FILM STASERA IN TV: gli imperdibili 10 (venerdì 26 novembre)

I migliori dieci film della sera e della notte tv: la scelta è personale. Per vedere la programmazione completa delle varie reti, consultare Film.tv.it. Si prendono in considerazioni solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.0o. Attenzione, la programmazione potrebbe cambiare (prima di vedere un film è meglio controllare, sempre su Film.tv.it, la sua presenza in palinsesto). Buona visione.
La scritta FREE indica i film trasmessi da canali non a pagamento.

1. Strange Days, Iris, h. 22,45. FREE
2. Spider-Man, Sky Cinema Max, h. 0,30.
3. Operazione Paura, Sky Cinema Italia, h. 0,30.
4. L’inferno di cristallo, Studio Universal, h. 21,10
5. Il mercenario, Sky Cinema Italia, h. 21,00.
6. 38° parallelo: missione compiuta,
MGM Channel, h. 22,35.
7. Brothers, Sky Cinema 1, h. 21,00.
8. Nemico pubblico – Public Enemies, Premium Cinema, h. 21,00.
9. The Millionaire, Sky Cinema Hits, h. 22,50.
10 ex aequo. Snatch – Lo strappo, Sky Cinema Mania, h. 21,00.
10 ex aequo. Sesso e filosofia, Cult, h. 0,45.

