The Ides of March (Le Idi di marzo),
regia di George Clooney. Con Ryan Gosling, George Clooney, Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood. Presentato a Venezia in concorso.
George Clooney regista azzecca un gran bel film. Ci si aspettava un’opera politica e nobilmente engagée, abbastanza gridata, piuttosto eplicita, di robusta impronta liberal hollywoodiana, con incorporato messaggio netto, forte e chiaro. Invece Mister Cooney ci sorprende con un film d’ombra e penombra, più di silenzi che di parole, cinico e crudele, di quella crudeltà sottile che ci hanno mostrato e insegnato i grandi weimeriani-hollywoodiani, i Wilder, i Siodmak, i Preminger. Cinema della minaccia, della sospensione, del non detto, della paura che mangia l’anima, e del migliore. Non si grida mai in Le idi di marzo (titolo di ispirazione shakespeariana, per ammissione dello stesso Clooney), però i sussurri e le allusioni sono armi letali, come i ricatti, le fughe di notizie pilotate, le rivelazioni a metà. Del plot si è molto detto. Morris è candidato democratico alle primarie e si sta preparando con il supporto del suo motivatissimo staff alla grande battaglia dell’Ohio, perché “chi vince in Ohio ha la nomination in tasca per Washington”. Naturalmente interpretato da Clooney, Morris è un ultraliberal con un programma molto obamiano, niente più interventi militari all’estero, diritti per tutti omosessuali compresi, redistribuzione della ricchezza a favore dei più svantaggiati, attenzione all’ambiente (“vi prometto che tra dieci anni non ci saranno più auto inquinanti”). Come può non piacere uno così? Però i sondaggi non sono così brillanti, l’Ohio è incerto, urge trovare una strategia vincente, urge soprattutto tessere alleanze, anche a costo di scendere a compromessi. Incominciano trame e complotti, in campo amico e nemico. L’addetto alla comunicazione di Morris, il suo speechwriter, un trentenne che lo adora (e che ha la faccia di Ryan Gosling, l’attore che sta salendo più velocemente di ogni altro in tutte le classifiche), scoprirà a poco a poco che anche il suo idolo non è immacolato. Mentre il voto dell’Ohio si fa sempre più incombente, dietro le quinte succede di tutto: rivalità, imboscate, ricatti, fughe di notizie sensibili ai giornali. Non manca una stagista, e si sa che le stagiste in politica portano guai, da Clinton in giù. La regola è confermata anche stavolta. Di lei (che è la meravigliosa e bravissima Evan Rachel Wood, vista il giorno prima qui a Venezia anche in Mildred Pierce di Todd Haynes) si innamora il bravo addetto stampa Gosling, solo che la ragazza ha già uno, e non è uno qualsiasi. Intorno al corpo della stagista si gioca la più sanguinosa delle battaglie, con diserzioni di campo e rovesciamenti di allenze. Ci saranno vincitori e vinti, e il bravo ragazzo alla fine si ritroverà anche lui meno innocente, molto meno. Un racconto morale sul potere, ma senza lagne e prediche, svolto con encomiabile economia di mezzi e con asciuttezza. Una messinscena di inganni e veleni e maschere e pugnali, dove a pagare sono i più fragili e i più ingenui. Clooney, che compare poco (il vero protagonista è Gosling), è però indimenticabile come politico piacione cui basta un sorriso sghembo per lasciar trasparire il demone.
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