FILM STASERA IN TV: gli imperdibili 15 (martedì 4 gennaio 2011)

I migliori quindici film della sera e della notte tv: la scelta è personale. Per vedere la programmazione completa delle varie reti, consultare Film.tv.it. Si prendono in considerazione solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.0o. Attenzione, programmazione potrebbe cambiare (prima di vedere un film è meglio controllare, sempre su Film.tv.it, la sua presenza in palinsesto). Buona visione.
La scritta FREE indica i film trasmessi da canali non a pagamento.

1. CHINATOWN, Sky Cinema Classics, h. 21,00.
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2. I giorni del cielo, Sky Cinema Classics, h. 1,05.
3. Lezioni di piano
, Sky Cinema Mania, h. 21,00.
4. Nine, Premium Cinema, h. 21,15.
5. La doppia ora, Sky Cinema Italia, h. 22,40.
6. Nemico pubblico n. 1 – L’istinto di morte, Sky Cinema Mania, h. 0,35.
7. La battaglia di Algeri, La7, h. 1,10. FREE
8. Arrivano i Titani, Sky Cinema Italia, h. 0,20.
9. Brüno
, Sky Cinema Mania, h. 22,55.
10. Codice 46, Iris, h. 22,50. FREE
11. Corvo rosso non avrai il mio scalpo!, Studio Universal, h. 21,20.
12. La grande corsa, 7 Gold, h. 21,05. FREE
13. Milano odia: la polizia non può sparare, Rai Movie, h. 0,25. FREE
14. Il regista di matrimoni, Rai Movie, h. 22,40. FREE
15. Blindato, Sky Cinema 1, h. 23,35.
Commento:
1. Chinatown. Capolavoro capolavoro capolavoro. Roman Polanski rifà nel 1974 un noir à la manière degli hammettiani-chandleriani Il mistero del falco e Il grande sonno. Stessa ambientazione di quegli archetipi, la Los Angeles anni Trenta-Quaranta. Misteri pubblici e privati, segreti inconfessabili, ignominie, speculazioni, il denaro che tutto corrompe, anime nere, angeli caduti. Indaga il detective Jake Gittes, un Jack Nicholson che non vedremo mai più così intenso e contenuto. Sarà per lui e per noi spettatori un viaggio al termine della notte. John Huston gigante del male. Faye Dunaway mai così ambigua e così straziante. Memorabile la battuta finale: “Che ci vuoi fare, Jake, è Chinatown”.
2. I giorni del cielo. Con questo film Terrence Malick è diventato la leggenda che è. Del 1978, racconta una coppia in fuga nell’America del primo Novcecento. I due si fermano nella farm di un ricco possidente malato, lui induce lei a sposarlo per arraffare soldi e proprietà. Non sarà così semplice. Il villain è Richard Gere ai suoi esordi, il farmer è un magnifico, dolente Sam Shepard al suo massimo. Lei è Brooke Adams. Storia magnifica di passioni e avidità, ma anche di pietas. Fotografia di Nestor Almendros che cattura la luce come nessun altro aveva mai fatto. Paesaggi di bellezza commovente. Assoluto.
3. Lezioni di piano. Il vertice di Jane Campion, il suo film più famoso e premiato. Sentimentalmente muscolare, virilmente femminile (Campion è così: non conosce smancerie, rappresenta le passioni senza alcun filtro, perfino con brutalità). Adorato dalle donne di tutto il mondo. Harvey Keitel si consolidò come sex symbol intelligente. Un classico.