Commento: Primo posto a Kathryn Bigelow, ormai tra le (i) grandi dopo The Hurt Locker. Questo Strange Days è tra le sue migliori riuscite, con una potenza spettacolare ed epica da grande film hollywoodiano (è il film più high budget della Bigelow, prodotto dall’ex marito James Cameron, e i soldi spesi si vedono). Del 1995, è tuttora magnifico nella sua parte visiva e visionaria, meno (come capita alla più concettosa fantascienza, cioè quasi tutta: la sci-fi è il genere più voglioso di veicolare messaggi e quant’altro) nella parte moraleggiante sul degrado dei rapporti umani, l’alienazione che incombe, la mercificazione delle esistenze e delle coscienze ecc. Il protagonista spacciatore di esperienze altrui riportate su dischi, oggi ci sembra un’invenzione vecchia, ma il fare cinema della Bigelow, la sua smagliante messinscena, quelli hanno resistito benissimo all’usura del tempo.
Segue in classifica Spider-Man (il primo della serie), uno dei migliori supereroi mai visti al cinema. Il manierista Sam Raimi azzecca tutto, a partire dalla scelta, sulla carta catastrofica e invece vincente, di un non-bello come Tobey Maguire, che con la sua aria da nerd riesce a chiaroscurare e nevrotizzare il suo Uomo Ragno, a dargli uno spessore oltre la bidimensionalità dei comics. Grande il lavoro fatto sulla scenografia, che ricrea un mondo senza tempo in cui confluiscono tecnologie postmoderne, architetture futuristico-langhiane alla Metropolis, reperti e immagini anni Cinquanta (quegli abiti stazzonati, quegli interni, quelle carte da parati). Cinema d’autore, anche se dagli incassi bilionari.
Al terzo posto un horror di Mario Bava. Sullo status ormai consolidato del regista di La maschera del demonio e La ragazza che sapeva troppo quale maestro del cinema di genere, amato da gente come Martin Scorsese e Quentin Tarantino, s’è già detto di tutto e di più. Meglio guardarsi questo Operazione paura, 1966, a torto non considerato tra le sue opere maggiori, forse perché non ha mai avuto un’adeguata distribuzione. La madre medium di una bambina uccisa richiama dall’aldilà la pargoletta perché si vendichi. Marco Giusti nel suo Stracult, dizionario dei film italiani sostiene che Fellini avrebbe rubato qualche idea da Operazione paura per il suo Toby Dammit, l’episodio di Tre passi nel delirio che girò con Terence Stamp. Il che aumenta ulteriormente lo status di culto di questo film di Bava.
Tra tutti i film catastrofici-apocalittici anni Settanta L’inferno di cristallo è quello che prediligo, insieme all’Avventura del Poseidon (meraviglia!). Il grattacielo che prende fuoco proprio la sera della sua inaugurazione, mentre ai piani altissimi è in corso un party con tronfie e corrotte autorità politiche e contorno di varia umanità, sembra prefigurare disastri veri di là a venire (leggi Twin Towers). L’operazione salvataggio degli ospiti intrappolati, mentre pezzi di grattacielo cascano tra le fiamme, si segue con il cuore in gola. Décor e vestiti Early Seventies, una goduria per gli occhi. Ci sono Steve McQueen, Paul Newman, William Holden e una magnifica, come sempre in quegli anni, Faye Dunaway. (Chissà se il giornalista-scrittore Camillo Langone, gran nemico dei grattacieli che ritiene siano una blasfema sfida al Cielo, ha visto qualche volta L’inferno di cristallo: avrebbe di che divertirsi, il film condivide il suo punto di vista e punisce biblicamente la hybris di chi ha voluto erigere a tutti i costi quella nuova torre di Babele).
Il mercenario è uno dei western più fiammeggianti e riusciti di Sergio Corbucci, ormai un maestro riconosciuto del genere, tanto che nel corso dell’ultima Mostra di Venezia gli è stata dedicata una giornata con tanto di proiezioni e tavola rotonda. Il mercenario appartiene, come il suo successivo Vamos a matar compañeros, al filone dello spaghetti western rivoluzionario-politico (difatti il film è del 1968), quello per intenderci dei vari Tepepa e La resa dei conti, con messicani straccioni e oppressi contrapposti a padroni arroganti e sfruttatori, di solito (ma non necessariamente) yankees. Qui ci sono Tony Musante e Franco Nero contro un proprietario di miniera, ovviamente avido e cattivo. C’è anche una bellissima e molto latina Giovanna Ralli. Cosa sia stato Corbucci per il cinema di genere italiano, anzi per il cinema italiano tout-court, lo spiega il dossier che il mensile Nocturno gli ha dedicato sul numero di agosto.
In questi giorni in cui si parla di rinnovate tensioni tra Nord e Sud Corea, di scontri lungo il 38° parallelo che divide i due paesi, addirittura di un possibile nuovo conflitto. Conviene allora dare un’occhiata a questo vecchio film della Hollywood anni Cinquanta sulla Guerra di Corea, la prima di contenimento del comunismo (poi sarebbe arrivato il Vietnam). Film che si chiama, didascalicamente, 38° parallelo: missione compiuta. Del 1959, di speciale ha la regia del glorioso Lewis Milestone, autore di uno dei film che hanno fissato il canone del cinema bellico, All’Ovest niente di nuovo. Protagonisti due star maschili dell’epoca, Gregory Peck e George Peppard. Interessante il confronto con un film che proprio in questi giorni gira da un palinsesto all’altro sulle varie tv, Brothers of War, sotto due bandiere: film che mette in scena la stessa guerra, solo che non si tratta di una produzione hollywoodiana ma di un kolossal sud-coreano di pochi anni fa. Un altro punto di vista, un altro cinema, un altro sguardo.
Al settimo posto un altro bellico, anche se più sulle conseguenze psicologiche e gli effetti collaterali privati della guerra che sulle battaglie e gli scontri armati. Brothers, dell’anno scorso, diretto dal Jim Sheridan di Il mio piede sinistro , è un melodramma familiare che è il remake di un film della danese Susanne Bier, Non desiderare la donna d’altri, ma che tiene conto anche di un glorioso titolo della Hollywood impegnata dei ’70, Tornando a casa di Hal Ashby, con Jane Fonda.
Sam (Tobey Maguire) parte per l’Afghanistan, a casa restano la moglie (Natalie Portman) con i due figli. Quando viene dato per disperso sarà il fratello minore Tom (Jake Gyllenhaal), fino ad allora degenere e fancazzista, a occuparsi della famigliola, cadendo in amore per la cognata. Ma Sam torna a sorpresa dalla guera, anche se con la testa non troppo a posto, e sarà melodramma. Non accolto benissimo dai critici e nemeno dal pubblico, Brothers merita più di una prova d’appello televisiva.
Non mi è piaciuto Nemico pubblico – Public Enemies, l’ho messo in lista per dovere di cronaca: perché è un film importante che non si può trascurare, di alto budget, di grandi ambizioni, firmato da uno dei migliori registi di Hollywood, Michael Mann, con un cast di lusso (Jonny Depp e Marion Cotillard) e una storia potente, anche se già mille volte raccontata dal cinema, quella del bandito anni ’30 John Dillinger. Molto atteso, uscito l’anno scorso, Public Enemies ha deluso (non solo me: gli incassi in patria sono stati di molto inferiori alle previsioni). Forse perché oggi non è più possibile raccontare le gesta di un gangster stando dalla sua parte: non sono più gli anni Sessanta-Settanta di film come Bonnie & Clyde di Arthur Penn. il mito del buon fuorilegge è fortemente usurato, quasi impraticabile in un momeno come questo in cui l’ansia di legalità è forte, perfino paranoica. Per farcela oggi con un film così, bisogna buttarla sul poliziettesco ribaldo, sull’action, senza estetizzare né tantomeno ideologizzare, come hanno fatto i francesi con l’ottimo Mesrine – Il nemico pubblico (e aspettiamo di vedere come sarà il Vallanzasca secondo Michele Placido). Michael Mann invece conserva un approccio empatico vecchio stampo verso il suo protagonista, che manda fuori tempo massimo l’intero film: benissimo girato si intende, ben scritto, però troppo lungo  e sfilacciato e senza un baricentro drammaturgico. Assistiamo alle avventure di Dillinger, ai suoi colpi in banca, alle sue fughe, alle sue derisorie evasioni, ma non ci appassioniamo mai. Il film non evita manierismi e formalismi, cadendo qua e là nell’illustrazione d’epoca. Ma a deludere di più è Johnny Depp, imbolsito, molle, fiacco, troppo vecchio di almeno dieci anni per il ruolo, con la faccia gonfia e attonita (viene il sospetto che Depp non sia poi quel grande attore che credevamo). Confrontarlo con il Vincent Cassel di Mesrine per capire il disastro. Però c’è Marion Cotillard, lei sì all’altezza.
Con The Millionaire Danny Boyle, il regista di Trainspotting, ha azzeccato uno dei più grandi e inaspettati successi degli ultimi anni. Incassi altissimi (solo negli Usa 200 milioni di dollari) e una pioggia di Oscar, compreso quello per il miglior film. Che poi Slumdog Millionaire – questo è il più sottile titolo originale – è puro Dickens adattato ai peggiori bassifondi di Bombay (o Mumbai, secondo la dizione induisticamente corretta), un Oliver Twist dove agli infanti orfani ne succedono di tutti i colori. Jamal sopravvive all’inferno e da adolescente partecipa alla versione indiana di Chi vuol essere milionario?, assai più cattiva della nostra, con un presentatore carogna che poco ha a che spartire con il bonario Gerry Scotti de’ noantri. Incredibilmente il ragazzo vincerà, anche perché le domande hanno tutte (sarà il karma?) a che fare con un episodio della sua vita. Furbo espediente narrativo che consente al regista – e prima di lui a Vikas Swarup, autore del romanzo da cui il film è tratto – di ripercorrere tappa per tappa la storia del protagonista. Ancora una volta si dimostra l’immarcescibile fascinazione-repulsione o se volete attrazione fatale che lega l’Inghilterra e i suoi intellettuali alla sempre amata-odiata India, quella che fu un tempo il gioiello della Corona e ora si inerpica velocemente verso lo status di superpotenza economica ma che conserva nell’immaginario britannico un’inossidabile centralità. Danny Boyle cede al fascino dell’India, esattamente come prima di lui Edward Forster o Rudyard Kipling o Somerset Maugham. Film più furbo che bello, però confezionato con un’abilità diabolica. Danny Boyle copia lo stile sgargiante di Bollywood (il ballo finale alla stazione) e ne riprende qua e là le cadenze melodrammatiche. Non mancano le citazioni, non si sa quanto consapevoli o inconsce, del neorealismo italiano, De Sica con i suoi Sciuscià e Ladri di biciclette rispunta ovunque. Freida Pinto è di una bellezza che lascia senza fiato.
Al decimo posto due film ex aequo, molto diversi tra di loro. Snatch – Lo strappo è uno dei primi titoli di Guy Rutchie, poi diventato famoso più come marito di Madonna che per meriti filmici, eppure ottimo regista in proprio (il matrimonio con madame Ciccone non gli ha fatto bene: il film che girarono insieme, Swept Away, remake del wertmulleriano Travolti da un destino, fu un flop ed è diventato col tempo uno sgangherato culto camp, e invece, non appena ottenuto il divorzio, Ritchie è tornato a galla facendo uscire l’ottimo Sherlock Holmes, enorme successo commerciale, il più grande della sua carriera). Snatch, dell’anno 2000, è una di quelle storie, molto amate dal primo Guy Ritchie, di piccoli balordi alle prese con colpi più grandi di loro. Dialoghi quasi rap, gran ritmo, gente schizzata, iperboli fumettistiche. Ci sono Benicio Del Toro e un Brad Pitt simpatico e bravo come zingaro british.
Sesso e filosofia non ha nulla, nonostante il titolo, del film erotico. Il regista è l’iraniano Mohsen Makhmalbaf (quello di Viaggio a Kandahar), e vi pare che un regista iraniano possa eccedere in sesso? Però l’amore e la passione e anche il tradimento ci sono, eccome. Un insegnanate di danza convoca le sue quattro (però) amanti in una città post-sovietica del Kirghizistan, per mettere in scena attraverso uno spettacolo di danza la storia avuta con ognuna di loro. Prendere o lasciare, come sempre con il cinema iraniano. Anche qui i tempi estenuati, il formalismo e la sentenziosità mettono a dura prova chi guarda. Ma se si resiste si viene ripagati dalla cura estrema, dalla bellezza sfolgorante delle immagini, dagli strani paesaggi, dalla dimensione aliena del film.

