Dedicato a chi chi tra un botto e l’altro, tra cenone e champagne, darà un’occhiata anche alla tv, e non solo per sincronizzare gli orologi in vista del countdown. Il cinema in tv non si ferma neanche stanotte, i film da vedere, ad averne voglia, sono tanti. Ecco la lista.
La scelta è personale, per vedere la programmazione completa delle varie reti, consultare Film.tv.it. Si prendono in considerazione solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.0o. Attenzione, la programmazione potrebbe cambiare (prima di vedere un film è meglio controllare, sempre su Film.tv.it, la sua presenza in palinsesto). Buona visione.
La scritta FREE indica i film trasmessi da canali non a pagamento.
1. TESTIMONE D’ACCUSA, MGM Channel, h. 22,50.
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2. Elephant, Rai Movie, h. 23,35 o 0,35 (attenzione: il sito della Rai indica entrambi gli orari, evidentemente uno dei due è sbagliato. Ritengo che l’orario giusto sia quello delle 0,35, ma è meglio controllare al momento) FREE
3. Cloverfield, Steel, h. 21,00.
4. Duello al sole, Sky Cinema Classics, h. 23,05.
5. Excalibur, Retequattro, h. 23,15. FREE
6. L’ultimo Capodanno, Sky Cinema Italia, h. 21,00.
7. Uno, due, tre!, MGM Channel, h. 21,00.
8. Chicago, Premium Cinema, h. 22,40.
9. La grande fuga, Sky Cinema Classics, h. 21,00.
10. Nine, Sky Cinema 1, h. 21,00; Premium Cinema, h. 0,40.
11. Hedwig – La diva con qualcosa in più, Iris, h. 0,40. FREE
12. The Rocky Horror Picture Show, Iris, h. 22,55. FREE
13. Brüno, Sky Cinema Mania, h. 0,40.
14. Point Break, Sky Cinema Mania, h. 21,00.
15. Fantozzi, Premium Cinema Energy, h. 22,50. Fantozzi va in pensione, Premium Cinema Energy, h. 0,40.
Commento:
1. Testimone d’accusa. Tesissimo courtroom-movie del 1957 che si segue trattenendo il respiro per capire come andrà a finire e se il tenebroso Tyrone Power è colpevole o innocente. Ma a dominare è Marlene Dietrich – oltre l’icona c’è un’attrice – che conferisce al film un’ambiguità mitteleuropea-weimariana e lo eleva ben al di là della pur buona pièce di Agatha Christie da cui è tratto. Memorabile Charles Laughton. La regia di Billy Wilder apporta luci e soprattutto molte ombre espressioniste al film trasformandolo in un capolavoro dell’inquietudine.
2. Elephant. Forse il miglior film di sempre di Gus Van Sant, quello che lo impose (Elephant è del 2013) tra i grandi e gli fece vincere la Palma d’oro a Cannes, anche se tra qualche buuh di dissenso. Van Sant racconta una delle sue amate storie di adolescenti traviati e tentati dal male, e stavolta si ispira a un fatto realmente accaduto, il massacro nell’high-school di Columbine, per mettere in scena la follia distruttiva di due studenti che aprono il fuoco. La macchina da presa li segue, li pedina, la strage viene dissezionata, mostrata più volte e da più punti di vista. Virtuosismo autoriale al servizio di una storia perturbante. A molti, moltissimi non piace, io ne sono un estimatore.
3. Cloverfield. New York è ridotta a una landa desolata. Cos’è successo? Lo sapremo attraverso una memory card ritrovata in un campo dove prima sorgeva Central Park. Da lì sgorgano le immagini di una videocamera passata di mano in mano tra gli invitati a una festa, e che consentono allo spettatore di ricostruire i fatti. Si susseguono strani, paurosi eventi, finchè un mostro invaderà la metropoli. Si applica al genere apocalittico-catastrofico il mockumentary alla The Blair Witch Project e il risultati è straordinario. Sperimentazione di tecniche e linguaggi ma finalizzata al grande spettacolo, cinema e metacinema, decostruzione di ogni linearità spazio-temporale: non per niente dietro l’operazione Cloverfield c’è J.J. Abrams, cioè la mente di Lost. Eppure il film, anche se lanciato con una furba operazione di marketing virale in rete, non ha avuto il successo sperato al box office. Ma è imperdibile (a me è piaciuto moltissimo).
