(Questo post è stato scritto il 24 febbraio 2011. Lo ripropongo oggi 21 ottobre).
Così cadono le dittature al cinema. Ecco i film più famosi e più nuovi, per capire quello che sta succedendo in questi giorni, in queste ore, in Libia (più il film sull’occupazione italiana del suo paese che Gheddafi volle a tutti i costi produrre).
Non sappiamo quando e come finirà, ma sappiamo che finirà. Per il despota Gheddafi, asserragliato nel suo bunker di Tripoli (notizie delle ore 12 di giovedì 24 febbraio 2011), ormai la caduta è vicina. Stiamo a vedere se l’agonia del regime sarà segnata da un’ulteriore disperata difesa e da altri bagni di di sangue, o se ci sarà una resa del leader, o una fuga, che eviti il massacro finale.
Le ultime ore di un dittatore, di tutti i dittatori, si assomigliano. Il delirio narcisista, l’incapacità di comprendere gli avvenimenti e di evitare il peggio, l’autoreclusione in una follia distruttiva e autodistruttiva, l’accusa paranoica a immaginari nemici. E ancora, la diserzione degli ex fedeli e la fedeltà degli irriducibili fino all’ora estrema, gli spasmi agonici ma anche i colpi di coda del regime morente. La fenomenologia e la psicologia del despota, al di là delle differenze politiche e ideologiche, hanno tratti simili, che ancor più si accentuano all’approssimarsi della fine.
Il cinema ha trattato più volte il tema della caduta di un regime e, più in generale, la figura del tiranno nel suo stato agonico. Segnaliamo qui i titoli più famosi e i più nuovi. Prima però ricordiamo un film di propaganda che lo stesso Gheddafi ha fortemente voluto e prodotto, quel Leone del deserto girato all’inizio degli anni Ottanta con Anhony Quinn protagonista che rievoca la resistenza dei libici alla dominazione italiana negli anni del fascismo. Un kolossal nazionalista girato secondo gli stilemi della spettacolarità hollywoodiana (il modello, anche se non dichiarato, è Lawrence d’Arabia), memore però anche della tradizione del cinema egiziano, in particolare di certi film storici di Youssef Chahine, e che qualcosa ci dice, a saperlo leggere, anche sullo stesso Gheddafi che ne fu il promotore. Ecco la scheda del film già pubblicata su questo blog in occasione dei molti passaggi televisivi su Sky degli ultimi mesi (e dovrebbero ridarlo al più presto, vista l’attualità del caso Libia).
Il leone del deserto. Per anni invedibile in Italia perché ritenuto antipatriottico e denigratorio del nostro paese (più o meno quel che accadde in Francia a La battaglia di Algeri di Pontecorvo) e sdoganato solo in tempi recenti. Un film di propaganda, prodotto e fortissimamente voluto nel 1981 nientemeno che da Gheddafi per celebrare la resistenza libica all’occupazione italiana negli anni di Mussolini. Stavolta gli italiani non son più brava gente, ma sono rappresentati come crudeli colonialisti e sopraffattori, pronti a ricorrere anche ai mezzi più brutali per stroncare la ribellione del Leone del deserto (e futuro eroe nazionale) Omar al-Mukhtar. Massacri, villaggi distrutti, campi di concentramento tra le dune. Certo, è opera di propaganda e di regime, però è un oggetto cinematografico così insolito da meritare la visione. Soldi libici, regista (Moustapha Akkad) di origine araba ma naturalizzato americano, interpreti hollywoodiani e italiani, per farne un prodotto esportabile su tutti i mercati. Il protagonista è un perfetto Anthony Quinn, il perfido Graziani è Oliver Reed, Rod Steiger (per la seconda volta nella sua carriera) è Mussolini, Irene Papas la donna del ribelle. Gastone Moschin e Stefano Patrizi in parti minori.
Sul tema della dittatura e della fine di un regime, non si può non partire dal film tedesco che ha rievocato qualche anno fa, tra molte polemiche ma con ottimo esito di pubblico, gli ultimi giorni di Hitler (la scheda è già stata pubblicata su questo blog quando il film è stato trasmesso in tv):
La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler. Il film tedesco del 2005, diretto da Oliver Hirschbiegel, che ha osato riproporre un Hitler protagonista, ripreso nella fase terminale della guerra, del suo sogno di potenza, della sua stessa vita. Quasi un docu, che racconta impassibilmente, fenomenologicamente, cronachisticamente l’uomo-demone che ha condotto la Germania nel precipizio. Scelta quasi obbligata, quella dello stile documentaristico, per non incorrere in una rete inestricabile di polemiche, interdetti, probizioni, censure. Nonostante la cautela di un approccio freddo e distanziante, il film causò lo stesso dibattiti incandescenti, e però fu un clamoroso successo di pubblico in patria. Segno che la Germania i suoi fantasmi li vuole vedere rappresentati, non cancellati e rimossi. Il film vale la visione per questo, più che per le sue qualità cinematografiche, che pure non sono disprezzabili. Interpretazione monumentale di Bruno Ganz.
