FILM STASERA IN TV: la Top 10 (mercoledì 1° settembre)

La mia classifica dei film della sera e della notte in tv. Nel post precedente i titoli dal ventiduesimo all’undicesimo posto, adesso i primi dieci. La scelta è assolutamente personale. Si omettono magari titoli famosi per lasciare il posto ad altri bizzarri, eccentrici, meno conosciuti. Avvertenza: si prendono in considerazioni solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.00. Chi volesse avere la programmazione completa delle varie reti consulti MyMovies Guida in tv e Sky.

10) Parla con lei, Premium Cinema Emotion, h. 22,55. Un Almodóvar del 2002, subito dopo il trionfo globale di Tutto su mia madre. Anche questo è un successo. Due uomini in clinica vegliano due donne in coma. Diventano amici, e le loro storie si intrecceranno con quelle delle due ragazze. Trama complicata, che si sviluppa su più piani temporali, come sempre più spesso nell’ultimo Almodóvar (vedi La Mala Educacion e il recente Gli abbracci spezzati), e che però lui sa dipanare con quella sagacia narrativa che conosciamo. Ma resta un sospetto di troppo lambiccato, contorto, come se Pedro avese smarrito la capacità o la voglia di raccontare una storia semplice. Se è ammirevole la maestria e la sicurezza assoluta con cui gira, convince meno la sua vocazione ecumenica di piacere a tutti e non scontentare più nessuno. Mi viene in mente quello che disse di lui un mio amico venticinque anni fa, quando arrivarono i suoi primi film: “Almodóvar è un Fassbinder senza palle”. Temo avesse ragione. (altre informazioni sul film)
9) Il mercenario, Sky Cinema Italia, h. 22,50. Il primo dei tre grandi spaghetti-western di questa Top Ten. Uno dei più politici e rivoluzionari (e difatti il film è del 1968). Tony Musante e Franco Nero contro un proprietario di miniera, ovviamente avido e cattivo. C’è anche una bellissima e molto latina Giovanna Ralli. Soprattuto, alla regia c’è Sergio Corbucci, il più grande del nostro western insieme a Sergio Leone. Cosa sia stato Corbucci per il cinema di genere italiano, anzi per il cinema italiano tout-court, lo spiega ad abundantiam il dossier che il mensile Nocturno gli ha appena dedicato sul numero di agosto. Lo consiglio caldamente. (altre informazioni sul film)
.8) Brüno, Sky Cinema Mania, h. 0,30. Dopo Borat, Sacha Baron Cohen cerca di ripetere il colpo proponendo il suo stilista-fashionista austriaco Brüno (con i due punti, mi raccomando) che si muove e combina disastri planetari tra Milano al tempo delle sfilate, la Los Angeles dei casting e dei talk-show, e il Medio Oriente dove si reca in una delirante missione di pace. Fuori di testa. Però non si era mai vista una demolizione così efficace del mito massificato e globalizzato della moda, e del suo frutto perverso, il narcisismo coatto e decerebrato. A uscire a pezzi è anche l’estetica gay finto macho-muscolare e il gaysmo più ipnotizzato dal culto dell’immagine. Baron Cohen però strafà e tocca punti di una sgradevolezza inaudita e quasi insopportabile. Geniale, ma solo per stomaci fortissimi. Anche qui, anime belle politically correct astenersi. Non a caso Brüno non è riuscito a ripetere il successo di Borat. (altre informazioni sul film).
7) Diverso da chi?, Sky Cinema Family, h. 21,00. Tentativo italiano abbastanza riuscito di fare una commedia sul gaysmo all’altezza di quelle internazionali. Senza cioè quei vetusti cliché italici e andando finalmente oltre l’eterno dramma-dilemma “lo dico o non lo dico a mamma e papà che sono gay?”, che per esempio si ritrova ancora in Mine vaganti di Ozpetek. Qui il protagonista, un buon Luca Argentero, è uno di quegli omosessuali pacificati ed omologati del giorno d’oggi che vivono col compagno nell’approvazione generale, compresa quella delle rispettive famiglie. Una coppiettina perbene e carinissima, perfino noiosa. Lui si butta in politicia senza nascondere la gaytudine anzi facendone un punto di forza, imparando da esempi stranieri tipo il sindaco di Parigi Delanoë e anticipando il boom di Nichi Vendola. Tutto funziona finchè un’amica-nemica politica, la bacchettona Claudia Gerini, non si innamorerà di lui. E lui di lei. Commedia degli equivoci ben scritta dal bravo Fabio Bonifaci (lo stesso di Amore, bugie e calcetto e Si può fare) che a un certo punto se ne frega del politically correct e ribalta tutto facendo innamorare il gay di una donna. Non solo, sarà costretto a nascondere il suo amore eterosessuale a tutti, perfino alla famiglia e agli elettori, in un rovesciamento radicale e paradossale che non sarebbe dispiaciuto a Lubitsch. Che Bonifaci tenga d’occhio l’esprit viennese e la Mitteleuropa, quella che inviò a Hollywood non solo Lubitsch ma anche Wilder e von Stroheim, lo si capisce anche dalla scelta di Trieste come location della storia. Solo che il film cade nella parte finale dove, non sapendo più che pesci pigliare, cerca di accontentare tutti. Peccato. Il regista Umberto Carteni se la cava dignitosamente, la Gerini eccede un po’. Il migliore è Filppo Nigro, il fidanzato tradito di Argentero. Però avercene di commedie così da noi. Sky lo dà in prime time sul suo canale Family, anche se con la raccomandazione Bambini accompagnati, e pure questo è un segno dei tempi. (altre informazioni sul film).
