Dopo una serie di flop, Nicole Kidman sembrava persa alla causa. Invece con Rabbit Hole, dov’è una madre dolente, riconquista tutti e torna ad essere un’attrice da Oscar.
La notizia è: Nicole Kidman è tornata. Tornata, si intende, ai suoi massimi livelli, quelli di Eyes Wide Shut e Da morire!, di Dogville e The Hours, che le procurò l’Oscar (meritato). Finalmente ha azzeccato il film giusto per risalire, Rabbit Hole, “La tana del coniglio”. Erano anni che non le riusciva. Colpita dalla ben nota maledizione dell’Oscar secondo cui il successo poi lo devi scontare con dei flop, ha inanellato un film sbagliato dopo l’altro, film male accolti dal pubblico che l’hanno fatta precpitare dal trono di attrice numero uno che aveva occupato per tanto tempo. Vogliamo ricordare qualche titolo? Australia, La bussola d’oro, Nine, Invasion, Vita da strega. Bene, adesso si volta pagina e si ricomincia. Rabbit Hole, che la vede protagonista (oltre che produttrice) accanto ad Aaron Eckhart, è la sua rinascita di attrice.
Presentato in prima mondiale lo scorso settembre al festival di Toronto, ha ricevuto ottime reviews dalla critica nordamericana e una buonissima accoglienza del pubblico. Intanto lei sta accompagnando il film nelle anteprime delle varie città americane (qualche giorno fa era a New York), in attesa dell’uscita di Rabbit Hole in tutti gli Stati Uniti che sarà il prossimo 17 dicembre. Ah sì, il film è stato proiettato anche al Festival di Roma, accolto con indifferenza se non freddezza dai giornalisti italici presenti, una reazione opposta a quella dei colleghi americani. Chi avrà ragione? Io la risposta ce l’avrei, ma è meglio che non la dica troppo forte.
Intanto, il film. Diretto da quello stravagante regista che è John Cameron Mitchell, che in Shortbus andava a caccia di stranezze sessuali e che qui invece è in versione castigata, e scritto da David Lindsay-Abaire, racconta di una coppia, Becca e Howie (Kidman e Eckhart), la cui vita viene sconvolta dalla morte del figlio Danny di quattro anni, investito da una macchina mal guidata da un adolescente. Vanno in terapia, ma Becca ha un profondo rigetto, se ne astrae, incomincia a frequentare il ragazzo che ha ucciso Danny. Howie si aggrappa invece alla terapia e ossessivamente riguarda sul cellulare gli home video con Danny. Sembra una storia già vista molte volte (In the bedroom, La stanza del figlio, Gente comune), ma quel che distingue Rabbit Hole è l’assenza di ogni ricatto sentimentale, la non convenzionalità con cui tratta la sua emotiva e bruciante materia, il percorso insolito che i genitori intraprendono nell’elaborazione del lutto.
Scrive Scott Weinberg sul sito Cinematical: “Sono andato a vedere il film senza troppe aspettative, sperando solo che non fosse troppo prevedibile o manipolatorio. Bene, dopo che l’ho visto dico semplicemente: è in assoluto uno dei migliori film del festival”.
Su Rotten Tomatoes, il sito che raccoglie pareri e recensioni da ogni parte d’America, il Tomatometer, l’indice con cui viene misurato il gradimento di un film, indica per Rabbit Hole uno score molto alto, l’89%.
Soprattutto, c’è un accordo pressochè unanime sull’interpretazione della Kidman: formidabile. “Kidman and Eckhart have never been better”, Kidman e Eckhart non sono mai stati meglio di così, scrive ad esempio Weinberg. Se poi si dà un’occhiata alle previsioni sugli Oscar 2011 (che verranno assegnato il 27 febbraio) – un gioco che in rete imperversa e coinvolge decine di siti – si vedrà che Nicole Kidman è data tra le più probabili nominate come miglior attrice. Gurus O’Gold, una classifica che raccoglie i pareri di un panel di critici (compresa la temibile Anne Thompson), la mette al terzo posto come favorita subito dopo le due attrici che al momento sono le più accreditate, costantemente in testa a tutte le previsioni: la Annette Bening di The kids are all right e la Natalie Portman di Black Swan (snobbata a Venezia dal presidente di giuria Tarantino). Comunque l’Oscar Nicole Kidman l’ha già vinto una volta, potrebbe anche passare la mano. L’importante per lei era tornare in alto con Rabbit Hole, riottenere buone critiche, riconquistare il pubblico e le posizioni perdute. Tutti la davano per finita come attrice, con quella faccia porcellanata, immobile, forse botoxata, forse liftata, chissà. Invece in Rabbit Hole quella faccia Nicole Kidman la piega al dolore di una madre che ha perso il figlio, e vince la sua sfida.
TRAILER
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