I migliori quindici film della sera e della notte tv: la scelta è personale. Per la programmazione completa delle varie reti, consultare Film.tv.it. Si prendono in considerazione solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.0o. Attenzione, la programmazione potrebbe cambiare (prima di vedere un film è meglio controllare, sempre su Film.tv.it, la sua presenza in palinsesto). Buona visione.
La scritta FREE indica i film trasmessi da canali non a pagamento.
1 ex aequo. IL GATTO A NOVE CODE, Rai Movie, h. 22,45. FREE
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1 ex aequo. I GIORNI DEL CIELO, Sky Cinema Classics, h. 1,00.
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2. Mariti, Sky Cinema Classics, h. 21,00.
3. Quasi famosi (Almost Famous), Studio Universal, h. 22,50.
4. District 9, Sky Cinema Max, h. 21,00.
5. Winchester ’73, Studio Universal, h. 21,00.
6. L’uomo nel mirino, Retequattro, h. 23,50. FREE
7. Dirty dancing – Balli proibiti, Sky Cinema Family, h. 22,40.
8. Il bianco, il giallo, il nero, Cult, h. 22,50.
9. Napoli violenta, Iris, h. 23,10. FREE
10. King Arthur, Retequattro, h. 21,10. FREE
11. James Bond 007 – Casino Royale, MGM Channel, h. 21,00.
12. Chiamata da uno sconosciuto, Premium Cinema Energy, h. 22,45.
13. In linea con l’assassino, Sky Cinema Max, h. 23,00.
14. Baarìa, Sky Cinema Italia, h. 21,00.
15. Il suo nome faceva tremare… Interpol in allarme, Sky Cinema Classics, h. 23,15.
Commento:
1 ex aequo. Il gatto a nove code. Secondo capitolo della Trilogia animale (dopo L’uccello dalle piume di cristallo e prima di Quattro mosche di velluto grigio) che lanciò in orbita Dario Argento come padre fondatore del nuovo thriller sadico. Il plot, as usual in D.A., è risibile, ma che importa. Conta solo la tensione che scatta inesorabile tra lame, urla, ragazze braccate e poi orrendamente uccise, misteriosi assassini mascherati e dalle mani guantate di nero, ambienti vuoti e sinistri, e sangue sangue sangue. Qui il pretesto che mette in moto la giostra del massacro è una scoperta scientifica (scientifica?), la presunta individuazione in laboratorio del gene che predispone ai comportamenti criminali: chi ce l’ha, secondo lo spiccio determinismo del film, non può che diventare un assassino (come si vede, la fiducia cieca nella genetica come decrittazione dell’inconoscibile umano dominava già in quel lontano 1971). Ma non è il caso di fare la predica, meglio abbandonarsi all’universo di sospensione fantastica e da incubo che il regista sa creare. C’è il solito mezzo divo venuto dagli Usa che non manca mai nel primo Dario Argento – stavolta è Jim Franciscus – e una notevole Catherine Spaak. Karl Malden è il cieco che vede dentro al mistero meglio di tutti gli altri.
Amo molto Il gatto a nove code, e ritengo l’Argento della Trilogia il migliore di sempre insieme a quello di Profondo rosso e Suspiria. Lui è uno di quei cineasti italiani poco amati in patria – i nostri critici non gli hanno mai rilasciato la patente di regista di serie A volentieri concessa a gente meno talentuosa di lui – e invece venerati all’estero, e che più hanno influenzato il cinema, non solo di genere.
1 ex aequo. I giorni del cielo. Con questo film Terrence Malick è diventato la leggenda che è. Del 1978, racconta una coppia in fuga nell’America del primo Novcecento. I due si fermano nella farm di un ricco possidente malato, lui induce lei a sposarlo per arraffare soldi e proprietà. Non sarà così semplice. Il villain è Richard Gere ai suoi esordi, il farmer è un magnifico, dolente Sam Shepard al suo massimo. Lei è Brooke Adams. Storia magnifica di passioni e avidità, ma anche di pietas. Fotografia di Nestor Almendros che cattura la luce come nessun altro aveva mai fatto. Paesaggi di bellezza commovente. Assoluto.
2. Mariti . Si ritrovano al funerale di un amico e decidono di approfittare dell’occasione per tagliare la corda dalle rispettive consorti, dalle noie di famiglia e lavoro. Tre uomini sui quaranta e qualcosa, ancora con parecchie voglie in corpo, ritornano a fare i ragazzacci, i goliardi sbevazzanti e a caccia di donne, poi rientreranno nei ranghi, ovvio. Uno dei film più belli di quell’uomo con la macchina da presa che si chiamava John Cassavetes, uno capace di catturare le cose nel loro farsi, la naturalezza dei gesti, la vita insomma. È anche uno dei tre protagonisti, gli altri sono Ben Gazzara e Peter Falk. Il film è del 1970, ma è una lezione di cinema – senza arroganza, senza la minima spocchia – ancora freschissima.
