FILM STASERA IN TV: gli imperdibili 10 (sabato 2 luglio 2011)

I migliori film della sera e della notte tv: la scelta è personale. Per la programmazione completa delle varie reti, consultare MyMovies Tv. Si prendono in considerazione solo i film che incominciano tra le 21.00 e la 1.00. Attenzione, la programmazione potrebbe cambiare. Buona visione.
La scritta FREE indica i canali non a pagamento.

1. Romeo e Giulietta, MGM Channel, h. 21,00.
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Sì, c’è stato un tempo in cui Franco Zeffirelli girava bei film. Diciamo a metà degli anni Sessanta quando riuscì a ricavare da Shakesperare con risultati memorabili prima La bisbetica domata con la gran coppia Taylor-Burton in versione quasi autobiografica e poi questo Romeo e Giulietta. Un testo messo in scena mille volte, usurato e abusato, ma che uno Zeffirelli in stato di grazia (come non era mai stato prima, come non sarebbe più stato in seguito) rivitalizza aggiornandolo al giovanilismo e al clima di quei ribelli anni Sessanta londinesi. Difatti il cast è tutto inglese, con caschetti molto beatlesiani e rollingstoniani, e tutti i ragazzi, compresi i protagonisti Olivia Hussey e Leonard Whiting, sono poco più che adolescenti, e sembrano appena usciti da una sfilata di Biba o Mary Quant. Incantevole, fragrante, velocissimo. Un film che restituisce come pochi l’air du temps, pur essendo in costume. Davvero Zeffirelli, al di là di ogni possibile retorica, ci fa sentire Shakespeare nostro contemporaneo (contemporaneo a ciò che noi eravamo, ci sentivamo allora). Alla fine si piange, si piange davvero. Memorabile musica di Nino Rota. Un film che adoro. Romeo+Juliet di Baz Luhrmann non esisterebbe senza questo Zeffirelli del 1968.

2. Il nastro bianco, Cult, h. 21,00.
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Il film più celebrato di Michael Haneke e quello della sua definitiva consacrazione. Palma d’oro a Cannes 2009, per meriti propri ma un po’ anche perché a presiedere la giuria c’era un’attrice-feticcio del regista austriaco, Isabelle Huppert (che con lui aveva girato La pianista e Il tempo dei lupi). Lo dico subito: non è a mio parere il miglior film di Haneke, e trovo che sia piuttosto sopravvalutato. Il che non toglie che si tratti di un’opera di tutto rispetto, e che questa posizione nella classifica di stasera se la meriti ampiamente. Inquietante come si conviene ad Haneke e al suo cinema della minaccia, ma un po’ troppo capolavoro annunciato, con il bianco e nero che vuole esplicitamente rifare quello dei grandi maestri, da Fritz Lang a Ingmar Bergman a Carl Theodor Dreyer. In particolare il riferimento è a questi ultimi due. Il lugubre vilaggio luterano della Germania già nordica e prussiano-baltica del primo Novecento ci riporta subito, visivamente, ai climi cupi di Ordet, di Luci d’inverno, perfino di Dies Irae e Il settimo sigillo. E poi una certa qual fissità ieratica, la recitazione stilizzata, la maniacalità formale, elementi che rischiano di far scivolare Il nastro bianco verso pericolose derive arty. Ulteriore elemento discutibile, quel richiamo finale al nazismo che verrà come chiave esplicativa dei terribili fatti raccontati: troppo semplice imputare ogni nefandezza all’animus teutonico che sarebbe già geneticamente predisposto all’abiezione hitleriana. Ma al netto di questi limiti, Il nastro bianco (quello che i bambini secondo il pastore del villaggio dovrebbero indossare come simbolo della propria purezza) resta un film di rara potenza. Succedono fatti strani, misteriosi incidenti, il primo è al medico, che si frattura la gamba cadendo da cavallo a causa di un filo invisibile teso da qualcuno tra gli alberi. Emergono intanto le pubbliche virtù e i vizi privati in seno alla piccola comunità, e un gruppo di bambini minacciosi e sinistri si coagula e si compatta davanti ai nostri occhi, e il Male ancora una volta si incarna nelle sembianze dell’innocenza. Finale ambiguo, aperto, e predica del tipo “signori miei, è così che è nato il demone del nazismo”. Troppo facile e sentenzioso, Herr Haneke. Che però anche stavolta è riuscito a farci venire i brividi.

