I migliori film della sera e della notte tv: la scelta è personale. Per vedere la programmazione completa delle varie reti, consultare Film.tv.it. Si prendono in considerazione solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.0o. Attenzione, la programmazione potrebbe cambiare (prima di vedere un film è meglio controllare, sempre su Film.tv.it, la sua presenza in palinsesto). Buona visione.
La scritta FREE indica i canali non a pagamento.
1. PARANOID PARK, Cult, h. 21,00.
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2. Il labirinto del fauno, Steel, h. 22,40.
3. Psycho (di Gus Van Sant), Retequattro, h. 23,30. FREE
4. Fragile, Iris, h. 23,35. FREE
5. Blood Simple, Rai Movie, h. 22,35. FREE
6. Dorian Gray, Sky Cinema 1, h. 23,00.
7. Delta Force, Sky Cinema Max, h. 0,40.
8. Congiura di spie, Sky Cinema Classics, h. 23,10.
9. Santa Sangre, Cult, h. 0,30.
10. L’ultimo Capodanno, Sky Cinema Italia, h. 22,40.
11. Sesso, bugie e videotape, Joi, h. 21,00.
12. Il delitto del diavolo – Le regine, Sky Cinema Italia, h. 0,25.
13. Codice: Genesi, Premium Cinema, h. 21,00.
14. L’uomo dal braccio d’oro, Sky Cinema Classics, h. 21,00.
15. Il padrone e l’operaio, MGM Channel, h. 22,30.
Commento:
1. Paranoid Park. Premio speciale della giuria a Cannes 2007, miglior film dell’anno secondo i Cahiers du cinéma. Eppure a molti critici questo film di Gus Van Sant non è piaciuto, forse perché è il suo più estremo, il più fuori dal recinto del cinema medio. Paranoid Park è il posto preferito dagli skater di Portland, ci va anche Alex, che verrà coinvolto in una folle impresa nel corso della quale causerà la morte di una guardia. Il film è la registrazione degli incubi e dei sensi di colpa del sedicenne Alex, troppo giovane e troppo fragile per sostenere il peso di quanto gli è accaduto. Gus Van Sant racconta una delle sue amate storie di adolescenti biondi e difficili, e lo fa con una radicalità di scrittura e di racconto che ricorda il suo esordio con Mala Noche. Per alcuni (non per tutti), uno dei migliori film della decade.
2. Il labirinto del fauno. Forse il miglior film fantastico degli ultimi anni, quello che ha issato nella top list il nome del suo regista, il messicano Guillermo Del Toro. Passato sotto silenzio da noi, adorato in America, dove si è portato a casa nel 2007 tre Oscar (scenografia, fotografia, makeup). Protagonista, una ragazzina di nome Ofelia nella Spagna già solidamente franchista del 1944, con una madre debole e un patrigno sadico e cattivo (e reazionario). Ofelia ha una vita parallela, onirica, dove si addentra sotto la guida di un fauno e che è una sorta di trafsigurazione di quella reale che le tocca sperimentare quotidianamente. Una selva di simbologie e mitologie popolano anche troppo fittamente il film, che ha quella sovrabbondanza barocca latino-american a volte indigeribile. C’è pure ahinoi il famigerato Discorso Politico (la parte nera dell’universo fantastico di Ofelia adombra in modo piuttosto trasparente il franchismo). Eccessi e limiti che non intaccano però la resa, altissima, di Il labirinto del fauno.
3. Psycho (di Gus Van Sant). Dopo Paranoid Park, un altro film di Gus Van Sant nella serata tv. Psycho è una stravaganza assoluta: il remake filologico shot-for-shot girato da GVS nel 2001 come devoto omaggio all’omonimo capolavoro del maestro Hitchcock. Anzi, più che un remake trattasi di una clonazione ossessiva. Vien da chiedersi il senso dell’operazione: un tributo? un’analisi testuale? un sabotaggio non dichiarato dell’originale attraverso microcambiamenti e interventi quasi subliminali, quasi un invisibile détournement? Van Sant accentua le polivalenze sessuali e le ambiguità, l’omosessualità trattenuta in Hitchcock qui esplode e si esplicita, sia in Norman Bates (un Vince Vaughn smarrito e fuori parte, nella sua debordante iperfisicità) sia nella ragazza fuggitiva che finisce sotto la doccia, Lila (Anne Heche). Film ipnotico, oggetto sfuggente. Da amara o odiare, comunque da vedere.
4. Fragile. Insieme a [Rec], il titolo che ha trasformato lo spagnolo (pardon, il catalano) Jaume Balagueró in nome di riferimento dell’horror degli anni Duemila. Interpreti international (c’è la semidiva Calista Flockhart, allora, 2005, al top con la serie tv Ally McBeal) e buon budget per raccontare la storia di un’infermiera che in un fatiscente e sinistro (potrebbe essere diversamente?) ospedale dell’isola di Wight si ritrova alle prese con bambini che vedono fantasmi e fantasmi che sono bambini. Ottimo successo sul difficile mercato anglofono, impresa che a nessun horror italiano dell’ultimo decennio è mai riuscita.