4. Duello al sole. Il più malato, perverso, morboso, melodrammatico, fiammeggiante western che mai sia stato fatto. L’amore tra la meticcia Perla e Lew, il bacato figlio del padrone, è amour fou nel senso più pieno e letterale. Inutilmente cercheranno di lasciarsi, si ritroveranno insieme e insieme moriranno da amanti-nemici, in una scena finale da storia del cinema. Impossibile dimenticare, impossibile non amare quel loro duello tra le rocce che, tra sangue e urla, è disperata, furibonda dichiarazione d’amore e si conclude in un abbraccio di corpi senza vita. Sì, qui eros e thanatos viaggiano davvero insieme, e non è una forzatura psicanalitica. È, semplicemente e soltanto, cinema. Grande coppia Gregory Peck-Jennifer Jones. Ma a risplendere è soprattutto lei, eroina folle e disperata.
5. Excalibur. Il miglior film di sempre tratto dal ciclo della Tavola Rotonda. Barbarico, ruvido, privo di orpelli e formalismi estetizzanti, denso e appassionante come un racconto orale. John Boorman riesce a restituire tutta la potenza del mitico e del leggendario, come già nel suo film più bello ed estremo, Zardoz.
6. L’ultimo Capodanno. Un film maudit: doveva imprimere una svolta decisiva alla carriera autoriale di Marco Risi e finì invece con l’inibirla per anni. Doveva essere molte altre cose, L’ultimo capodanno, anche il manifesto cinematografico dell’allora (ultimi anni Novanta) dominante letteratura cannibale, variante italica del pulp americano. Difatti alla base ci sono un racconto e la sceneggiatura del re di quella effimera stagione narrativa, Niccolò Ammaniti (che sarebbe benissimo sopravvissuto al tramonto del genere). L’ambizione era di raccontare attraverso un mosaico di storie e caratteri alla Short Cuts un pezzo della Roma borgatara, degradata dall’edonismo ormai religione di massa. Ladri, maniaci, famiglie mediamente felici e mediamente infelici, casalinghe disperate, mogli tradite e mariti traditori, tutti colti durante la notte di San Silvestro. Spaccato di varia umanità livido e anche laido che fu un flop clamoroso, tanto da essere ritirato dai cinema dopo pochi giorni. Marco Risi tentò poi di rimontarlo e ridistribuirlo, ma l’esito non migliorò. Solo che col tempo L’ultimo capodanno, grazie anche alle sue disgrazie, è stato adottato da una platea sempre più vasta di cinemaniaci. Certe scene sono ormai antologizzate, come quelle con Iva Zanicchi. C’è una Bellucci di sontuosa bellezza e pure abbastanza brava, come sempre quando fa la burina e non la signora dei quartieri altissimi.
7. Uno, due, tre! Grandissima commedia di Billy Wilder che sbeffeggia la guerra fredda e i suoi due contendenti, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Teatro, la Berlino divisa del 1961. Una svampita ereditiera americana (Pamela Tiffin) arriva in città dalla lontana Atlanta e incredibilmente si innamora di un giovanotto ardente comunista di Berlino Est (Horst Bucholz), anzi all’insaputa di tutti se lo sposa pure. Avanti e indietro attraverso la Porta di Brandeburgo, mentre il signor Coca-Cola a Berlino, un James Cagney che su mandato della famiglia di lei avrebbe dovuto tener d’occhio la sciagurata, deve rimediare al disastro. Finirà in modo beffardo, cioè alla Billy Wilder. Un film di straordinaria intelligenza, uno dei vertici del regista, anche se spesso dimenticato da chi compila la sua filmografia. Capitalismo o comunismo? Il signor Wilder, col disincanto di uno che era nato nella Vienna di Karl Kraus e cresciuto professionalmente nella Berlino dei Kabarett e dell’Ufa, non prende posizione e ironizza equamente sull’una e l’altra parte.