La classifica continua con:
11. Drag me to Hell, Sky Cinema Max, h. 21,00.
12. Che – L’argentino, Sky Cinema Mania, h. 22,45.
13. Che – Guerriglia, Sky Cinema Mania, h. 1,05.
14. Il mio migliore amico,
Cult, h. 21,00.
15. Verso l’Eden, Joi, h. 22,00.
16. Julie & Julia, Sky Cinema 1, h. 1,00.
17. La legge del più furbo, Sky Cinema Classics, h. 21,00.
18. Miami Vice, AXN, h. 22,50.
19. Bianco e nero (di Cristina Comencini), Rai Tre, h. 21,05. FREE
20. I ponti di Madison County,
Premium Emotion, h. 21,00.
21. The Transporter,
Cielo, h. 21,00.
22. Go Now,
Rai Movie, h. 21,00. FREE
(Chi non capta Rai Movie, può seguirne i programmi in streaming su rai.it)
23. The Producers – Una gaia commedia neonazista,
Studio Universal, h. 0,25.
24. Pulse, Rai 4, h. 23,15. FREE
25. Fino a prova contraria, Premium Cinema Emotion, h. 23,10.
26. Comma 22, Sky Cinema Classics, h. 0,05.
27. Acque profonde,
Rai Movie, h. 22,30.
(Chi non capta Rai Movie, può seguirne i programmi in streaming su rai.it)
28. L’aria salata, Rai Movie, h. 0,55. FREE
(Chi non capta Rai Movie, può seguirne i programmi in streaming su rai.it)
29. L’uomo che ama, Canale 5, h. 23,10. FREE
30. Un corpo da reato, Premium Cinema Energy, h. 22,50.

