L’illusionista
Film d’animazione che riporta la gloriosa tradizione europea nel settore (meno tecnologica, più artigianale) ai fasti del passato. Con un paziente lavoro di tradizione, old-fashioned ma di suggestione indubbia, il francese Sylvain Chomet – che già aveva fatto centro con Appuntamento a Belleville – propone nel 2010 una storia che viene addirittura da una sceneggiatura sempre sognata e mai realizzata in cinema da Jacques Tati, e concessa a Chomet dalla figlia dell’autore di Monsieur Hulot. Un anziano illusionista sul finire degli anni Cinquanta deve lasciare le sale del circuito maggiore e ritirarsi in provincia perché ormai la sua arte non attirà più il pubblico, più interessato alle star del nascente rock. Incontra una bambina che crede ciecamente nella sua magia e che gli restituirà la stima di sè, e una visione più placata dell’esistenza. Il protagonista è tratteggiato sulla silhouette di Tati, con quella sua inconfondibile goffaggine, e questo rende il film ancora più intenso nel suo commovente omaggio. Anche se forse è proprio il patetismo il suo limite invalicabile. Grande successo in tutta Europa, ma anche il mercato americano lo ha accolto bene. Premi e nomination ovunque, compresa quella all’Oscar come migliore film di animazione.
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