8. Chicago. Uno dei film che hanno rilanciato negli ultimi anni il musical, genere che sembrava ormai decotto. Diretto nel 2002 da Rob Marshall, Chicago si è portato a casa un bel po’ di Oscar. Catherine Zeta-Jones, Richard Gere e Renée Zellweger cantano e ballano che è un piacere. Chi non l’ha visto, stavolta non manchi l’appuntamento. Certo bisogna amare il musical, se no meglio astenersi.
9. La grande fuga. Magnifico prison-movie del 1963. Un gruppo di soldati inglesi e americani detenuti in un campo di prigionia tedesco durante la guerra progettano l’evasione. Ce la faranno. Steve McQueen salta i reticolati con la moto ed entra nella leggenda. Epico. Dirige John Sturges.
10. Nine. Il musical diretto da Rob Marshall (Chicago) e tratto da 8 e mezzo di Fellini è stato il grande flop dell’anno scorso. Ma un visione e una revisione, almeno in tv, le merita. Difetto: Daniel Day Lewis è antipatico, anzi odioso, e nemmeno per un secondo ti viene voglia di stare dalla sua parte, e poi i dolori, le depressioni, le vigliaccherie e le doppiezze del protagonista, regista-star anni Sessanta, un simil-Fellini, oggi ci appaiono insopportabili e soprattutto improbabili. Però parecchi numeri musicali (uno per ogni donna del protagonista) sono fantastici, in testa quelli di Fergie e di Kate Hudson. Penelope Cruz riesce a non far rimpiangere Sandra Milo in Otto e mezzo, ed era una missione quasi impossibile. L’Italia del boom e della dolce vita così come ce la mostra il film, forse non è mai esistita davvero, ma che importa, Nine è sui miti e le leggende create dal cinema, non sul reale. Un film molto meno brutto di come lo si è dipinto.
11. Hedwig – La diva con qualcosa in più. Triste storia di Hansel, nato a Berlino Est (e già questo) e abusato nell’infanzia dal padre mostro, che appena diventato grandicello si dà da fare con mascara e vario makeup e si trasforma in Hedwig, piccola diva del glam-rock. C’è anche il cambio di sesso e ci sono parecchie disavventure. Strano film d’esordio di un regista americano, John Cameron Mitchell (che interpreta anche Hansel/Hedwig), che si inventa una storia ispirandosi più che alla Berlino reale, a quella cantata da David Bowie durante il suo leggendario soggiorno nella città tedesca ancora divisa dal Muro. Ma forse il film è anche una citazione del Cabaret di Bob Fosse e dei libri di Christopher Isherwood che lo ispirarono. Insomma, gli elementi per rendere interessante e visionabile questo Hedwig ci sono, eccome. John Cameron Mitchell ha poi diretto Shortbus, compilation di stravaganze sessuale. Ma la cosa strana è che il suo ultimo film è Rabbit Hole, dramma familiare da poco uscito negli Usa che non c’entra nulla con i suoi lavori precedenti. Un film Art House tosto ma senza trasgressioni, con un’ottima Nicole Kidman madre dolente per la quale si parla di nomination all’Oscar.
12. The Rocky Horror Picture Show. Non sono un fan del film, non sono mai andato qui a Milano al cinema Mexico a ballare e cantare quando lo proiettavano a mezzanotte (e la cosa è andata avanti per anni). Sorry, non ho mai trovato travolgente questa storia gothic-punk gay e bisessuale e transgender con musica, un prodotto finto-underground e in realtà medio e mainstream. Un film molto anni Settanta e a mio parere datatissimo. Però TRHPS è, per legioni di fan, un culto vero, un culto assoluto. Dunque doverosamente lo segnalo anche se non mi piace.
13. Brüno. Dopo Borat, Sacha Baron Cohen cerca di ripetere il colpo proponendo il suo stilista-fashionista austriaco Brüno (con i due punti, mi raccomando) che si muove e combina disastri planetari tra Milano al tempo delle sfilate, la Los Angeles dei casting e dei talk-show, e il Medio Oriente, dove si reca in una delirante missione di pace. Assolutamente fuori di testa. Però non si era mai vista una demolizione così efficace del mito massificato e globalizzato della moda, e del suo frutto perverso, il narcisismo coatto e decerebrato. A uscire a pezzi è anche l’estetica gay finto macho-muscolare e il gaysmo più ipnotizzato dal culto dell’immagine. Baron Cohen però strafà e tocca punti di una sgradevolezza inaudita e quasi insopportabile. Geniale, ma solo per stomaci fortissimi. Anche qui, anime belle politically correct astenersi. Non a caso Brüno non è riuscitio a ripetere il successo di Borat.