3. I giorni del cielo, Sky Cinema Classics, h. 0,40.
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Adesso che abbiamo finalmente visto The Tree of Life e verificato a quali vertiginose altezze ci può portare il cinema di Terrence Malick, possiamo vedere e rivedere con occhi nuovi questo suo film che nel lontano 1978 lo consacrò grandissimo. La storia: un ragazzo e una ragazza si lasciano alle spalle la povertà degli slums dell’East Coast e (siamo ai primi del Novecento) si lanciano in treno verso Ovest in cerca di un’occasione. I due approdano nella farm di un ricco possidente malato, lui induce lei a sposarlo per arraffare soldi e proprietà. Non sarà così semplice. Il villain è Richard Gere ai suoi esordi, il farmer è un magnifico, dolente Sam Shepard al suo massimo. Lei è Brooke Adams. Storia formidabile di passioni e avidità, e anche di pietas. Fotografia di Nestor Almendros che cattura la luce come nessun altro aveva mai fatto. Paesaggi di bellezza commovente. Assoluto.

4. Per un pugno di dollari, Premium Cinema Energy, h. 21,15.
Quando Sergio Leone creò lo spaghetti-western reinventando un genere fino ad allora quintessenzialmente americano. Tempi rallentati, primi piani alternati a campi lunghissimi, un décor mai visto prima che ridisegna un Texas-Messico immaginario, polveroso e crudele, sud di ogni sud del mondo fatto di sudore, sangue, strade calcinate, immensi spazi desertici abbacinati dal sole. Una messinscena rituale e ieratica per raccontare la storia dello Straniero (Clint Eastwood, of course, anche lui inventato dal nulla da Leone), un uomo solo che facendo il doppio gioco riuscirà a mettere l’una contro l’altra le due spietate famiglie che si contendono il dominio di un povero villaggio alla mercè del più forte. Ho adorato Per un pugno di dollari dalla prima volta che lo vidi, e non mi ha mai deluso nelle ripetute, successive visioni. Uno dei migliori film italiani di sempre e, a mio parere, il miglior Sergio Leone in assoluto (amo pazzamente la cosiddetta Trilogia del dollaro, molto meno i suoi film successivi; trovo C’era una volta il West grande però qua e là insopportabilmente pompier, e non sono mai stato un estimatore del sopravvalutato C’era una volta in America).
5. La regina Margot, Rai Movie h. 22,35. FREE
Con una Isabelle Adjani allora (1994) al massimo della sua carriera e della sua nevrotica seduttività, La reine Margot è un sontuoso spettacolo di luci e soprattutto ombre in quella Francia di congiure, trame, inganni e controinganni che culminò nella strage degli Ugonotti. Margot è la figlia di Caterina de’ Medici data in sposa per convenienze politiche all’ugonotto re di Navarra. Incomincia una girandola di amore, sesso, stiletti, lame, sangue e veleni da lasciare senza fiato. Un feuilleton truculento di Dumas rimesso in scena con grande partecipazione da Patrice Chéreau (uno dei pochi grandi registi di teatro che abbia fatto anche grandi film), che lo trasfigura in un affresco del potere, e sull’eros del potere. Attorno alla diva Adjani un cast pazzesco (Virna Lisi, Vincent Perez, Miguel Bosé, Daniel Auteuil, Pascal Greggory, Asia Argento e altri ancora). Musica di Goran Bregovic, la sua migliore colonna sonora di sempre.
6.