3. Quasi famosi (Almost Famous). Bell’esordio registico di Cameron Crowe, giornalista rockettaro e cinefilo (suo un bellissimo libro intervista a Billy Wilder) che gira nel 1997 questa storia in parte autobiografico su un ragazzino – parecchio simile al Crowe adolescente – che ha la fortuna a 15 anni di collaborare al magazine Rolling Stone e di venire arruolato come inviato molto speciale al tour di una rockband. Iniziazione alla vita, alla musica e a moltissime cose di un teenager, resa con freschezza e partecipazione dal regista, il quale purtroppo poi non manterrà le tante buone promesse di questo suo primo film.
4. District 9. Attenzione, da vedere. Da noi non se l’è filato nessuno, ma District 9 è uno dei film più interessanti e innovativi degli ultimi tempi che in America ha avuto un successo travolgente con tanto di nomination all’Oscar. Storia pazzesca a raccontarla: gli alieni (anche qui!) arrivano in Sud Africa, ancora in tempi preMandela (siamo nell’82). Studiati, sorvegliati, rinchiusi in quartieri-ghetto. Ricorda niente? Metafora fin troppo trasparente dell’apartheid, la diversità, l’immigrazione, l’istinto territoriale ecc. Il tutto frullato col cinema di genere, la commedia e il docu. La storia viene raccontata come fosse un reportage, camera in spalla, immagini sporche e mosse. Prodotto e voluto dal neozelandese Peter Jackson del Signore degli anelli, ma con la regia di un sudafricano, Neill Blomkamp.
5. Winchester ’73. Uno dei grandi western anni Cinquanta di Anthony Mann che rivoluzionarono il genere introducendo inedite complessità psicologiche e una sorta di indebolimento (proprio nel senso di pensiero debole) della figura dell’eroe. James Stewart in una gara sfida un rivale per il possesso di un fucile storico, il Winchester del titolo. Freud non è lontano, e Anthony Mann lo sa molto bene. Occhio, in ruoli collaterali ci sono Tony Curtis e Rock Hudson, il gay che a Hollywood dovette fare il macho.
6. L’uomo nel mirino. Un Clint Eastwood aurorale, in una delle sue prime regie, anno 1977. Un agente di polizia deve trasferire al processo un testimone sotto protezione, che si rivelerà essere una prostituta. Ma è un complotto per fare fuori non solo la scomoda teste ma anche lui, poliziotto scomodo e brusco (cioè Clint Eastwood) che ha disturbato troppa gente. Clint al massimo della sua grinta, nel doppio ruolo di attore e regista. Ci sono ancora gli echi poliziotteschi di Dirty Harry, con le sue semplificazioni, ma l’evoluzione di Clint verso un cinema più stratificato e complesso è già incominciata, e lo si vede dall’attenzione con cui raffigura la sua protagonista.
7. Dirty dancing – Balli proibiti. Una brava ragazza durante le vacanze (siamo nell’America kennediana colma di speranze per l’avvenire) scopre durante un’escursione notturna dall’albergo, dov’è alloggiata con i genitori molto bon ton e middle class, che là nel villaggio ci si sfrena in danze ecccitanti e peccaminose, veri corpo a corpo che la gente perbene rifugge e accolti invece entusiasticamente dalla peggio gioventù del posto. Gran protagonista delle serate bollenti è un procace maestro di ballo che ha le sembianze di un Patrick Swayze al suo massimo storico (insieme a Point Break). Ovvio che la ragazza si butterà tra le sue braccia e con lui diventerà bravissima nel Dirty Dancing più pelvico, anche se dovrà combattere un po’, ma non troppo, contro la pruderie dominante. Il ballo come glorificazione del corpo e scatenamento dei sensi. Bel musical anni Ottanta di piccolo budget e grandissimo successo. Incantevole, come sanno esserlo spesso i film di canzoni e balli.
8. Il bianco, il giallo, il nero. Tardo maccheroni-western che già vira in commedia e farsa, diretto da Sergio Corbucci nel 1974: un maestro del genere, come certifica la celebrazione che l’ultima Mostra del cinema di Venezia gli ha tributato. Certo, qui non siamo ai livelli di Django o Il grande silenzio, i suoi capolavori western, ma la mano e l’occhio di Corbucci sono più che riconoscibili, e c’è quella consapevolezza lucida e critica verso il genere che lo rendeva unico. Con il magnifico trio Giuliano Gemma, Eli Wallach e Tomas Milian che, nel suo furore mimetico, stavolta fa addirittura il cinese dopo aver fatto innumerevoli volte il peone messicano.
9. Napoli violenta. Poliziottesco del 1976 di Umberto Lenzi, nome-garanzia del nostro cinema di genere di quella decade, in grado di passare dai suoi leggendari lounge-thriller (Orgasmo, Paranoia) al cinema bellico, al noir all’italiana come questo Napoli violenta. Nel quale ritorna il Commissario Betti del biondo e marmoreo Maurizio Merli, in trasferta partenopea per dare battaglia alla malavita locale. Da vedere e confrontare magari con il Vallanzasca di Michele Placido appena uscito nei cinema, che a quegli anni e (anche) a quel cinema si rifà.