14. Point Break. Formidabile action del 1991, firmato Kathryn Bigelow (The Hurt Locker), su una banda di rapinatori-surfisti capitanata dal muscolare Patrick Swayze. Un miscuglio di crime story e mistica surfer che sulla carta sembrava indigeribile ma che produsse un risultato memorabile, grazie anche alla tecnica e al ritmo – sbalorditivi – della Bigelow. Indimenticabile la rapina in banca con le maschere dei presidenti degli Stati Uniti: da confrontare con quella, alttrettanto mascherata, del nuovissimo The Town di Ben Affleck.
15. Fantozzi e Fantozzi va in pensione. Due capitoli della saga cinematografica del ragioniere più imbranato del mondo. Fantozzi, diretto da Luciano Salce, deflagrò nel 1975 nelle sale italiane con incassi vertiginosi e, anche se preceduto dal successo del libro, un risultato del genere non se lo aspettava nessuno. Un film epocale, che merita di essere rivisto. Fantozzi va in pensione è invece il sesto della serie, anno 1988. Mancano la freschezza e la carica inventiva degi inizi, sostituite da una professionale routine che crea ancora occasioni di divertimento ma rersta parecchio prevedibile. Fantozzi diventa con il tempo un giacimento petrolifero da sfruttare fino all’ultima goccia, cinicamente e spietatamente. È questo a rendere così fastidiosi gli episodi maturi della saga.
La classifica prosegue con:
16. Harry ti presento Sally, Rai 4, h. 21,10. FREE
17. Orgoglio e pregiudizio, Cult, h. 23,00.
18. Effetto allucinante, MGM Channel, h. 0,45.
19. The Hours, Sky Cinema Hits, h. 21,15.
20. Artisti e modelle, Studio Universal, h. 21,10; Il caporale Sam, Studio Universal, h. 23,05.
21. Independence Day, Italia 1, h. 21,10. FREE
22. Signore e signori, buonanotte, Rai Movie, h. 22,35. FREE
23. I diafanoidi vengono da Marte, Sky Cinema Italia, h. 0,30.
24. Maybe Baby, Canale 5, h. 1,00. FREE
25. Harry Potter e il prigioniero di Azbakan, RaiDue, h. 21,25. FREE
26. Moonwalker, Italia 1, h. 0,00. FREE
27. Trappola criminale, Sky Cinema Max, h. 21,00.
28. Vai avanti tu che mi vien da ridere, Rai Movie, h. 21,00. FREE
29. Arthur e la vendetta di Maltazard, Premium Cinema, h. 21,00.
30. La carica dei 102, Rai Due, h. 0,40. FREE
31. La leggenda di Bagger Vance, Premium Cinema Emotion, h. 0,45.
32. Una pallottola spuntata 33 e 1/3 – L’insulto finale, Sky Cinema Mania, h. 23,10.
33. The Rocker – Il batterista nudo, Cielo, h. 21,00.
34. Michael, Premium Cinema Emotion, h. 23,00.
35. City of Angels – La città degli angeli, Premium Cinema Emotion, h. 21,00.
Commenti su alcuni titoli: Una delle più famose romantic-comedy degli ultimi decenni, ormai un classico (Harry ti presento Sally); il film che procurò l’Oscar a Nicole Kidman (The Hours); due Jerry Lewis (Artisti e modelle e Il caporale Sam); un fantascientifico del maestro italiano del genere, Antonio Margheriti: si dice che il titolo avrebbe poi ispirato un verso di Allen Ginsberg, ma sarà vero? (I diafanoidi vengono da Marte); un Harry Potter e un Michael Jackson autocelebrativo (Moonwalker); un Lino Banfi-movie (Vai avanti tu che mi vien da ridere); due film sugli angeli (Michael e City of Angels, remake Usa del wendersiano Il cielo sopra Berlino). Per saperne di più di ogni film, cliccare il relativo link.
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