Boccaccio ’70, Iris, h. 20,30. FREE
L’esempio più riuscito di un genere, il film a episodi, che ebbe il suo apogeo nel cinema italiano dei primi anni Sessanta. Boccaccio ’70, nonostante il titolo anticipatore, è del 1962 e comprende quattro episodi, tutti sull’amore, il desiderio, il sesso, voluti e prodotti da Carlo Ponti, con registi che si chiamano Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Mario Monicelli e Federico Fellini: da urlo. Difficile scegliere il migliore, sono tutti di livello altissimo. Il più celebrato resta a tutt’oggi Le tentazioni del dottor Antonio di Fellini, con un Peppino De Filippo politico moralista e bigotto, di tipologia molto democristiana, che si indigna per il gigantesco manifesto montato davanti alla sua finestra con una popputa Anita Ekberg nell’atto di pubblicizzare impudicamente la salubrità del latte. Il moralista diventerà un allucinato peccatore, in una nemesi e in un contrappasso esemplari (e un po’ troppo meccanicamente prevedibili). Il meglio di Boccaccio ’70 è invece, imho (in my humble opinion), Il lavoro, l’episodio altoborghese-milanese diretto da un Visconti mai così cinico, con protagonista una giovane, incantevole e già molto sicura Romy Schneider nei panni (rigorosamente Chanel) di una ricca rampolla sposata a un nullafacente Tomas Milian, bello, indolente e ozioso. Quando lei scopre che il bellimbusto è coinvolto in un giro di ragazze-squillo (oggi si direbbe escort), minaccia la separazione. E quando il marito, pentito, cerca di riconquistarla, lei lo punisce dicendogli che sì, farà l’amore con lui a patto di essere pagata ogni volta esattamente come quelle squillo. Secco, glaciale apologo quasi brechtiano, con un’abrasiva visione della vita a due che sembra riecheggiare quel che aveva scritto un secolo prima Friedrich Engels, secondo cui il matrimonio altro non è che una forma di prostituzione mascherata. Monicelli in Renzo e Luciana mette in scena invece due giovani fidanzati della Milano proletaria e operaia, in un ritratto che oggi ci appare puntuale e prezioso di quegli anni, di quella realtà, di quella Milano. Conclude De Sica con La riffa, con una Sofia Loren prorompente regina del tirassegno in un luna-park che si mette in palio per i maschi di un paesino della Romagna: estrae il biglietto vincente il sacrestano, e ha tutta l’intenzione di riscuotere quanto promesso.
7.
Up, Sky Cinema Family, h. 21,00.
Enorme successo Pixar, uno dei tanti suoi. Questo poi ha ottenuto un paio di anni fa anche il plauso dei critici più refrattari al richiamo dei film d’animazione per via che il suo protagonista era, è, un vecchio signore dall’aria burbera e brontolona vagamente ricalcato somaticamente su Spencer Tracy, e ciò è sembrato coraggioso e rivoluzionario. Ma il film mantiene le promesse solo in minima parte. Up vive in una casuccia con l’adorata moglie, finchè lei muore, e la storia del loro amore e matrimonio e vita insieme è quella che dà senso al film, che poi però si perde. La casa del povero vedovo, sempre più misantropo, diventa intanto preda di speculatori che vorrebbero demolirla e mandare lui in istituto. Up con l’aiuto di un goffo ragazzino se ne volerà via con la sua casa-guscio ancorandola a una mongolfiera di palloncini e approderà nell’agognato Sud America a vivere le avventure che aveva sempre sognato. Prima parte – quella della vecchia coppia – sublime. Poi però il film scade in una banale avventura ai tropici con pesanti risvolti dark-horror, e perde parecchio quota. Up gode si legioni di estimatori che lo considerano un capolavoro. Non lo è, purtroppo. E’ solo un gran bel film per una mezz’ora.
8. La finestra sul cortile
, Premium Cinema, h. 1,00.