Sulla caduta di Mussolini, invece, il celebre Mussolini, ultimo atto di Carlo Lizzani (scheda già pubblicata su questo blog):
Mussolini ultimo atto. Rivalutare Carlo Lizzani, professionista sempre molto attento allo spettacolo, narratore energico che non bada troppo al formalismo, malattia genetica del cinema italiano. Regista americano, si potrebbe dire. Notevoli i suoi film politici, massimamente il suo capolavoro Il processo di Verona, di cui questo Mussolini ultimo atto, del 1974, riprende il clima repubblichino di disfacimento. Mussolini seguito negli ultimi giorni fino alla fuga, la cattura a Dongo e la discussa fucilazione. Lizzani sposa sulla fine di Mussolini la tesi più ortodossa e consolidata, riuscendo però a restituire piuttosto bene l’ambiguo clima di dissoluzione di quei momenti. E per i vinti c’è una pietas che in altri film manca. Rod Steiger è un crepuscolare Mussolini. Ma la migliore è Lisa Gastoni come Claretta. Un mio cult (Lisa Gastoni e il film).
Altri titoli in questo percorso sul tema ‘cinema e dittature’, alcuni già visti, altri nuovissimi e non ancora arrivati in Italia.
Il grande dittatore di Charlie Chaplin. Del 1940, è una satira penetrante e tuttora insuperata su un despota in preda al delirio di onnipotenza molto somigliante a Hitler.
Moloch di Aleksander Sokurov. Capolavoro immenso girato nel 1999 dal maestro del cinema russo contemporaneo Sokurov: il ritratto di un Hitler privato colto nel 1942, poco prima della battaglia di Stalingrado dunque ancora all’apice della potenza, mentre si trova nel suo ritiro montano di Berchtesgaden in Baviera. Con lui c’è Eva Braun, mentre man mano arrivano gerarchi e cortigiani. Cupo e claustrofobico, restituisce come nessun altro film la personalità di Hitler.
Casa Saddam di Stephen Butchard. Un film televisivo in quattro puntate coprodotto dalla Bbc e dall’americana Hbo per raccontare ascesa e caduta di Saddam Hussein, padrone assoluto dell’Irak per 24 anni. Andato in onda su Sky la primavera scorsa (e speriamo che lo replichino al più presto), ci mostra il dittatore nelle sua varie fasi, compresi la sconfitta, il processo, l’impiccagione.
The Devil’s Double di Lee Tamahori. Nuovissimo, appena presentato al Sundance e al festival di Berlino, è la vera storia di Latif Yahia, un ragazzo iracheno che, per via della somiglianza con il figlio più sanguinario di Saddam, Uday, fu costretto a fare per molto tempo la sua controfigura. Per meglio sostenere il ruolo di sosia pubblico fu anche sottoposto a chirurgia plastica. Caduto il regime, ha poi scritto uno sconvolgente libro di memorie, da cui è tratto il film, che racconta la dittatura nella sua dimensione interna, di famiglia, ma non per questo meno sanguinaria e atroce. I deliri di Saddam padre e figlio visti attraverso l’occhio di un ospite obbligato a palazzo. Con Dominic Cooper, il rocker di Tamara Drewe e il fidanzato della figlia di Meryl Streep in Mamma Mia!
L’autobiografia di Nicolae Ceausescu di Andrei Ujica. Un docu che ha fatto sensazione al festival di Cannes 2010. Ricostruzione di vita, opere e manie di grandezza del dittatore rumeno attraverso il montaggio di materiale d’archivio, dall’ascesa di Ceausescu (e consorte) nel 1965 fino al processo sommario e all’esecuzione nel 1989. Chi l’ha visto assicura che si tratta di un’opera potente e straordinaria. Speriamo arrivi presto in Italia.
L’ultimo re di Scozia di Kevin Macdonald. Idi Amin Dada, il folle despota ugandese che dominò il suo paese dal 1971 al 1979, visto molto da vicino. Una figura sospesa tra il sanguinario, il delirante e il vanaglorioso, con slittamenti nel grottesco che qui viene rievocato attraverso il particolare punto di vista del giovane inglese che ebbe l’avventura di vivergli a fianco per molto tempo come medico pesonale. Un lucido racconto sui meccanismi del potere e la psicologia distorta e spesso pervertita del tiranno.