5. Blood Simple. Esordio molto riuscito (siamo nell’anno 1984) dei fratelli Coen, che girano uno psycho-thriller assai citazionista e cinefilo su un sicario incaricato di far fuori una moglie traditrice e il suo amante. Ma gli sviluppi e il finale saranno a sorpresa. Incunabolo di parecchio del cinema successivo dei due fratelli di Minneapolis (molti i punti di contatto ad esempio con Fargo, con cui condivide la protagonista, Frances McMormand, moglie di Joel Coen).
6. Dorian Gray. La versione cinematografica più recente del romanzo di Oscar Wilde, con ottimo co-protagonista Colin Firth (occhio, Firth è il maggior favorito per i prossimi Oscar per la sua performance in The King’s Speech). A rivederlo oggi, il mélo di Wilde ci appare più fiammeggiante che mai, e più attuale che mai con la sua ossessione per l’eterna giovinezza. La trovata drammaturgica, un ritratto che invecchia al posto del suo possessore, è semplicemente geniale. Immortale.
7. Delta Force. Cult assoluto della serata. Action del produttore – qui anche regista – israeliano Menahem Golan, l’uomo che con la sua Cannon Film tra anni Settanta e Ottanta cercò di conquistare il mercato mondiale dei film popolari e di genere. Un gigante del cinema di intrattenimento, un personaggio romanzesco, bigger than life, che il festival di Locarno 2010 ha giustamente celebrato assegnandogli il premio Raimondo Rezzonico per il miglior produttore indipendente. Questo è uno dei suoi film di maggior successo. Delta Force è la squadra di specialisti che riesca a liberare gli ostaggi di un aereo dirottato da terroristi mediorientali. Cast incredibile: Chuck Norris, Lee Marvin e perfino Hanna Schygulla.
8. Congiura di spie. Mi incanta (ri)vedere certo cinema francese diciamo minore degli anni Sessanta, quello che non è Nouvelle Vague e nemmeno Melville, ma è puro genere e mestiere: commedia, noir, avventuroso. Il cinema di gente come Philippe de Broca, Jacques Deray o Edouard Molinaro. Ed è di Molinaro questo Congiura di spie del 1967. Uno scienziato francese di simpatie cinocomuniste vuol passare al servizio di Pechino, ma i servizi segreti, subodorando il cambio di casacca, gli mettono alle costole un ex parà riciclatosi come scrittore di gialli di incerto successo (è il glorioso Louis Jourdan). Metteteci di mezzo anche la bella moglie del traditore, Senta Berger, ed ecco servita una perfetta spy-story d’epoca. Edouard Molinaro ha la mano giusta per questo genere di cose e non sbaglia una mossa. Atenzione, lo scienziato è Maurice Garrel, papà del regista cultistico Philippe e nonno di Louis, l’attore giovane più quotato di Francia (quello lanciato da The Dreamers di Bertolucci per capirci).
9. Santa Sangre. Penultimo film (anno 1989) di quell’inclassificabile personaggio che risponde al nome di Alejandro Jodorowsky, uomo dalle molte vite e dalle molte stagioni, artistiche ed extra-artistiche. Figlio di diverse culture (è nato nel 1929 da una famiglia di ebrei ucraini trasferitasi in Cile e cresciuto tra gli umori mistico-barocchi della cultura latinoamericana), è stato – e continua a essere – regista, scrittore, anche psicoterapeuta e guru. Ogni tanto compare nella lista dei bestseller con i suoi libri di psicomagia, qualcosa tra l’esoterismo, il sapienziale e il surreale, ma il suo nome resta legato a un manipolo di film che hanno segnato in profondità il cinema fantastico, massimamente i suoi due capolavori anni Sessanta El Topo e La montagna sacra. Adepto dichiarato del surrealismo, però condito con abbondante salsa ispanica, Jodorowsky produce film che sono visioni, anche grevi, che molto devono a Bréton, Buñuel e Dalí e molto al suo debordante talento. Io lo trovo indigesto (non amo i registi dall’immaginario iperbolico e ipertrofico, che spesso si accompagna anche a ipertrofia dell’Io), però ha il suo posto nella storia del cinema, e può contare su affezionatissimi e devoti cultori. Questo Santa Sangre viene molto dopo i suoi due film più famosi, è della fine degli anni Ottanta, ma ripropone intatte le sue ossessioni, quelle del sangue e delle mutilazioni innanzitutto. Inutile e impossibile raccontare una trama che non c’è. Diciamo che c’è un protagonista di nome Fenix traumatizzato da bambino dalla morte del Padre (lanciatore di coltelli!) ucciso dalla Madre (trapezista!). Papà però prima di morire riesce a mutilare e deturpare la moglie strappandole le braccia. Il resto meglio scoprirlo guardandosi il film, se si riesce a sopravvivere all’orgia visiva e al grand guignol. Il circo come luogo della mostruosità e dell’alterità viene da Freaks di Ted Browning, ma anche da certo Fellini. Probabile che Balada triste de trompeta di Alex De La Iglesias, due volte premiato all’ultima mostra di Venezia e di imminente uscita sul mercato italiano coll’orrendo titolo Ballata dell’odio e dell’amore, e anche quello ambientato in un circo di figure estreme, molto debba a Santa Sangre di Jodorowsky.