1o. King Arthur. Da recuperare, assolutamente, anche se quando uscì (2004) fu un flop. Eppure questa ennesima riproposizione del triangolo Artù-Lancillotto-Ginevra ha una ruvidezza, una selvaggeria, ma anche una fedeltà alla storia sconosciute nei precedenti cinematografici. King Arthur è colui che approfitta dell’Impero romano in disfacimento per farsi largo e, lottando anche contro i Sassoni, stabilire il proprio dominio sull’Inghilterra. Sceneggiatura forse troppo ambiziosa e dialoghi sentenziosi, ma la regia del talentuoso quanto sottovalutato Antoine Fuqua (quello del formidabile Training Day per intenderci) con la sua energia ridà una corporalità, una fisicità mai vista alla vicenda. Clive Owen è il re, Keira Knightley è Ginevra, Ioan Gruffudd Lancillotto. Ma a lasciare il segno è il Tristano di Mads Mikkelsen (il villain di Casino Royale, l’eroe guercio di quel gran film che è Valhalla Rising, mai distribuito in Italia).
11. James Bond 007 – Casino Royale. Il più folle James Bond mai realizzato (e difatti la produzione non è della famiglia Broccoli). Niente a che vedere con il Casino Royale recente con Daniel Craig: questo è del 1967 e come Bond c’è incredibilmente David Niven. Cinque registi si sono alternati alla mdp (tra cui John Huston!), un set stracolmo di star, compresi Orson Welles, Peter Sellers, Deborah Kerr e perfino un Woody Allen agli esordi. Fu un flop pauroso, ma è una extravaganza assoluta che merita la visione.
12. Chiamata da uno sconosciuto. Una babysitter sola in casa perseguitata dalle telefonate di uno sconosciuto che minaccia massacri. Un buonissimo thriller, remake di un film del 1979, cui bastano pochi elementi e una sceneggiatura ben scritta per creare alta tensione. Chiamata da uno sconosciuto è l’ennesima variante dell’archetipo della fanciulla sola e inerme alle prese con il mostro (vedi Terrore cieco ecc.). Con Camilla Belle, del 2006. Negli Usa è stato un insperato successo commerciale.
13. In linea con l’assassino. Piccolo grande thriller di Joel Schumacher, con un Colin Farrell asserragliato in una cabina telefonica, in linea con un tizio misterioso che lo tiene sotto il tiro di un fucile e gli intima di non riattaccare. Gli darà man mano degli ordini e lo costringerà a confessare ed espiare colpe di cui (forse) non è responsabile. Quando ancora c’erano le cabine telefoniche (era il 2002, non un secolo fa) e si poteva ancora costruirci sopra un thriller. Oggi non sarebbe più credibile. Colin Farrell regge bene il gioco e la tensione. Un film da guardare senza aspettarsi troppo, un thriller onesto che vuole solo intrattenere e ci riesce.
14. Baarìa. Sono in una fase di rivalutazione di Tornatore. Così ho recuperato in tv prima La sconosciuta (in cui il regista applica il suo cinema epico a una storia molto privata, e questo ne fa qualcosa di anomalo, strano e interessante) e poi Baarìa: film questo, che mi ero rifiutato (come molti) di andare a vedere al cinema, stremato dalla martellante promozione e infastidito dall’estetica dolce & gabbanesca del trailer. Però, dopo il massacro da parte della critica di Baarìa, a me, che mi intenerisco sempre sui film maltrattati, è venuto l’impulso irrefrenabile di rivalutarlo e di dire che no, non è poi così male. Anche se il titanismo di Tornatore stavolta va oltre ogni limite e ogni buonsenso, al punto da ricostruire in Tunisia, su scala gigante, la Bagheria che non c’è più.
15. Il suo nome faceva tremare… Interpol in allarme. Film dimenticato perfino dai cultori del nostro cinema-bis (Marco Giusti ad esempio non ne parla nel suo pur informatissimo Stracult. Dizionario dei film italiani). Diretto nel 1974 da Michele Lupo, che già ci aveva dato parecchi western, è un prodotto spurio che mescola la commedia al poliziottesco e perfino l’allora nuovo western con risata del duo Terence Hill-Bud Spencer. La storia ruota intorno alla visita italiana di un boss mafioso, il legnoso Lee Van Cleef, che smuove interessi, ambizioni, avidità di vario genere. C’è anche un’apparizione di Edwige Fenech. Da riscoprire.
La classifica prosegue con:
16. L’uomo che fissa le capre, Joi, h. 21,00.
17. Tango & Cash, Premium Cinema Energy, h. 0,15.
18. 2061 – Un anno eccezionale, Rai Movie, h. 21,00. FREE
19. So cosa hai fatto, Premium Cinema Energy, h. 21,00.
20. Il potere della spada, Sky Cinema Mania, h. 22,35.
21. Cosmonauta, Mya, h. 22,45.
22. Languidi baci… perfide carezze, Sky Cinema Italia, h. 23,45.
23. Men in Black, Sky Cinema 1, h. 23,00.
24. Samoa, MGM Channel, h. 23,10.
25. Land of the Lost, Premium Cinema, h. 23,20.
26. Corleone, Iris, h. 0,55. FREE
27. Nestore – L’ultima corsa, Cult, h. 21,00.