FILM STASERA IN TV: gli imperdibili 10 (giovedì 25 novembre)

I migliori dieci film della sera e della notte tv: la scelta è personale. Per vedere la programmazione completa delle varie reti, consultare Film.tv.it. Si prendono in considerazioni solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.0o. Attenzione, la programmazione potrebbe cambiare (prima di vedere un film è meglio controllare, sempre su Film.tv.it, la sua presenza in palinsesto). Buona visione.
La scritta FREE indica i film trasmessi da canali non a pagamento.

1
. Senso, Sky Cinema Italia, h. 22,35.
2. The Hurt Locker, Sky Cinema Hits, h. 0,25.
3. Tre passi nel delirio, Sky Cinema Italia, h. 0,40.
4. Fargo, Cult, h. 23,10.
5. 55 giorni a Pechino, Studio Universal, h. 23,35.
6
. Il giorno della locusta, Sky Cinema Classics, h. 23,00.
7. Omicidio in diretta, Premium Cinema Energy, h. 21,00.
8. Miriam si sveglia a mezzanotte, Cult, h. 0,50.
9. La grande abbuffata, Premium Cinema, h. 1,15.
10. Affittasi (della serie ‘Film per non dormire’), Rai Movie, h. 22,30. FREE
(Chi non capta Rai Movie, può seguirne i programmi in streaming su rai.it)