1o. L’ultimo Capodanno. Un film maudit: doveva imprimere una svolta decisiva alla carriera autoriale di Marco Risi e finì invece con l’inibirla per anni. Doveva essere molte altre cose, L’ultimo capodanno, anche il manifesto cinematografico dell’allora (ultimi anni Novanta) dominante letteratura cannibale, variante italica del pulp americano. Difatti alla base ci sono un racconto e la sceneggiatura del re di quella effimera stagione narrativa, Niccolò Ammaniti (che sarebbe benissimo sopravvissuto al tramonto del genere). L’ambizione era di raccontare attraverso un mosaico di storie e caratteri alla Short Cuts un pezzo della Roma borgatara, degradata dall’edonismo ormai religione di massa. Ladri, maniaci, famiglie mediamente felici e mediamente infelici, casalinghe disperate, mogli tradite e mariti traditori, tutti colti durante la notte di San Silvestro. Spaccato di varia umanità livido e anche laido che fu un flop clamoroso, tanto da essere ritirato dai cinema dopo pochi giorni. Marco Risi tentò poi di rimontarlo e ridistribuirlo, ma l’esito non migliorò. Solo che col tempo L’ultimo capodanno, grazie anche alle sue disgrazie, è stato adottato da una platea sempre più vasta di cinemaniaci. Certe scene sono ormai antologizzate, come quelle con Iva Zanicchi. C’è una Bellucci di sontuosa bellezza e pure abbastanza brava, come sempre quando fa la burina e non la signora dei quartieri altissimi.
11. Sesso, bugie e videotape. Il film che incantò Wim Wenders, presidente della giuria a Cannes 1989, tanto che gli diede la Palma d’oro. Gran sorpresa, visto che si trattava di un piccolissimo film indie messo con qualche dollaro, oltretutto girato da un regista esordiente poco più che ventenne che si chiamava Steven Soderbergh. Che da allora ne ha fatti di film, anche di gran successo commerciale, ma che non è mai riuscito ad assestarsi definitivamente, nonostante certi ottimi risultati (Traffic), nella lista dei registi maggiori. Eppure quel lontano Sesso, bugie e videotape (bel titolo) promise benissimo e convinse molti che un autore era nato. Rivisto oggi, il film appare furbetto, ma giusto nel restituire l’aria di quel tempo e l’allora sorgente fascinaziona esercitata dai media e dalla loro tecnologia. Quattro personaggi, due uomini e due donne, in una piccola casa. Un lui e una lei sposati, la sorella di lei che è anche l’amante di lui, e il quarto è un amico che arriva con un videocamera e riprende le confessioni di tutti. Non c’è molto di più di questo gruppo in un interno che parla, si parla addosso, si fa ripendere e si riguarda. La vita come duplicazione e simulazione attraverso le immagini, il narcisismo dell’io che diventa narrazione, l’esposizione di se stessi allo sguardo degli altri. Sono tutti temi che sarebbero diventati negli anni a venire costitutivi del nostro vivere e che il film di Soderbergh coglie allo stato aurorale.
12. Il delitto del diavolo – Le regine. Clamoroso B-movie italiano, uno psycho-horror girato da Tonino Cervi nel 1970 che mescola qualcosa di Dario Argento a molto Mario Bava primi anni Sessanta (La maschera del demonio). Tre streghe moderne catturano un ragazzo dall’aria hippie – l’allora sex symbol biondo Ray Lovelock -, lo seducono e lo usano come oggetto sessuale e non solo. Niente castelli gotici, solo una casa nel bosco bordo lago. L’accanimento delle donne sul corpo maschile ricorda il quasi contemporaneo La notte brava del soldato Jonathan con Clint Eastwood, il trio di pericolose femmine anticipa di molto Le streghe di Eastwick. Occhio, le tre sono Haydée Politoff, la mitologica Collezionista di Rohmer, la bionda Evelyn Stewart (all’anagrafe Ida Galli) e la mora Silvia Monti, attuale signora De Benedetti (Carlo). Secondo certi siti, Le regine è anche un’allegoria del capitalismo (le streghe guidate da Satana) che divora ribelli e contestatori (il figlio dei fiori Lovelock). Visti i tempi, ci può anche stare.