4. Nine. Il musical diretto da Rob Marshall (Chicago) e tratto da 8 e mezzo di Fellini è stato il grande flop dell’anno scorso. Ma un visione e una revisione, almeno in tv, le merita. Difetto: Daniel Day Lewis è antipatico, anzi odioso, e nemmeno per un secondo ti viene voglia di stare dalla sua parte, e poi i dolori, le depressioni, le vigliaccherie e le doppiezze del protagonista, regista-star anni Sessanta, un simil-Fellini, oggi ci appaiono insopportabili e soprattutto improbabili. Però parecchi numeri musicali (uno per ogni donna del protagonista) sono fantastici, in testa quelli di Fergie e di Kate Hudson. Penelope Cruz riesce a non far rimpiangere Sandra Milo in Otto e mezzo, ed era una missione quasi impossibile. L’Italia del boom e della dolce vita così come ce la mostra il film, forse non è mai esistita davvero, ma che importa, Nine è sui miti e le leggende create dal cinema, non sul reale. Un film molto meno brutto di come lo si è dipinto.
5. La doppia ora. Presentato a Venezia nel 2009, è uno dei film italiani più sottovalutati della scorsa decade. Chissà perché molti signori della critica hanno trattato con sufficienza questo film di Giuseppe Capotondi che ha una solidità di scrittura e una confezione una volta tanto assolutamente internazionali. Forse perché è un film di genere all’apparenza poco autoriale. Eppure La doppia ora (quella che compare sugli orologi digitali quando la cifra dei minuti è uguale a quella dell’ora, e che secondo il protagonista del film segna un momento in cui tutto può accadere) è un thriller avvincente come pochi, ben costruito, in cui alla fine ogni tassello va al posto suo senza lasciare buchi nella trama. Un ex poliziotto ora custode di una villa fuori città (strepitoso Filippo Timi) incontra in uno speed-date abbastanza agghiacciante una ragazza che viene dell’est (Ksenia Rappoport), femme de chambre in un hotel. Ovvio che si innamora. Succederanno molte cose, compresa una rapina in villa in cui Guido viene colpito. E dal passato, come sempre, tornano a far visita fantasmi inquietanti. Continui capovolgimenti fino alla rivelazione finale. Ottimo film, io ne vado pazzo. Ksenia Rappoport premiata a Venezia come miglior attrice, ma non è bastato per trasformare La doppia ora in un successo al box office. Peccato. Forse la trama, complessa anche se per niente confusa, richiede un’attenzione che il pubblico distratto di oggi non ha. Capotondi è uno che ha una carriera internazionale come regista di spot e vdeoclip, e il mestiere si vede.
6. Nemico pubblico n. 1 – L’istinto di morte. Primo dei due film del 2008 interpretati da Vincent Cassel sul bandito francese anni 60-’70 Jacques Mesrine. Uno che con le sue imprese tenne banco sui media e flirtò anche con le frange rivoluzionarie anti-sistema. Una figura con qualche analogia con il nostro Vallanzasca. Il dittico firmato dal regista Jean-François Richet è un risultato grandissimo, che testimonia di quanto il polar, il crime-movie alla francese, sia in forma smagliante. Occhio, la sceneggiatura più vera del vero è del franco-algerino Abdel Raouf Dafri, autore anche dello script di quel capolavoro che è Un prophète di Jacques Audiard. Vincent Cassel è semplicemente monumentale, in una perfomance di virtuosismo mimetico che richiama quelle di Volontè.
7. La battaglia di Algeri. Chissà a rivederlo oggi che effetto fa. Dico: non esiste film più legato al suo tempo di questo, più impregnato dello spirito dei suoi anni. Che erano quelli, qui in Occidente, del terzomondismo, della rivolta anticapitalista, della solidarietà ai dannati della terra vittime del primo mondo (cioè il nostro). La battaglia di Algeri, Leone d’oro a Venezia nel 1966, rievoca la guerra e la guerriglia di indipendenza algerina contro i francesi con la massima simpatia per gli insorti. Pontecorvo non ha esitazioni e si schiera tutto dalla parte degli algerini. Il che gli procurò un successo immenso in tutti i paesi extraeuropei e l’ostracismo in Francia. Ma a colpire allora fu anche lo stile semidocumentaristico adottato, da cinéma vérité, di impressionante verosimiglianza e aderenza alla materia raccontata. Un film unico, un oggetto filmico anomalo che Pontecorvo non riuscirà mai più a ripetere. Datato, datatissimo. Anche perché, rivedendo oggi questo inno all’Algeria indipendente, non possiamo non pensare alla tragedia che avrebbe successivamente investito il paese, quella guerra civile da 150mila morti che ancora non si è del tutto spenta.