6) La spettatrice, Cult, h. 0,30. Film appartato, ma che gode di grande considerazione, firmato dall’allora (2004) esordiente Paolo Franchi, allievo di Ermanno Olmi. Valeria spia l’uomo della casa di fronte, lo segue perfino quando lui si trasferisce da Torino a Roma, cerca di entrare nella sua vita e ci riesce. Ma quando lui si accorge di lei, Valeria se ne va. Per La spettatrice si son fatti i nomi di Kieslowski e ovviamente Hitchcock. Un film sullo sguardo e, forse, sul cinema. La protagonista è Barbora Bobulova. Sicuramente poco italiano, sicuramente da vedere. Il successivo film di Franchi, Nessuna qualità agli eroi, presentato a Venezia 2007, è stato un flop clamoroso, stroncato anche dai quei critici che non stroncano mai nessuno. Una mattanza. Anche quello sarebbe da recuperare. Ho l’impressione che Paolo Franchi sia un vero talento che si è spento troppo presto perché darwinianamente inadatto al cinema italiano di oggi (spero di essere smentito subito e che Franchi rispunti fuori con un nuovo film. Elio Germano proprio qualche giorno fa diceva al Corriere della sera che lui e Franchi hanno già un progetto pronto, il problema è che non riescono a trovare i soldi). (altre informazioni sul film)
5) Piccolo Buddha, Sky Cinema Hits, h. 23,45. Scombinato Bertolucci del 1993 su un ignaro bambino di Seattle chissà perché prescelto da alcuni lama tibetani come ultima reincarnazione del Budda. Chiaro che i genitori, una coppia che più americana non si può, rimangano interdetti vedendo quei monaci tibetani venuti a trovarli fin lì tipo re magi. Però poi si lasceranno conquistare dall’idea, mentre i lama iniziano il bimbo alla sua missione futura raccontandogli la vita del Buddha. Folle, indigeribile, demente. Eppure la messa in scena della vita del Buddha, di Siddharta l’illuminato, che è un Keanu Reeves inopinatamente scagliato a incarnare miti orientali, è un incanto. Pura oleografia, in cui però Bertolucci mette tutta la sua sapienza figurativa, il gusto così italiano e così squisito della perfetta compisizione. Colori che più saturi non si può, piogge di petali di rose, elefanti decorati, baldacchini-trono, ori, rossi e rosa a riempire ogni minimo spazio dell’inquadratura. L’Oriente così come lo può vedere e illustrare un uomo d’Occidente che ne è sedotto. Visione probabilmente fintissima e ingannevole, ma fascinosa. Questa parte vale tutto il film e ne riscatta l’assurdita di fondo, perfino la sgradevolezza. Da vedere almeno una volta. (altre informazioni sul film)
4) Tepepa, Rai Movie, h. 23,35. Storico spaghetti-western di Giulio Petroni dell’anno 1968, con inevitabili echi di rivoluzione. Siamo in Messico, con il peone ribelle Tepepa in guerra contro l’odioso colonnello Cascorro. Tomas Milian in uno dei suoi ruoli ispanico-sottoproletari che ne hanno fatto un’icona per le platee popolari del mondo (del terzo mondo soprattutto), il colonnello è nientemeno che Orson Welles, disfatto e corpulento, che ne fa una delle sue ennesime incarnazioni del Male. (Ricordo, per chi come me non riuscisse a captare Rai Movie sul digitale terrestere, che lo si può vedere in streaming su Rai.tv) (altre informazioni sul film)
3) Occhi senza volto, Sky Cinema Classics, 22,55. Horror d’autore del 1959. Regista Georges Franju, innovatore del cinema francese anche se non fece parte della Nouvelle Vague, cui comunque fu vicino. Si dice che François Truffaut abbia seguito il montaggio di Occhi senza volto mentre nella stanza accanto si occupava dell’editing del suo film d’esordio, I 400 colpi. Insomma, Occhi senza volto ha tutte le stigmate del mito. Un chirurgo plastico (Pierre Brasseur) uccide, con l’aiuto della sua devota assistente (Alida Valli), alcune ragazze per ricavarne i tessuti con cui ricostruire il volto della figlia rimasta sfigurata. Magnifico bianco e nero. Considerato in Francia e Stati Uniti un capolavoro. (altre informazioni sul film)
