FILM STASERA IN TV: gli imperdibili 10 (martedì 16 nov.)

I migliori dieci film della sera e della notte tv: la scelta è personale. Per vedere la programmazione completa delle varie reti, consultare Film.tv.it. Si prendono in considerazioni solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.0o. Attenzione, la programmazione potrebbe cambiare (prima di vedere un film è meglio controllare, sempre su Film.tv.it, la sua presenza in palinsesto). Buona visione.
La scritta FREE indica i film trasmessi da canali non a pagamento.

1) Moon, Sky Cinema 1, h. 21,00.
2) Le conseguenze dell’amore, Retequattro, h. 0,o5. FREE
3) La lunga notte del ’43, Sky Cinema Italia, h. 22,45.
4) Il Signore degli anelli – Il ritorno del Re, Steel, h.21,00 .
5) Il cacciatore, Iris, h. 21,05. FREE
6) Il federale, Sky Cinema Italia, h. 21,00.
7) Il pozzo e il pendolo, MGM Channel, h. 0,55.
8) 300, Italia 1, , h. 21,10. FREE
9) L’amaro sapore del potere, Sky Cinema Classics, h. 1,00.
10) Ed Wood, Studio Universal, h. 21,15.

Commenti:
1) Moon. Esordio del 2009, sorprendente per idee e qualità di realizazione, pur con gli scarsi mezzi a disposizione, dell’inglese Duncan Jones, che altri non è se non il figlio di David Bowie. Ragazzo talentuoso, che imbastisce uno sc-fi molto umanistico e poco tecnologico in evidente omaggio a certa fantascienza anni Sessanta-Settanta, come l’inevitabile Kubrick di Odissea nella spazio, ma anche Atmosfera zero di Peter Hyams e soprattutto i due meravigliosi fantascientifici di Andrej Tarkowsky, Stalker e Solaris. In una base spaziale di minatori sulla Luna c’è qualcosa di strano, a poco a poco si rivelerà l’orribile verità. Un piccolo film quasi intimista in una base spaziale: idea geniale. Moon, stentamente uscito nei cinema italiani, nel mondo anglofono è piaciuto moltissimo.
2) Le conseguenze dell’amore. Il secondo film di Paolo Sorrentino, ma quello che lo lancia tra gli autori europei da tenere d’occhio, grazie al successo al festival di Cannes. Anche quello che lancia Toni Servillo, destinato a diventare il nuovo attore-talismano del nostro cinema. Un piccolo lavorante del narcotraffico, un contabile di soldi sporchi se ne sta in un albergo di Lugano in attesa di ordini. In questo standby avrà modo di innamorarsi della receptionist (Olivia Magnani, nipote di Anna, nientemeno) e di riflettere, prima che la vita (il destino) riprenda inesorabile il suo corso. Ricorda da vicino il recente, notevole The American con George Clooney.
3) La lunga notte del ’43, Raro, imperdibile film del 1960 di Florestano Vancini. Un  austero bianco e nero per rievocare una fosca, nebbiosa storia di partigiani e fascisti, tradimenti e inganni nella Ferrara repubblichina del 1943. Tratto da Cinque storie ferraresi di Giorgio Bassani, racconta di un omicidio, una resa dei conti tutta interna ai fascisti locali, la cui responsabilità viene dirottata su un grupppo di partigiani, che verranno catturati e fucilatii. Le immagini livide di Ferara all’alba sono indimenticabili. Suiscitò feroci polemiche allora, perché era sì resistenziale ma non abbastanza patriottico, dipingendo come autori del fattaccio non in nazisti ma i fascisti della città. Cast grande: Gabriele Ferzetti, Enrico Maria Salerno, la povera, bellissima Belinda Lee. Perfino una esordiente Raffaella Carrà creditata ancora col suo vero nome di Raffaella Pelloni.
4) Il Signore degli anelli – Il ritorno del Re. Terzo e ultimo titolo della saga che ha rivoluzionato – e non è un’iperbole – il cinema fantastico. Il signore degli anelli secondo il neozelandese Peter Jackson sdogana Tolkien, che da culto dei ragazzacci della destra estrema si installa al centro dell’immaginario pop degli anni zero, e già questa rende l’operazione memorabile e perfino materia per i futuri storici della cultura. Colpisce dunque nel trittico del Signore degli anelli, saga filmica che ha battuto ogni record di incasso precedente, sia la sua disinvolta post-ideologia sia la sua capacità nel rivitalizzare miti e saghe che sembravano irrimediabilmente datate. Jackson ci riesce incrociando il mondo di Tolkien con le immagini e l’epica dei videogame e delle graphic-novel, e ricorrendo come mai nessuno prima alle nuove diavolerie digitali in grado di ricreare ogni mondo parallelo, ogni realtà fantastica. Ma, molto postmodernamente, immerge il tutto nella natura ancora primordiale delle location neozelandesi. Questo terzo capitolo non aggiunge molto ai precedenti ma incassa i dividendi maturati dagli altri episodi: è sul Ritorno del re che cade una pioggia di Oscar, e un incasso stellare che lo colloca al terzo posto nelle box office chiarts di tutti i tempi.
5) Il cacciatore. Un gruppo di amici working class festeggia con una quasi rituale caccia al cervo prima di partire per il Vietnam. Dopo, incomincerà la disgregazione, l’incontro con la violenza, il sangue e la morte, la discesa per alcuni nella follia. Forse il film più bello sul Vietnam, il più sanguinante e doloroso, più di Apocalypse Now. Il cacciatore si occupa di individui, persone, travolti dalla furia della guerra, non si erge come il film di Coppola ad affresco e monumento. Ma noi non dimenticheremo più certe scene, come il Bob De Niro che in una bisca di Saigon accetta la sfida alla roulette russa con l’amico Christopher Walken ormai impazzito e drogato di morte. Capolavoro che lanciò Michael Cimino, destinato a bruciarsi e autodistruggers, in una della parabole più inquietanti della Hollywood delle ultime decadi.
6) Il federale. Vecchio (del 1961) ma sempre godibile film di Luciano Salce che racconta – mettendola in commedia e anche in farsa – la caduta dell’Italia fascista e la sua riconversione in Italia della Resistenza e post-fascista. Passaggio cruciale. E film ancora oggi istruttivo sul cambio di casacche e gabbane che imperversò in quei momenti. Ugo Tognazzi, grandioso, è il piccolo fascista Arcovazzi che, mentre gli anglo-americani ormai avanzano da Sud (siamo nel 1944), è incaricato di riportare dall’Abruzzo a Roma un confinato politico, un professore antifascista ispirato (anche fisiognomicamente) a Benedetto Croce. Il viaggio in moto con sidecar verso la Capitale è anche un viaggio nell’Italia che sta cadendo a pezzi, nella “morte della patria”, e un confronto serrato tra fascismo (Tognazzi) e antifascismo (il professore interpretato da Georges Wilson). Gag indimenticabili (“Buca… Buca!”). Poi l’arrivo a Roma già occupata dagli Alleati, con il paese fino al giorno prima fascista che inneggia ai nuovi potenti. Le scene finali sono le più crudeli e rivelatrici di quel che successe allora. Ma è tutto il film a essere un ritratto d’epoca perfetto, meglio di un trattato di storia. Tognazzi ritrova nel protagonista qualcosa della propria biografia: Arcovazzi è di Cremona, come lui. E come lui è un ragazzo di Salò.
7) Il pozzo e il pendolo. Uno dei film che il re americano dei B-Movies Roger Corman trasse da Edgar Allan Poe. Vincent Price è un perverso signore del castello che scaglia i suoi prigionieri in una buca, su cui incombe un enorme pendolo dalle lame affilate che inesorabilmente si avvicina. Tensione e paura ancora creati con mezzi artigianali. Considerato un vertice del genere dai cultori. C’è la regina dei devil movies di Mario Bava, Barbara Steele.