Commento:
Primo posto – inevitabilmente, obbligatoriamente – per Senso, il film di Luchino Visconti che preferisco insieme a Rocco e i suoi fratelli. Più che mai da ri-vedere, Senso, una delle non molte pellicole che mettono in scena il Risorgimento, dunque attualissimo per via delle imminenti celebrazioni del centocinquantenario dell’Unità d’Italia e per le infinite controversie, storiografiche, politiche, ideologiche che lo stanno accompagnando (una vera guerra culturale, un Kulturkrieg come non se ne vedevano da anni nel nostro paese). Il Risorgimento di Visconti è anche da confrontare con quello di Noi credevamo di Mario Martone, inatteso successo al box office di queste settimane.
Il racconto in Senso dell’amore matto e disperato della contessa Serpieri (una meravigliosa, davvero memorabile Alida Valli) per l’ufficiale austriaco troppo bello e troppo giovane, in Visconti – il Visconti impegnato di allora, molto marxiano e molto lukacsiano – vorrebbe farsi rappresentazione della decadenza aristocratica, della fine di una classe. In realtà oggi ci appare per quello che è, una straordinaria storia di amour fou, la follia di una donna che per passione si fa trascinare nel gorgo e nella vergogna, tradendo se stessa, il suo ceto di appartenenza, la sua italianità. Il tutto in una Venezia ancora di Francesco Giuseppe ma in attesa di riunirsi al nascente stato italiano. Melodramma strepitoso, aggiornato al gusto anni Cinquanta di Tennessee Wiliams, che difatti collaborò alla sceneggiatura (date un’occhiata alla lista degli sceneggiatori, c’è da rimanere senza fiato: Carlo Alianello, Giorgio Bassani, Paul Bowles, Suso Cecchi D’Amico, Giorgio Prosperi, Tennessee Williams. E poi si dice il cinema italiano di oggi). In origine la coppia di interpreti doveva essere Ingrid Bergman-Marlon Brando. Alida Valli non fa rimpiangere la Bergman, Farley Granger invece Marlon Brando lo fa rimpiangere, e parecchio.
The Hurt Locker quest’anno si è portato via un sacco di Oscar, compreso il più importante come miglior film. Però val la pena ricordare che quando fu presentato in prima mondiale a Venezia 2008 non se lo filò nessuno (e non ebbe nessun premio), anzi l’accoglienza fu glaciale, soprattutto da parte della critica italiana, forse perché The Hurt Locker non era quel manifesto contro la guerra in Iraq che molti si aspettavano. Kathryn Bigelow, la più virile delle donne registe e non solo delle donne, non giudica, non stigmatizza, non emette proclami. Si limita a fare benissimo il suo mestiere e a raccontare le avventure di un pugno di uomini duri, gli artificieri americani incaricati nella sporca guerra intorno a Bagdad di disinnescare gli ordigni sospetti degli attentatori. Un film che non dà tregua, uno dei migliori bellici delle ultime decadi, te lo guardi col cuore in gola senza mai dare un’occhiata all’orologio. Ma che, nonostante (o forse proprio per) l’alto tasso di spettacolarità, fa capire benissimo cosa sia la guerra asimmetrica e combattere contro un nemico che si può nascondere ovunque e in chiunque. Almeno una scena non si dimentica, ed è quella del povero kamikaze. Jeremy Renner è il tostissimo protagonista (è anche in The Town di Ben Affleck, se non l’avete visto non perdetevelo: merita).
Tre passi nel delirio: tre registi per tre episodi tratti da Edgar Allan Poe. Il risultato, anno 1968, è altissimo. Roger Vadim dirige la sua musa di allora Jane Fonda (e il fratello Peter Fonda prima di Easy Rider!) in Metzengerstein, storia di un’aristocratica assetata di sangue. Meraviglioso, forse il mio preferito, l’episodio di Louis Malle, William Wilson, tutto girato a Bergamo Alta, con un Alain Delon perseguitato dal suo doppio e dal senso di colpa, e con folgorante cameo di una Brigitte Bardot bruna fumatrice di sigaro alla George Sand. Ovviamente il più celebrato del trittico è il Toby Dammit di Federico Fellini, con un Terence Stamp devastata star hollywodiana oltre ogni viale del tramonto che arriva a Roma a ritirare un premio e girare un film: puro espressionismo horror, un referto senza pietà sul disfacimento e la putredine fisico-morale della Hollywood sul Tevere. Sofia Coppola ha dichiarato di essersi ispirata proprio a questo episodio per la trasferta ai Telegatti del protagonista del suo Somewhere.
Ritengo Fargo il vero capolavoro dei fratelli Coen, il film in cui sono riusciti a sintetizzare al meglio il loro gusto citazionista, l’amore per il cinema del passato, la loro passione per le storie cupe, percorse da anime perse e vaganti, ma sempre corrette e deformate da un tocco di surrealtà e grottesco. Fargo è la storia di un cretino (ce ne sono tanti, nel cinema dei Coen) che per tirarsi fuori dai guai finanziari commissiona a dei balordi il rapimento della moglie onde spillare dollari al suocero ricco. Sarà l’inizio di una serie di guai. Il tutto in una invernale, tristissima, profonda America di provincia. Oscar strameritato a Frances McDormand, la detective che indaga sul fattaccio (nella vita moglie di Joel Coen).
55 giorni a Pechino quando lo ridanno in tv non lo perdo mai. Adoro i kolossal primi anni Sessanta di quel produttore visionario che fu Samuel Bronston, quasi tutti con il suo interprete di riferimento Charlton Heston, e tutti ambiziosi affreschi di pezzi di Storia importanti, sì la grande Storia con la maiuscola. Se El Cid metteva in scena la Reconquista spegnola e la guerra con i Mori (se vi capita, non perdetevelo), se La caduta dell’impero romano (il più bel peplum mai realizzato) era la narrazione di una Roma già indebolita e alle prese con i Barbari, questo 55 giorni a Pechino rievoca la rivolta dei Boxer nella Pechino del 1900 contro la presenza coloniale delle legazioni straniere. Vista ovviamente dalla parte degli occidentali perché, ringraziando il cielo, il politically correct non era ancora arrivato a fare i suoi danni. Charlton Heston, Ava Gardner, David Niven. Il fasto decadente della Città Proibita ben prima dell’Ultimo imperatore di Bertolucci. Dirige Nicholas Ray.
Il giorno della locusta è un grande e dimenticato John Schlesinger sulla corruttrice e crudele Hollywood Babilonia degli anni Trenta. Tratto dal libro di Nathanael West non ebbe allora, anno 1975, alcun successo e incrinò la carriera del regista che fino a quel momento aveva inanellato una sequenza trionfale, da Darling a Un uomo da marciapiede a Domenica, maledetta domenica. Un film da ritrovare. Scrive il critico Andrea Bruni, in una delle sue acuminate, fulminanti note fatte circolare su Facebook, a proposito della scena finale: “Quante volte il cinema è riuscito a mostrarci l’Inferno? Direi che si posso  contare sulle dita di una mano: penso alla Los Angeles divorata dalle fiamme ed invasa da una umanità ferina e cieca ne Il giorno della locusta di John Schlesinger…”.
Omicidio in diretta non è considerato il vertice di Brian De Palma. Che però anche in questo film con Nicolas Cage dei tardi anni Novanta mostra di essere uno dei registi che meglio sanno usare il linguaggio cinematografico. La fluidità con cui gira è, semplicemente, sbalorditiva, la padronanza delle tecniche di ripresa altrettanto (forse, tra quelli della sua generazione, solo Scorsese può stargli alla pari). De Palma è uno che mette in scena il cinema, nient’altro. Nei suoi film tutto è pretesto perché si possa mostrare la bellezza del cinema nel suo farsi. Qui il pretesto è l’assassinio davanti alle telecamere di un ministro durante un evento sportivo. Il piano sequenza iniziale è una prova di alto virtuosismo che lascia stupefatti. Viva De Palma.
Miriam si sveglia a mezzanotte, esordio di Tony Scott, è un film che come pochi sa restituire il gusto dei primi anni Ottanta. Catherine Deneuve e David Bowie sono una coppia di vampiri newyorkesi che adesca ragazzi nei locali gothic e se li porta a casa per succhiarne il sangue. C’è anche Susan Sarandon in questo film che è diventato un manifesto dell’estetica di quel tempo, molto influenzata dal maledettismo tardo-punk, dalla mistica del sangue e della ferita, e tesa a recuperare ogni precedente bohème e decadenza. Molto amato dai fashionisti, un film il cui status è irresistibilmente cresciuto nel tempo.
Come sembrerà invece, rivisto oggi, La grande abbuffata? Pochi film come questo si portano addosso il peso del tempo in cui furono pensati e realizzati (qui siamo nei primi anni Settanta). Certo, La grande abbuffatta è forse il film maggiore di Marco Ferreri, di sicuro il suo più grande successo commerciale. Però quella propensione per il disfacimento della carne, quell’esplorazione dei confini estremi dell’umano ormai confuso con il subumano e il bestiale, quel gusto veterosurrealista dell’orrore, quella passione malcelata per il disgustoso e il repellente, chissà che effetto faranno allo spettatore di oggi. Temo che La grande abbuffata sia un ex capolavoro irrimediabilmente datato.
Chiude la Top Ten di oggi Affittasi, uno dei titoli della serie prodotta in Spagna da Telecinco Peliculas para no dormir, riuscita risposta iberica all’americana Masters of Horror. Questo è considerato l’episodio migliore, un vero e proprio film a tutti gli effetti. Non per niente lo dirige il piccolo grande maestro dell’horror spagnolo (e europeo) Jaume Balagueró, quello di [Rec] e Fragile. La storia di paura incomincia con una giovane coppia in cerca di un appartamento da affittare. Si sa che le case sconosciute al cinema possono nascondere misteri terribili. Sarà così anche stavolta.

