Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni (You Will Meet a Tall Dark Stranger), regia di Woody Allen. Con Naomi Watts, Josh Brolin, Anthony Hopkins, Antonio Banderas, Anna Friel, Freida Pinto, Ewen Bremner, Gemma Jones, Lucy Punch.
Un fiacco girotondo di storie e personaggi che Woody Allen ha già raccontato infinite volte e le sue solite ossessioni: uomini maturi con ragazze molto più giovani, contrasti e tormenti tra madri e figlie, nevrosi da (vecchio) manuale freudiano. Qua e là si sorride, ma battute memorabili poche, quasi niente.
Che film stanco. Che film senile. O meglio, insopportabilmente senile (anche Manoel De Oliveira è senile – et pour cause! – ma resta incantevole nel riproporre quel suo perduto mondo borghese-lusitano intriso di dignità, decoro, correttezza, severità, rigore, asciuttezza, probità). Certo, in Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni i dialoghi sono scritti con consumato mestiere, un ping pong senza un colpo a vuoto, ma dietro all’abilità indovini l’abitudine e anche il cinismo di chi va in automatico e hai l’impressione – per carità, solo l’impressione – che il caro Woody quei dialoghi li detti pigramente via cellulare alla segretaria mentre è in taxi intrappolato in un qualche ingorgo di Manhattan (o di Londra, o di Barcellona).
Ti scorrono davanti le immagini di Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni e man mano aumenta il senso di irrealtà, come di un mondo chiuso, sprangato, autoreferenziale. Un mondo fuori dal mondo. Mon Dieu, dove mai capita di vedere personaggi come quelli del film? Certa gente vive solo nei copioni di Woody Allen. Solo lì un quarantenne belloccio ma sovrappeso e con l’aria sfatta (Josh Brolin) può far perdere la testa alla dirimpettaia che è quel fiore di Freida Pinto, cioè una delle più belle ragazze oggi sulla faccia della terra (e farla innamorare al punto che lei molla il promesso sposo il giorno delle nozze). Solo lì ci sono quelli che pensano ancora di sfondare come scrittori e si ostinano a scrivere e riscrivere il libro della loro vita e intanto non fanno niente (sempre Josh Brolin) e si fanno mantenere dalla moglie (Naomi Watts) che si fa mantenere dalla madre ricca (Gemma Jones). Solo lì ci sono signori (Roger Ashton-Griffiths) che campano con una libreria specializzata in occultismo che sarebbe sembrata muffita perfino ai tempi gloriosi di Madame Blavatsky, la grande dame dell’esoterismo fine Ottocento. Solo lì un ultrasettantenne (Anhony Hopkins) può seriamente credersi ancora un gran figo e pensare che la prostituta per cui ha perso la testa sia davvero innamorata di lui, e stupirsi e disperarsi quando scopre che lei se la fa con un giovinastro. E poi: disoccupate (ancora Naomi Watts) che quando si mettono a cercare un lavoro lo trovano subito in una galleria d’arte e il gallerista è Antonio Banderas. E finte veggenti che turlupinano e plagiano le poverette bisognose di conforto che neanche Mamma Ebe, eppure siamo nella upper class londinese. E solo in un film di Woody Allen un signore può portare una trentacinquenne all’opera a sentire la Lucia di Lammermoor pensando di farle cosa gradita.
Siamo alle solite, al solito Woody Allen, alle sue solite storie. Uomini maturi o ben più che maturi con ragazze più giovani di qualche decennio (già in Manhattan, figuriamoci). Madri e figlie che si maltrattano e si contorcono in tormenti familiar-esistenziali (vogliamo riparlare di Interiors, di Hannah e le sue sorelle?). E avanti con i cliché che l’uomo-più-intelligente-del-mondo, come amano chiamarlo i suoi adoranti fan, ripropone da infiniti anni e infiniti film.
Si dirà, ma stavolta Woody Allen queste sue storie le ambienta a Londra, mica a Manhattan. Vero, è Londra ma sembra Manhattan, che differenza fa, a parte l’inglese upper class di certi personaggi? (visto il film in VO, bisogna riconoscere che Allen è abilissimo non solo nell’orchestrare i pur prevedibili dialoghi, ma anche ad assegnare a ogni personaggio il suo preciso standard linguistico). Storditi da questo senso di irrealtà ci si chiede come si possa continuare a considerare il regista di Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni un cantore sublime delle nevrosi contemporanee. Contemporanee di quale contemporaneità? Woody Allen è cantore solo della sua propria contemporaneità, è da sempre ombelicale, fin dai primi film, figurarsi adesso. Solo che allora, in quei film, diciamo Io e Annie, riusciva a intercettare l’air du temps o l’air du temps rendeva credibili le sue ossessioni. Ma oggi?
Certo, gli attori sono sempre ben scelti, e bravi, tutti compunti e contenti di lavorare al minimo sindacale perché “siamo in un film di Woody Allen e questo accresce il nostro status e ci rende infinitamente più fighi dei nostri buzzurri colleghi che un film con lui se lo sognano”. Ogni tanto si sorride, anche se a me di battute ne è rimasta in mente una sola, quella detta a Naomi Watts dalla madre innamorata del suo libraio e scocciata che lui sia ancora legato al ricordo della moglie trapassata: “Ho una rivale, è una defunta. Sono le rivali peggiori, quelle”.
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