8) 300. Tratto da una graphic-novel di Frank Miller, di cui si conserva l’incisività grafica e l’effetto bidimensionale. Zack Snyder fa un grandisssimo lavoro e reinventa il genere peplum. Narrativamente popolare, visualmente sofisticato. La contrapposizione d’immagine tra i rudi e seminudi Spartani e gli iperdecorati e decadenti Persiani è fantastica.
9) L’amaro sapore del potere. Film civile Usa del lontano 1964 sulla lotta di due candidati dello stesso partito per ottenere la nomina alle Presidenziali. Cinico e straordinariamente ben informato sui meccanismi di costruzione del potere. Non per niente l’affilata sceneggiatura è di Gore Vidal che, da parente della famiglia Kennedy, certe cose le conosceva bene. Un piccolo classico molto raro. Uno dei titoli più interessanti della serata.
10) Ed Wood. Uno dei tanti Tim Burton/Johnny Depp. Questo, del 1994, è sul regista di Z-movies Ed Wood, schernito a suo tempo come il peggiore del mondo. Un freak sociale, un borderline che Tim Burton non poteva non amare. Tutto sembrava annunciare il capolavoro, eppure il film non fu all’altezza delle enormi aspettative. Qualcosa non funzionò. Ma Tim Burton è sempre Tim Burton.