La classifica continua con:
11. Il miele del diavolo, 7 Gold, h. 0,00. FREE
12. Wall Street, Canale 5, h. 23,30. FREE
13. Carlito’s Way, Premium Cinema, h. 22,45.
14. L’esercito delle dodici scimmie, Steel, h. 21,00.
15. Ferie d’agosto, Premium Cinema Emotion, h. 21,00.
16. He Got Game, Sky Cinema Mania, h. 22,40.
17. Thank You for Smoking, Rai Movie, h. 21,00. FREE
(Chi non capta Rai Movie, può seguirne i programmi in streaming su rai.it)
18. Uomini che odiano le donne, Sky Cinema Mania, h. 1,00.
19. La ragazza che giocava con il fuoco, Sky Cinema 1, h.23,05.
20. King Kong (di Peter Jackson), MGM Channel, h. 21,00.
21. Urla del silenzio, 7 Gold, h. 21,05. FREE
22. Welcome to Los Angeles, MGM Channel, h. 0,05.
23. Robin e Marian, Sky Cinema Classics, h. 21,00.
24. Il rapporto Pelican, Studio Universal, h. 21,00.
25. W (di Oliver Stone), Cult, h. 21,00.
26. About a boy – Un ragazzo, Retequattro, h. 23,35. FREE
27. Gli amici del Bar Margherita, Premium Cinema Emotion, h. 22,50.

Commento: Con Il miele del diavolo Lucio Fulci si cimenta stavolta nel thriller erotico: un film che ha diviso a suo tempo anche i suoi estimatori, ma i veri Fulci-dipendenti non se lo possono perdere.
Vista l’uscita recente di Wall Street, il denaro non dorme mai, è il caso di dare un’occhiata al capostipite Wall Street, sempre di Oliver Stone: molto meglio del suo sequel.
Molti altri titoli interessanti, in questa seconda parte di classifica. Come il King Kong girato pochi anni fa da Peter Jackson “signore degli anelli”. Non è andato molto bene, forse questo remake è troppo consapevole, troppo postmoderno, troppo politically correct. Ma resta un tentativo interessante.
E poi: un Brian De Palma con un ottimo Al Pacino (Carlito’s Way), un Terry Gilliam tra i più sopportabili (L’esercito delle dodici scimmie), uno Spike Lee in forma (He Got Game).
Thank You for Smoking
è una commedia molto cinica e molto riuscita di quel Jason Reitman che ci darà poi Juno e Tra le nuvole.
Per saperne di più dei film cliccare sui link.

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