Uno dei più celebri e celebrati Alfred Hitchock, la sua commedia giallo-rosa-nera (con prevalenza di nero) meglio riuscita. James Stewart immobilizzato da una gamba ingessata scruta con il cannocchiale la casa di fronte e capisce che lì c’è stato un delitto. Ma l’assassino si rende conto che lui se n’è reso conto e cerca di farlo fuori. Per uno che non può muoversi sarà un’impresa salvare la pelle. Formidabile. Daloghi scintillanti, e una Grace Kelly meravigliosamente vestita in simil Dior (vita stretta e gonna a palla secondo la silhouette in uso in quei primi anni Cinquanta) perfetta come biondo e gelido angelo hitchcockiano. Il regista qui si scatena in una delle sue perversioni cinematograficamente preferite, il voyeurismo (la necrofilia dominerà invece La donna che visse due volte e il sadismo Psyco).
9. Non si uccidono così anche i cavalli?, Studio Universal, h. 23,20.
S’erano perse le tracce di questo gran film così tipico della Nuova Hollywood liberal tra anni Sessanta e Settanta, quella che sposava – e con ottimi risultati anche al box-office – impegno politico, critica al sistema (a tutti i sistemi, compreso quello cinematografico) e grande spettacolo. Firmato Sydney Pollack, con un cast che comprende l’attrice-simbolo di quell’era, Jane Fonda, Non si uccidono così anche i cavalli? ipnotizzò le platee e ottenne una paccata di nomination all’Oscar: con una storia che oggi sembra improponibile, ma che allora attirò milioni di spettatori worldwide. Ai tempi della Grande Depressioni, schiere di disoccupati ridotti alla fame vagavano per l’America disposti a tutto pur di tirar su qualche dollaro. Così qualcuno ebbe l’idea di inventare le maratone di danza, spettacoli di puro sadismo e voyeurismo in cui decine di coppie davanti al pubblico si sfidavano a chi resisteva di più. Vietato staccare, anche solo per un minuto, proibito riposarsi e dormire. Chi arrivava fino in fondo, e la gara poteva durare giorni e giorni, si prendeva la posta in gioco. Jane Fonda e Michael Sarrazin sono una coppia di disperati che partecipa a una delle maratone più sfiancanti, deve resistere, deve farcela a mettere le mani su quei maledetti dollari, ma non ce la farà. La gara di danza come metafora fin troppo trasparente della lotta per la sopravvivenza ai tempi del capitalismo arrembante e sregolato. Un film ultrapolitico e quasi brechtiano, che allora scosse profondamente (ma era il 1969). Memorabile, oltre ai due protagonisti, anche Susannah York, nella sua migliore interpretazione di sempre. Chissà a rivederlo oggi.
10 ex aequo. Black Hawk Down
, Sky Cinema Max, h. 0,45.
Bellico testosteronico del 2001 di Ridley Scott che va molto al di là del genere. Trattasi difatti del primo film sulle nuove guerre, quelle che scoppiano da qualche parte lontana del mondo e nelle quali l’Occidente è coinvolto in ambigue missioni dette di pace per paura di chiamarle con il loro nome e di allarmare l’opinione pubblica. Black Hawk Down ricostruisce un episodio cruciale degli ultimi decenni nei rapporti tra Stati Uniti (e Occidente) e paesi terzi, il massacro di un gruppo di soldati delle forze americane inviate in Somalia. Siamo nel 1992, il paese del Corno d’Africa si è inabissato in una crisi senza fine che alla carestia endemica aggiunge i conflitti tribali tra i vari signori della guerra. Senza più un governo e senza più un centro (e la crisi continua ancora oggi), e con il rischio di un genocidio, la Somalia diventa un problema internazionale. Washington decide di mandare, nell’ambito dell’operazione Unosom sotto egida Onu, una forza di pronto intervento per un periodo limitato di tempo: un’apparente missione di peacekeeping che sarebbe diventata per gli americani una trappola. In un raid contro il quartier generale di Aidid, il più potente signore della guerra somalo, i marines rimangono incastrati, 18 di loro moriranno, alcuni orrendamente trucidati e trascinati per le strade di Mogadiscio a perenne monito. Fu uno shock per l’opinione pubblica americana che spinse il presidente Clinton a ritirare le truppe. Il film di Ridley Scott ricostruisce quell’episodio traumatico, e lo fa secondo i canoni del più puro film bellico e d’azione contemporaneo, con ritmi vertiginosi e tensione adrenalinica. Il primo obiettivo del film è lo spettacolo, com’è nella tradizione del produttore Jerry Bruckheimer. Ma, rivisto oggi, in tempi di interventi in Afghanistan e in Iraq, e con un mondo sempre più complesso e destabilizzato, Black Hawk Down ci appare attuale e interessante soprattutto perché ripropone il dilemma fondamentale, per gli Stati Uniti e per l’intero Occidente, su che fare o non fare in simili crisi. Nel cast la meglio gioventù della Hollywood di inizio Duemila, Ewan McGregor, Eric Bana, Josh Hartnett, più il veterano Sam Shepard.