Seguono in classifica:
11) Accadde una notte, Sky Cinema Classics. h. 23,15.
12) Orgoglio e pregiudizio, MGM Channel, 21,00.
13) Il tè nel deserto, Cult, h. 1,00.
14) L’odore della notte, Rai Movie, h. 23,00. FREE (Chi non capta Rai Movie, può seguirne i programmi in streaming su rai.it)
15) Scream 2, Premium Energy, h. 21,00; Scream, Premium Energy, h. 22,45.
16) Omicidio a luci rosse, Rai 4, h. 0,25. FREE
17) Niente velo per Jasira, Sky Cinema Mania, h. 0,30.
18) Sotto tiro, Premium Energy, 0,40.
19) Gli implacabili, Sky Cinema Classics, h. 21,00.
20) Harry Potter e il Principe Mezzosangue, Premium Cinema, h. 22,10..
21) Black Dahlia, Rai Movie, h. 21,00. FREE (Chi non capta Rai Movie, può seguirne i programmi in streaming su rai.it)
22) Kickboxer – Il nuovo guerriero, Rai 4, h. 21,10. FREE
23) Il cosmo sul comò, Sky Cinema Hits, h. 21,15.
24) Out of Sight, Premium Emotion, h. 23,05.
25) Duplicity, Premium Emotion, h. 21,00.
26) La bonne, Sky Cinema Italia, h. 0,35.
27) Alien – La clonazione, Iris, h. 0,05. FREE

