo Legend of the Fist: the Return of Chen Zen. (altre informazioni sul film)
4) Pink Floyd – The Wall, Studio Universal, h. 1,30. Il concept album del 1979 dei Pink Floyd, uno dei più famosi della storia del rock e, se non il migliore della band, certo il suo più popolare e mainstream, diventa tre anni dopo un film. Impresa titanica dare corpo e immagine a un’opera colossale come questa dei Pink Floyd, fuori scala e fuori ogni misura, kitsch e grandiosamente pompier, un’esplosione di barocchismi musicali e incontinenza sonora. Alan Parker, che già di suo non è mai stato un regista minimalista, alle prese con una materia del genere si sfrena. Il racconto di una rockstar (Bob Geldof pre Live Aid!) chiusa in una stanza d’albergo prigioniera dei suoi suoi incubi e del suo passato, si snoda con abbondanti inserti in animazione, che rappresentano il lato allucinatorio del protagonista. Visioni da lager, da universi concentrazionari, da totalitarismi martellati e uncinati, con dittatori che urlano, divise funeree, parate simil nazi, reticolati, bombe che cadono. Un repertorio malsano che viene dalle graphic novel e che, rielaborato da Alan Parker, influenzerà a sua volta tutti i fumetti successivi, ma anche la nascente videomusic, i videogames, il cinema anni Novanta. Pink Floyd – The Wall, che allora sembrò solo un’extravaganza abbastanza indigesta, oggi ci appare come opera seminale, snodo dell’immaginario filmico e non solo. (altre informazioni sul film)
3) Fellini-Satyricon, Sky Cinema Italia, h. 0,40. Uno dei film di Fellini che hanno resistito meglio all’usura del tempo. Strano oggetto filmico, difficile da collocare anche all’interno del cinema felliniano. Affresco della vita ai tempi dell’Impero Romano, tratto da Petronio Arbitro ma con un occhio a Gibbon e ai cliché che vogliono Roma lasciva, decadente, corotta, promiscua, limacciosa, sentina di ogni vizio e peccato. Trimalcione con il suo epicureismo volgare, cui è dedicata la scena centrale, diventa il personaggio-simbolo. Fellini-Satyricon è un film di visioni e perversioni, di ombre, fiamme, fumo, maschere spaventevoli, corpi e cibi che si corrompono. Un viaggio allucinato, che difatti allora (1969) piacque moltissimo ai ragazzi della controcultura americana, che lo accolsero come un grande trip acido. Non piacque molto in Italia, dove i critici e i fellinologi rimasero spiazzati da tanto eccesso. Quei critici che invece avrebbero amato di lì a poco il mediocre (se mi è lecito) Amarcord, così rassicurante nei suoi fellinismi: Rimini, il Grand Hotel, la Gradisca ecc. Satyricon invece è un altrove assoluto, radicale. (altre informazioni sul film)
2) Requiem for a Dream, Studio Universal, h. 21,10. Diciamo innanzitutto che è un film del 1990 di Darren Aronofsky, quello che con The Wrestler si è preso due anni fa il Leone d’oro a Venezia e che sta per tornare al Lido in concorso con il suo nuovo, attesissimo Black Swan (il film apre proprio domani la Mostra). Da noi Requiem non lo conosce nessuno, ma negli Usa ha lasciato un segno forte, tanto che il trailer originale di Black Swan incomincia proprio con il claim “dal regista di Requiem for a Dream e The Wrestler“. Tre storie derelitte di dipendenza e droga: una casalinga lobotomizzata dalla tv, suo figlio tossico e la ragazza di lui altrettanto tossica che per trovare i soldi dovrà prostituirsi. Vite interrotte, raccontate da Aronofsky con una mdp impazzita e convulsa, in immagini tossiche come i protagonisti. Requiem cerca di rappresentare il delirio mimandolo. Indigeribile forse, ma notevole. Una prova di grande talento. (altre informazioni sul film)
1) Attrici, Cult, h. 23,00. Forse non è il film capolavoro della serata tv, ma di sicuro è il più chic e il più cool, e che Dio mi perdoni i due aggettivi (soprattutto il secondo). Sentite un po’: lo dirige e lo interpreta Valeria Bruni Tedeschi, che oltre a essere la sorella della première dame Carlà è in proprio un affermato nome del cinema francese più intellettuale ed elegante. In più, il protagonista maschile è Louis Garrel, l’attor giovane più figo e racé dello schermo made in France (e forse europeo). Proprio sul set di Attrici Valeria e Louis sono caduti in amore e da allora formano una coppia d’acciaio, nonostante lei abbia 46 anni e lui 27 (che fanno 19 di differenza). Eppure il vero motivo di culto di questo film è un altro, la presenza di Marysa Borini, mamma di Valeria e Carla dunque prima suocera di Francia, donna dal turbinoso passato (ha avuto le figlie da due uomini diversi). Che in Attrici fa proprio la madre della protagonista, figura materna alquanto ingombrante ma irresistibile. Certo, poi c’è anche il film, che è così squisitamente Nouvelle Nouvelle Vague. La storia (con parecchi echi autobiografici) ci racconta di un’attrice di teatro in crisi e un po’ depressa, impastoiata in problemi di lavoro e di privato, storia un po’ lunga, forse non molto avvincente, però girata con gran classe. La satira di certo teatro d’avanguardia è acuta. E tanto basta. (altre informazioni sul film)
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