2) Django, Sky Cinema Italia, h. 22,50. Per alcuni (in continuo aumento), lo spaghetti western più importante di sempre, anche più importante di quelli di Sergio Leone. Il più estremo di sicuro. Se Leone filma paesaggi e personaggi abbacinati dal sole e dalla troppa luce, Sergio Corbucci, regista di questo classico riconosciuto in tutto il mondo, affonda qui il suo eroe nel fango, mentre intorno la pioggia incessante toglie ogni spiraglio di luce e ogni speranza. Django cammina trascinandosi dietro una bara e già questa è un’invenzione formidabile. Dentro però c’è una mitragliatrice con cui lui, uomo solo contro tutti, affronterà le bande opposte degli incappucciati rossi, razzisti yankee al soldo del despota Jackson, e i torvi rivoluzionari messicani del generale Rodriguez. Franco Nero/Django – è il 1966 –  conquista le plateee proletarie del pianeta e farà innamorare di lì a qualche anno registi come Quentin Tarantino e Alex Cox. Film di rara potenza. Django, con le dita spappolate dagli zoccoli dei cavalli, con la faccia tumefatta dai pugni, che si trascina senza cedere la sua bara è indimenticabile. Grazie a questo film Franco Nero sarà chiamato a Hollywood sul set di Camelot, dove conoscerà Vanessa Redgrave. Ancora oggi quando va in giro per il mondo lo chiamano Django. Se metto questo capolavoro di Sergio Corbucci al secondo posto è solo perché oggi in tv danno anche Improvvisamente l’estate scorsa, che amo pazzamente. Ecco, diciamo che è un ex aequo. (altre informazioni sul film)
1) Improvvisamente l’estate scorsa, Sky Cinema Classics, h. o,20. Mi vien da ridere, o da piangere che fa lo stesso, quando leggo le critiche a queto film di certe anime belle della vieille critique (e anche della nouvelle, se è per questo): “effettistico, melodrammatico, verboso” ecc. ecc. Scherziamo? Qui siamo ai vertici di un certo cinema, che è quello della ridondanza, dell’eccesso, dell’urlo, dell’eros. Insomma del melodramma, che non va stroncato di default, è solo uno dei linguaggi che il cinema ha trovato per raccontare le passioni e forse il più efficace. Tratto da un lavoro teatrale del genio Tennessee Williams, sceneggiato per il cinema da Gore Vidal, diretto da Joseph L. Mankiewicz, Improvvisamente l’estate scorsa è del 1959, quando la rivoluzione libertina di massa non era arrivata e il sesso era ancora apparentato alla colpa, alla perdizione e al sacrificio, anche al sacro (lo è anche adesso, solo che non si può più dirlo). La ricca signora Violet Venable, che è una Katharine Hepburn strepitosa quale madre castrante, vive nel culto del figlio Sebastian, morto in circostanze misteriose in Spagna. Chiama nella sua casa-mausoleo un neurochirugo, Montgomery Clift, perché sottoponga a lobotomia la nipote Catherine (Elizabeth Taylor) che lei ritiene pazza. La verità verrà a galla a poco a poco, ed è un’orribile verità. Violet vuole cancellare dalla memoria di Catherine quello che sa di Sebastian e della sua fine. Perché Catherine era con lui, e ha visto. Il segreto è l’omosessualità di Sebastian, ucciso da una banda di ragazzi nella Spagna mediterranea, in una sorta di rito punitivo e cannibalico ancestrale. La scena finale, l’ascesa di Sebastian al suo Golgota inseguito dai suoi carnefici, è tra le cose più sconvolgenti che ci abbia dato il cinema. Certo, in questi tempi di gaytudine sdrammatizzata e depotenziata di ogni pathos, Improvviamente l’estate scorsa sembra pura archeologia. Ma come le autentiche creazioni e i miti, è un film che trascende il tempo e continua a parlarci. Basta saperlo ascoltare e guardare. (altre informazioni sul film)

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