8. Arrivano i Titani. Peplum con ironia del 1962 diretto dall’esordiente Duccio Tessari. Rivalutatissimo, molto amato dalle fanzine. Arrivano i Titani è considerato un capostipite cui anche il recente, hollywoodiano Clash of Titans deve qualcosa. Bel cast, con un Giuliano Gemma pre-western e la mitica Antonella Lualdi.
9. Brüno. Dopo Borat, Sacha Baron Cohen cerca di ripetere il colpo proponendo il suo stilista-fashionista austriaco Brüno (con i due punti, mi raccomando) che si muove e combina disastri planetari tra Milano al tempo delle sfilate, la Los Angeles dei casting e dei talk-show, e il Medio Oriente dove si reca in una delirante missione di pace. Fuori di testa. Però non si era mai vista una demolizione così efficace del mito massificato e globalizzato della moda, e del suo frutto perverso, il narcisismo coatto e decerebrato. A uscire a pezzi è anche l’estetica gay finto macho-muscolare e il gaysmo più ipnotizzato dal culto dell’immagine. Baron Cohen però strafà e tocca punti di una sgradevolezza inaudita e quasi insopportabile. Geniale, ma solo per stomaci fortissimi. Anche qui, anime belle politically correct astenersi. Non a caso Brüno non è riuscito a ripetere il successo di Borat.
10. Codice 46. Uno dei registi più eclettici e mutanto che ci siano, Michael Winterbottom, uno che passa dal period-movie (Jude) al noir estremo (The killer inside me) con assoluta naturalezza, stavolta – siamo nel 2003 – si butta sul dramma umanistico-fantascientifico e come sempre se la cava più che onorevolmente. Siamo in un futuro molto prossimo, dove la procreazione è soggetta a controlli e restrizioni (se c’è incompatibilità genetica non viene dato il permesso), il territorio è spezzato e separato da barriere per ragioni di sicurezza, superabili solo con adeguati permessi. Un mondo non così dissimile da quello in cui siamo immersi oggi, soprattutto per quanto riguarda la paranoia eugenetico-procreativa. La storia è quella di un ispettore delle assiocurazioni che indaga su una ragazza non così irreprensibile secondo le norme vigenti, forse una ribelle. Fantascienza inquietante; film che gode di grande credito presso un manipolo di entusiasti, da non perdere. Con Tim Robbins e Samantha Norton.
11. Corvo rosso non avrai il mio scalpo! Mitologico western del 1972 con un giovane Robert Redford. Dirige Sidney Pollack su sceneggiatura di John Milius. Uno dei primi film dalla parte degli indiani, visti come una cultura rispettabile e con pari dignità di quella dei bianchi. Il protagonista è un cacciatore che, nelle fredde terre del Nord, si inoltra in foreste ostili, ma conoscendo il linguaggio delle natura e dei nativi americani. Molto anni Settanta, molto politically correct, anche troppo. Però quegli spazi immensi pieni di neve catturano anora oggi lo spettatore più smaliziato.
12. La grande corsa. Film del 1965 firmato da un maestro della commedia come Blake Edward, che ricostruisce in modo alquanto godibile e con estrema libertà uno dei primi raid automobilistici, la New York-Parigi del 1908. Poca aderenza ai fatti e molta fantasia nel reinventare storie e personaggi. L’importante non è partecipare ma vincere, sicchè i concorrenti se ne fanno di ogni pur di arrivare prima degli altri. Con Jack Lemmon, Tony Curtis e Natalie Wood.