Commenti:
11) Accadde una notte. Clark Gable, Claudette Colbert e le mura di Gerico. Vertice assoluto della commedia sofisticata anni Trenta. Dirige Frank Capra. Meraviglioso.
12) Orgoglio e pregiudizio. L’ultima versione approdata al cinema del romanzo di Jane Austen, ritornato a essere (e sarebbe interessante indagare peché) un culto per le nuove generazioni di ragazze. Addirittura c’è chi lo considera il libro che ha germinato Sex and the City e gran parte delle narrazioni (cartacee, televisive, filmiche) al femminile di oggi. In questa versione c’è Keira Knightley, che è sempre un incanto. Confezione impeccabile. Poi Jane Austen è sempre Jane Austen.
13) Il tè nel deserto. Bertolucci, reduce dalla cascata di Oscar per L’ultimo imperatore, è all’apice della sua potenza quando, fine anni Ottanta, gira questo Tè nel deserto. Riesce ad avere due star come Debra Winger e John Malkovich e a trovare i finanziamenti per il progetto, che gli stava a cuore da tempo, di trarre un film dal romanzo abbastanza maudit di Paul Bowles, musicista-scrittore americano arenatosi a Tangeri negli anni Quaranta. Bowles, che compare anche nelle scene finali del film nella parte di se stesso, fu a partire dagli anni Cinquanta nella sua residenza tangerina punto di riferimento e modello di intere successive generazioni di autori-scrittori (Ginsberg, Burroughs, Tennessee Williams, Truman Capote) e rockstar vogliose di perdersi nei dedali marocchini. Dedali saturi di fumi di saturi di kif, sesso facile e vari piaceri allora proibiti in Occidente. Il tè nel deserto racconta di una coppia di americani (Malkovich e Winger) e un loro giovane amico (Scott Campbell) che arrivano in Marocco decisi ad addentrarsi nel deserto. Sarà una discesa nel profondo di sè e niente sarà più come prima. Tra avventure, malattie, amori berberi e paesaggi che Bertolucci riesce a far diventare sensuali, si compie il destino dei tre. Allora non mi piacque, ma oggi mi viene nostalgia di quel cinema bertolucciano magari pomposo, ma che riusciva a fare di un piccolo libro, marginale anche se di culto, un grande spettacolo per le platee mondiali..
14) L’odore della notte. Cultissimo romano-coatto, stando a quanto scrive Marco Giusti nel suo dizionario di B-movies Stracult. Film del 1998, che ricostruisce fatti e misfatti di una banda di borgatari anni ’70 chiamata per l’efferatezza delle sue imprese Arancia meccanica. Starring un perfetto Valerio Mastandrea, alla regia quel Claudio Caligari che aveva diretto nel 1983 l’oggi insostenibile Amore tossico. Tremenda e mitica in L’odore della notte la scena di Little Tony nella parte di se stesso costretto dai rapinatori che gli sono entrati in casa a cantare Cuore matto.
15) Scream 2 e Scream. L’urlo di Munch diventa la maschera mostruosa, e il logo, di una trilogia slasher diretta da Wes Craven che ha fatto scuola.
16) Omicidio a luci rosse. Forse il film di Brian De Palma che preferisco, insieme a Scarface. Questo, del 1984, appartiene al suo periodo hitchockiano, difatti le citazioni – soprattutto di La finestra sul cortile e La donna che visse due volte – sono abbondanti ed evidenti. Film di genere d’autore, che trasuda da ogni sequenza amore per il cinema (un po’ come Tarantino, però molto prima di lui): per questo non si può non amarlo.
17) Niente velo per Jasira. Uscito l’anno scorso e passato nell’indifferenza generale, è invece un piccolo film che merita di essere recuperato in tv. Titolo italiano fuorviante, anzi sbagliato, perché qui non si tratta del tormentone velo sì/velo no. Jasira vive tra New York e Houston, è di padre libanese (ma cristiano, non musulmano) e di madre irlandese, ha 13 anni ed è incasinata. La sua pur parziale origine mediorientale la espone ai pregiudizi e ai razzismi quotidiani. Stretta tra il rigore paterno (ma il velo non c’entra niente) e la iperpermissività del mondo che le sta intorno, si dà alla scoperta del sesso e, come si diceva una volta, del proprio corpo, incappando goffamente in strani incontri e piccole disavventure. Film di iniziazione e formazione in un contesto di trame e relazione extra e interetniche. Minimi ma non trascurabili scontri di civiltà che ne fanno un film assolutamente contemporaneo. Regia di Alan Ball, lo sceneggiatore di American Beauty. Tratto dal libro Beduina, edito in Italia da Adelphi.
18) Sotto tiro. Alcuni reporter americani si ritrovano invischiati in Nicaragua tra l’esercito di Somoza e la rivolta sandinista. Film di onesto impegno civile. Ricorda parecchio il succcessivo Salvador di Oliver Stone, che però gli è superiore per tensione drammatica e invenzioni registiche.
19) Gli implacabili. Tardo western anni Cinquanta di Raoul Walsh con Clark Gable ormai al tramonto e Jane Russell. Da vedere come una reliquia di una certa Hollywood.
20) Harry Potter e il Principe Mezzosangue. Uno dei tanti film del maghetto, ennesimo incasso da record.
21) Black Dahlia. Film di qualche anno fa di Brian De Palma da uno dei migliori libri di James Ellroy, con Scarlett Johansson. Sembrava ci fossero tutti gli ingredienti per un risultato altissimo, che invece non arrivò. Però De Palama è quel maestro che sappiamo, merita di essere visto anche quando non ci azzecca. (Gli errori dei talentuosi sono sempre più interessanti delle cose ben fatte dei mediocri).
22) Kickboxer – Il nuovo guerriero. Del 1989, è uno dei film che stabilisce il mito cinematografico di Jean-Claude Van Damme, eroe di calci, pugni e arti marziali che ha colonizzato le platee mondiali. Qui siamo in Thailandia, tra ring malfamati e crudeltà d’Oriente. Dal Messico alla Cina, dalla Russia all’Egitto, non c’è paese in cui Van Damme non sia un idolo delle masse. Uno di quei fenomeni del cinema popolare che sfuggono ai critici, ma che hanno un impatto smisurato sulla sensibilità collettiva. Da conoscere.
23) Il cosmo sul comò. Pretenzioso e ambizioso Aldo-Giovanni-e-Giacomo che non ebbe il successo dei precedenti.
24) Out of Sight. Diretto da Soderbergh, con un George Clooney appena uscito da E.R e Jennifer Lopez. Lui è un ladro abbastanza gentiluomo, lei un’agente federale che si innamora di lui. Poteva funzionare, se non ci fosse stata quella truzza di Jennifer Lopez, una delle peggiori attrici della nostra vita. Pensare che in quegli anni ancora le davano credito e qualcuno pensava sarebbe diventata una vera star.
25) Duplicity. Spy-story con troppo rovesciamenti e colpi di scena. Uno dei flop degli ultimi anni di Julia Roberts. Con Clive Owen, che non riesca mai a diventare una star. Però lo script è molto intelligente. Da rivedere.
26) La bonne. Soft-core (molto soft) anni Ottanta di Salvatore Samperi, una storia di amore lesbico tra una signora e la sua bonne, una ragazza venuta dalla campagna. Il motivo di culto è che la bonne Katrine Michelsen poi approderà alla corte di Lars Von Trier girando con lui il disturbante Idioti.
27) Alien – La clonazione. Il quarto della serie. Anche stavolta alla mdp un regista di rispetto, il francese Jean-Pierre Jeunet di Delikatessen in trasferta hollywoodiana. Era il 1997, quattro anni dopo Jeunet avrebbe girato il suo film-manifesto, Il favoloso mondo di Amélie.

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