10 ex aequo. Dopo il matrimonio, Rai5, h. 23,05. FREE
Quest’anno la regista danese Susanne Bier si è portata via tutto con il suo In un mondo migliore, prima il Golden Globe e poi l’Oscar come migliore film straniero. Un successo che personalmente stento a capire, avendo trovato il film piuttosto mediocre, un film furbastro e ricattatorio che accoppia certi temi rubati al cinema di Haneke a una pornografia del dolore a volte intollerabile (le immagini nel villaggio africano). Ma i risultati, non c’è che dire, sono dalla parte della Bier, non nuova a grandi successi internazionali. Tanto da aver suscitato la rabbia e probabilmente anche l’invidia del connazionale Lars Von Trier (molto miglior cineasta di lei) che all’ultimo Cannes, nella famigerata conferenza stampa in cui si è lanciato in deliri antisemiti, ha attaccato pure la Bier. Insomma, questa signora danese di successo è un caso da studiare. Dunque va visto questo sul film del 2006 che ha per protagonista un signore che parte a far volontariato in India lasciandosi alle spalle una situazion esistenzial-familiare disastrata: con la quale, ovvio, dovrà fare i conti, perché signora mia dal proprio passato non si scappa mai. Io non sopporto il cinema della Bier, però qui c’è un attore che amo molto, il Mads Mikkelsen visto in Casino Royale e soprattutto in Valhalla Rising, capolavoro di Winding Refn.

E ancora
11. L’amore è una cosa meravigliosa, Cielo, h. 21,00. FREE
Lei cinese, lui inglese nella Hong Kong anni ’50: non può durare, e non durerà.
12. John Rabe, RaiTre, h. 21,05. FREE
Poco conosciuta storia di un tedesco che nella Nanchino minacciata dai giapponesi salvò migliaia di cinesi dal massacro.
13. Sin City
, Premium Cinema Energy, h. 23,00.
Dalla graphic novel di Frank Miller, un film dello stesso Miller con Robert Rodriguez: atto di fondazione di una nuova estetica cinemotografico-fumettara.
14. Apocalypto, Sky Cinema 1, h. 23,05.
Mel Gibson dopo The Passion affronta la fine dell’impero Maya. Tutto in lingua Maya yucateco.
15. Brooklyn’s Finest, Sky Cinema +24, h. 23,35.
Bellissimo poliziesco di Antoine Fuqua con Richard Gere e Ethan Hawke.
16. Kalifornia
, Rai4, h. 22,40. FREE
Brad Pitt e Juliette Lews coppia criminale per le strade d’America.
17. La prima cosa bella
, Sky Cinema Passion, h. 22,50.
Da Paolo Virzì, una storia tra la Roma di oggi e la Livorno anni Sessanta-Settanta, con una mamma bella e pazzerella.
18. Scontro tra Titani, Premium Cinema, h. 23,10.
Quella lotta all’origine dei miti greci, rifatta in versione neokolossal e con estetica da videogame.
19. Christine la macchina infernale
, Sky Cinema Classics, h. 22,50.
Una macchina cattiva e vendicativa, in un film che nasce dall’incontro tra John Carpenter e Stephen King.
20. Ricette d’amore, RaiUno, h. 21,10. FREE
Sergio Castellitto cuoco in Germania.





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