13. Codice: Genesi. Potrebbe diventare un culto, questo post-apocalittico uscito l’anno scorso e passato, soprattutto in Italia, senza lasciare tracce. Diretto dai fratelli Hughes di From Hell, presenta il solito eroe solitario, stavolta un massiccio Denzel Washington, percorrere il consueto paesaggio del dopo catastrofe, con quel che rimane di una guerra devastante che ha distrutto uomini e cose. Rovine americano costellano gli orizzonti di Codice: Genesi, ed è questa parte visiva la più potente e convincente del film, girato in un colore-non colore grigio-nero che conferisce al tutto un aspetto come di cenere, carbone, materia combusta e consumata. Il resto è meno interessante, con l’eroe, il Sopravvissuto, che si aggira armato ed è letale nel colpire chiunque voglia nuocergli. Incontrerà un piccolo tiranno, signore di un territorio desolato, che vorrebbe eliminarlo, ma l’eroe sopravviverà anche stavolta. Criptici messaggi vengono di tanto in tanto lanciati dai sentenziosi dialoghi, aleggia un’aura sapienzale un po’ tronfia (il titolo originale è nientemeno che The book of Eli, che suona arcano e biblico). Ma il film ha una sua oscura forza che lo rende nient’affatto trascurabile.
14. L’uomo dal braccio d’oro. Leggendario Otto Preminger del 1955. Leggendario perché affrontava un tema forte e allora davvero tabù come quello della droga, che nella fattispecie è l’eroina di cui è consumatore il protagonista Frank Sinatra. Sensazionale e anche sensazionalistico, visto che nulla ci viene evitato su crisi d’astinenza, ricerca ossessiva della dose e insomma tutto il repertorio dell’addiction peggiore. Titoli di Saul Bass, magnifici, che hanno fatto storia, musiche (jazz) di Elmer Bernstein. Quando la droga era un vizio di pochi che sgomentava le masse, prima di diventare un vizio di massa. Con Kim Novak, dolce presenza femmminile che cerca di alleviare i tormenti del protagonista.
15. Il padrone e l’operaio. La lotta di classe anni Settanta e la contrapposizione (anzi, per dirla con i sacri testi di allora: contraddizione) capitale-lavoro secondo la sottocommedia all’italiana, qui firmata Steno. Storia pazzesca, ma più istruttiva di cento inchieste storico-giornalistiche per farci capire oggi cos’erano quegli anni e i fantasmi inconsci che circolavano nel corpo sociale. Sentite qua: il padrone di una fabbrica di rubinetterie (Renato Pozzetto, chi se no?) non ce la fa più a soddisfare le richieste sessuali di moglie e amante, e invidia un suo operaio (Teo Teocoli, ma ci sarebbe voluto Buzzanca) dalla strabordante vitalità erotica noto conquistatore di donne. Il padrone cercherà di fiaccare in ogni modo il suo dipendente massacrandolo di lavoro: invano. Finirà come è facile intuire, che l’operaio si porterà a letto la moglie del padrone. Chiaro il messaggio (quello era il tempo del cinema con messaggio incorporato): la borghesia è flaccida e al tramonto, il futuro sarà dell’istintuale e ruvida nonchè maschia classe operaia. Non è andata esattamente così.
La classifica prosegue con:
16. Incontri ravvicinati del terzo tipo, Iris, h. 21,10. FREE
17. Greystoke – La leggenda di Tarzan il signore delle scimmie, Studio Universal, h. 21,00.
18. L’armata delle tenebre, Cult, h. 22,45.
19. Misfatto bianco, Sky Cinema Mania, h. 0,30.
20. Potere assoluto, Premium Cinema Emotion, h. 0,45.
21. Far North, MGM Channel, h. 0,15.
22. Hairspray – Grasso è bello, Premium Cinema Emotion, h. 21,00.
23. Luci della ribalta, Sky Cinema Classics, h. 0,45.
24. The Kingdom, Premium Cinema Energy, h. 0,30.
25. Les dents de la nuit, Rai Movie, h. 0,10. FREE
26. Una notte al museo 2 – La fuga, Sky Cinema Family, h. 23,00.
27. Reign Over Me, Cielo, h. 21,00.
28. Miseria e nobiltà, Sky Cinema Italia, h. 21,00.
29. Madagascar 2, Sky Cinema Hits, h. 21,15.
30. La rapina perfetta – The Bank Job, Sky Cinema Max, h. 21,00.
31. Solaris, Sky Cinema Mania, h. 22,45.