Venezia 2011. Recensione: L’ULTIMO TERRESTRE (delude anche il terzo italiano)

L’ultimo terrestre di Gian Alfonso Pacinotti. Con Gabriele Spinelli, Anna Bellato, Roberto Herlitzka, Teco Celio. Sezione Venezia 68, in concorso per il Leone d’oro. Dal 9 settembre nei cinema italiani.
Intendiamoci, L’ultimo terrestre del fumettista Gipi (qui al suo cine-esordio) qualche bella idea ce l’ha, un’idea di stile pure, e per la prima mezz’ora lascia ben sperare. Insomma, è meglio dei film di Crialese e della Comencini. Ma proprio quando pensi di avercela fatta a vedere un titolo italiano decente in concorso, va tutto in cortocircuito, e L’ultimo terrestre esplode e si autodistrugge. Peccato.
Allora, va detto subito che tra i tre film italiani del concorso questo è il meglio, o il meno peggio. L’ultimo terrestre ha qualche idea, tenta strade meno ovvie, riesce a farci sorridere e qualche volta ridere, ha una vena di surrealtà gentile che si fa apprezzare. Però il risultato finale, la sommatoria dei vari addendi, è un film sballato e sbagliato, che non ce la fa a tirar su le disastrate sorti del cinema italiano qui alla Mostra.
(Mentre sto scrivendo vedo passare su uno schermo le immagini della conf. stampa con regista e interpreti di L’ultimo terrestre, e le domande della platea giornalistica sono come al solito compiacenti e morbide, qualcuno cerca perfino di spingere il regista a dire che il suo è un film politico: roba da pazzi).
Si parte bene, con Luca, un nerd brutto e gentile di animo buono che lavora in un bingo con della gentaglia, è solo come un cane, vive in un complesso residenziale in qualche hinterland probabilmente piemontese-lombardo di edilizia nuova e già in rapido degrado, con piscine piene di insetti, serrande che non funzionano, spazi e muri bianchi che sembrano quelli di un carcere di massima sicurezza.
(Intanto sento questa domanda posta in conf. stampa da una signora: “chiedo al regista chi possa essere oggi l’extraterrestre in grado di far scoppiare le contraddizioni italiane”. Testuale.)
Luca (di cognome Beccacci) ha un padre – che è Roberto Herlitzka, come sempre il più bravo di tutti – che vive in campagna, ha come unico amico Roberta, di mestiere travestito. L’unico sesso che Luca pratica è con una matura prostituta, una borghese decaduta che lo tratta come un pezzente (“ma come puoi andare in giro con una camicia così spiegazzata?”) e lo riceve in una smisurata casa dai mobili in vendita e con più letti: il cliente dallo status sociale più elevato va in quello migliore, con la tariffa più alta (ed è una delle cose più azzeccate del film).
Per tre quarti d’ora e anche più si seguono le avventure minime di Luca Beccacci, si ride anche se abbastanza amaramente, ci si affeziona a questo omino qualunque perso nel gran mare del mondo, di questo mondo fracassono e volgare che adora i vincenti e non ha pietà per gli sfigati come lui. Si incomincia a sperare di vedere finalmente un bel film italiano in concorso per il Leone, magari di salutare la nascita di un nuovo autore come Pacinotti (che poi è il fumettista Gipi). Invece di lì a poco tutto si sfascia. È che si cambia registro, si passa di colpo dalla commedia surreal-tenera al drammatico e quasi al tragico con quello che succede al trans Roberta. Non bastasse, incombe sul mondo e sul film l’invasione degli alieni, che sono proprio come gli alieni dei fumetti e dei B-movies, con gli occhioni a mandorla un po’ manga e le braccine e il capoccione. Alieni che ahinoi entrano incongruamente nel racconto e lo sballano, lo deviano verso non si sa più quale altro film, lo imbastardiscono. In conf. stampa Pacinotti ha appena detto che lui ha sempre amato mescolare registri diversi, chissà, forse nella graphic novel funziona, di sicuro non funziona per niente in questo Ultimo terrestre. La seconda parte è ahinoi terribile, e rovina quello che di buono la prima aveva lasciato intravedere. Forse ci voleva una mano più ferma e professionale in fase di sceneggiatura, più mestiere, più sorveglianza e controllo da parte della produzione. Peccato. Meglio di Crialese e Comencini, però resta un’occasione mancata. Segnalazione per il protagonista Gabriele Spinelli, bravo davvero nel restituire lo smarrimento e la mansuetudine del suo povero Luca. Qualche applauso a a fine proiezione, e il resto è silenzio.

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