Commento: Seconda parte di classifica affollata, al solito, di titoli interessanti. Drag me to Hell non è un horror qualsiasi visto che segna il ritorno (due anni fa) al film di paura del Sam Raimi di Spider-Man, cioè di un autore vero. Segue il dittico dedicato al Che da Steven Soderbergh con Benicio Del Toro credibilissimo Guevara. Non ha avuto il successo atteso, forse per l’usura che ha investito nel frattempo anche le mitologie guevariste. Il mio migliore amico è uno dei titoli meno conosciuti di quel buon regista che è il francese Patrice Leconte (La ragazza sul ponte, Il marito della parrucchiera). Julie & Julia è il gran successo di Meryl Streep dello scorso anno, un ben riuscito chick flick firmato Nora Ephron; Bianco e nero è la commedia di Cristina Comencini sull’amore e il tradimento aggiornati all’Italia multietnica, stasera in prima televisiva (insomma); La legge del più furbo è per archeologi del cinema in cerca dell’eccentrico, un film di Louis De Funès, fenomeno comico francese anni Sessanta cui vale la pena dare un’occhiata. C’è un Michael Mann (Miami Vice), ci sono due Clint Eastwood (I ponti di Madison County e Fino a prova contraria). Io non mi perderei Verso l’Eden di Costa Gavras (ultimamente ho un debole per lui). Per saperne di più sui vari titoli, cliccare sui link relativi.

Questa voce è stata pubblicata in cinema, film, film stasera in tv, stasera in tv, tv e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

2 risposte a FILM STASERA IN TV: gli imperdibili 10 (venerdì 26 novembre)

  1. Pingback: FILM STASERA IN TV: gli imperdibili 10 (giovedì 2 novembre) | NUOVO CINEMA LOCATELLI

  2. Pingback: FILM STASERA IN TV: gli imperdibili 10 (lunedì 13 dicembre) | NUOVO CINEMA LOCATELLI

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.