13. Milano odia: la polizia non può sparare. Ecco, per capire qualcosa degli anni Settanta bisognerebbe dare un’occhiata a poliziotteschi come questo. Prima di andare al cinema a vedere il film di Placido su storia e gesta di Vallanzasca si dovrebbe guardare magari proprio Milano odia, la polizia non può sparare. Il cinema di genere riusciva in quegli anni a intercettare e rappresentare la paura della cosiddetta gente, alle prese con una criminalità di una ferocia mai vista prima. Certo, il filone poliziottesco cavalcava l’onda, non sempre in modo disinteressato e spesso rinfocolando la paranoia collettiva. Eppure è difficile sottrarsi oggi al fascino sinistro e cupo esercitato da questo Milano odia, film del 1974 di Umberto Lenzi con un Tomas Milian che da ragazzo qualunque si improvvisa rapitore della figlia di un industriale. Rivelerà una crudeltà inimmaginabile. Milian nella versione sadica e brutalizzata dei suoi personaggi western. La scena del rapimento di Laura Belli me la ricordo tra le più efferate del cinema di allora.
14. Il regista di matrimoni.  Folle film del 2006 di Marco Bellocchio, su un regista in crisi (neanche fossimo ai tempi di Otto e mezzo) che fugge in Sicilia per ricaricarsi e lì conosce uno che campa facendo film ai matrimoni e un altro regista che si finge morto. Seguono incontri con risvolti anche sentimentali con aristocratiche del luogo di antico lignaggio. Mah. Un po’ Pirandello un po’ Verga e Tomasi di Lampedusa. Un miscuglio di non facile digestione, uno di quei film di Bellocchio in cui l’irrazionale si libra oltre ogni controllo, e però qualche volta produce immagini, visioni e ossessioni parecchio interessanti.
15. Blindato. Alcune guardie giurate organizzano una rapina ai danni dell’azienda che dovrebbero proteggere. Sarà solo l’inizio di una serie di colpi di scena. Ottimo action dell’anno scorso prodotto da Sam Raimi e diretto da Nimród Antal, il talento statunitense-magiaro che qualche anno prima aveva firmato l’insolito Kontroll, tutto ambientato nei budelli di una metropolitana. Matt Dillon, Jean Reno e Lawrence Fishburne sono gli interpreti.

La classifica prosegue con:
16. La terra dei morti viventi
, MGM Channel, h. 21,00.
17. Tu, io e Dupree, Cult, h. 22,50.
18. Bimba, Sky Cinema Italia, h. 21,00.
19. La pupa del gangster, Sky Cinema Classics, h. 23,15.
20. The Italian Job
, Sky Cinema Max, h. 21,00.
21. In my country
, Rai 5, h. 21,05. FREE
22. Un mondo perfetto, Premium Cinema Emotion, h. 23,05.
23. L’uomo nero
, Premium Cinema, h. 23,20.
24. Potere assoluto
, Premium Cinema Emotion, h. 21,00.
25. Feast of Love, Rai Movie, h. 21,00. FREE
26. Pulse, Fantasy Channel, h. 23,45.
27. Bowfinger
, Cult, h. 21,00.
28. Cosmonauta, Mya, h. 21,00.
29. The Astronaut’s Wife – La moglie dell’astronauta, Retequattro, h. 22,35. FREE
30. Legge criminale
, MGM Channel, h. 22,40.
Commento su alcuni titoli: Uno dei tanti zombie-movie del guru assoluto del genere, George A. Romero (La terra dei morti viventi); una commedia con Kate Hudson e il sempre adorabile Owen Wilson, sul cui set successe di tutto, compreso un tentato suicidio, pare per amore, dello stesso Wilson (Io, tu e Dupree); Sabina Guzzanti dirige se stessa, molto tempo prima di Draquila (Bimba); due Clint Eastwood (Un mondo perfetto e Potere assoluto); un piccolo film italiano del 2009 che ricostruisce gli anni Sessanta comunisti e militanti in una famiglia italiana, Cosmonauta, e un dramma psicologico Usa dall’analogo titolo ma dai contenuti completamente diversi, The Astronaut’s Wife – La moglie dell’astronauta; un gradevole heist movie, con i banditi che fanno il colpo a bordo di velocissime Mini (The Italian Job). Per saperne di più di ogni film, cliccare il relativo link.

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