È ufficiale: la commissione incaricata di designare il film italiano per gli Oscar ha scelto Terraferma. C’era di meglio del convenzionale titolo di Crialese (ad esempio Noi credevamo di Martone e La doppia ora di Capotondi, che ha realizzato negli Usa ottimi incassi). Ma proprio la sua convenzionalità, il suo proporre un’Italia ferma all’immaginetta popolaresca e pseudoneorealista anni 40-50, potrebbe farne un successo all’estero e procurargli il favore dei giurati dell’Academy. E allora, scelta sbagliata dal punto di vista della qualità, ma furba.
Il meccanismo che stabilisce i concorrenti all’Oscar per il migliore film in lingua straniera è alquanto anomalo (e bizzarro). La prima mossa non spetta alla Academy of Motion Picture Arts and Sciences, ma all’apposita commissione che in ogni paese sceglie un titolo, e uno solo, della produzione nazionale dell’anno e ne fa il candidato di bandiera all’Academy Award. Il totale dei vari candidati nazionali fa più o meno 7o film, ed è tra questi che l’Academy opererà poi una prima selezione di nove titoli, successivamente ridotti alla rosa dei cinque finalisti (le nomination vere e proprie) e al vincitore.
Scusate la spiega, ma era necessaria per fare un po’ di chiarezza in materia e non incorrere in confusione quando si leggono su carta e online titoli come ‘Terraferma candidato agli Oscar’, che è poi notizia di oggi. Se qualcuno lascia intendere che il film di Crialese abbia ottenuto la sospirata nomination nella cinquina finale o è in malafede e ciurla nel manico per magnificare il cinema nazionale, o è disinformato. Perché al momento siamo solo alla fase numero uno, ai nastri di partenza: la commissione italiana appositamente nominata dall’Anica ha scelto Terraferma come nostro rappresentante, il resto spetta all’Academy, che in gennaio comunicherà le sue nomination. E che inserisca anche il film di Crialese non è per niente scontato, anche perché i concorrenti quest’anno sono particolarmente forti. L’elenco non è ancora completo, ma già oltre 40 paesi hanno comunicato quale sarà il proprio film-bandiera, e Crialese se la dovrà vedere con titoli di gran peso. Eccone solo alcuni: il libanese E adesso dove andiamo? di Nadine Labaki, lanciatissimo in terra americana dopo il premio appena vinto al Festival di Toronto; Le Havre di Kaurismaki (Finlandia); il bellissimo iraniano Una separazione vincitore a Berlino; Footnote (Israele), che a Cannes si è portato via il premio per la migliore sceneggiatura; The Turin Horse di Bela Tarr (Ungheria); Monsieur Lazhar (Canada), vincitore a Locarno del premio del pubblico; Pina di Wim Wenders (Germania); Dichiarazione di guerra di Valérie Donzelli (Francia). E ancora, il commovente A Simple Life (Hong Kong); Attenberg di Athina Rachel Tsangari (Grecia); Miss Bala (Messico), un film che a Toronto ha ricevuto recensioni entusiaste (chi volesse conoscere l’elenco aggiornato dei film, paese per paese, dia un’occhiata alla pagina speciale di IndieWire).
Lunga è la strada verso la nomination per Crialese, e irta di ostacoli. Anche perché quando si tratta di Oscar al migliore film straniero tutto è possibile, ogni bizzarria è consentita, come ha ricordato Peter Knegt, sempre su IndieWire. Sarà che a Hollywood lo considerano un Oscar minore, sarà che quelli dell’Academy spesso non conoscono i film candidati e finiscono col votare l’unico (o quasi) che hanno visto, fatto sta che a vincere non sono sempre i migliori, anzi il più delle volte succede il contrario. Nelle ultime tre edizioni le scelte sono parse particolarmente infelici. Quest’anno ha vinto il mediocre In un mondo migliore della danese Susanne Bier, incredibilmente preferito a Incendies (Canada), Dogtooth (Grecia) e Biutiful (Messico). L’anno scorso l’argentino Il segreto dei suoi occhi, pur non malvagio, aveva avuto però la meglio su due quasi-capolavori come Un prophète e Il nastro bianco. Molto discussa pure l’assegnazione dell’Oscar 2009, con il giapponese Departures che aveva prevalso su due film formidabili come l’israeliano Valzer con Bashir e il francese La classe.
Il meccanismo di selezione, con la prima mossa affidata alle commissioni nazionali, è poi troppo farraginoso, e non si capisce perché non sia l’Academy a scegliere subito i candidati dei vari paesi (o forse lo si capisce fin troppo bene, visto che così risparmiano tempo e fatica). Per non parlare delle polemiche che puntualmente accompagnano certe scelte delle suddette commissioni. Da giorni su tutti i siti di cinema del mondo si parla della zuffa scoppiata in Russia dopo la designazione di Sole ingannatore 2: la cittadella di Nikita Mikhalkov quale candidato nazionale all’Oscar come migliore film in lingua straniera, designazione fatta da una commissione di cui facevano parte lo stesso Mikhalkov e il fratellastro Andrej Konchalovsky. Il film, nonostante il totale insuccesso di critica e pubblico in patria, è stato preferito a titoli come Faust di Sokurov, recente Leone d’oro a Venezia, e Elena di Andrey Zvyagintsev, molto ben accolto a Cannes, e naturalmente si è gridato allo scandalo. E l’anno scorso la stampa Usa aveva pesantemente criticato la scelta italiana di designare La prima cosa bella di Paolo Virzì, film che da quelle parti nessuno conosceva (e che difatti poi non ha ottenuto la nomination), al posto di Io sono l’amore di Luca Guadagnino, che invece in America era andato molto bene incassando 6 milioni di dollari e che avrebbe avuto ottime chance di farcela. Un autogol che l’Italia ha pagato caro.
Adesso la nostra scelta per i prossimi Oscar (verranno assegnati il 26 febbraio 2012) è caduta su Terraferma di Emanuele Crialese. Da notare che della commissione selezionatrice faceva parte stavolta anche Luca Guadagnino (un risarcimento?), insieme a Nicola Borrelli (Direttore Generale Cinema), Marco Bellocchio (regista), Martha Capello (presidente AGPC), Francesca Cima (produttrice), Tilde Corsi (produttrice), Paola Corvino (presidente UNEFA), Valerio De Paolis (distributore) e Niccolò Vivarelli (giornalista). C’è da dire che Terraferma è stato scelto oggi (28 settembre 2011) tra una rosa di otto film precedentemente definita che comprendeva anche Corpo celeste di Alice Rohrwacher, Habemus Papam di Nanni Moretti, Nessuno mi può giudicare di Massimiliano Bruno, Noi credevamo di Mario Martone, Notizie degli scavi di Emidio Greco, Tatanka di Giuseppe Gagliardi, Vallanzasca, gli angeli del male di Michele Placido.
Quello di Crialese è davvero il film migliore, e la scelta migliore che si potesse fare? Come ho già scritto su questo blog ritengo Terraferma un brutto film, e un film sbagliato, il peggiore tra i 23 in concorso alla recente Mostra del cinema di Venezia, dalla quale è immeritatamente uscito con il Premio speciale della giuria. Noi credevamo di Martone era, è, il titolo di gran lunga migliore della rosa, e si sarebbe meritato la designazione al posto di Terraferma (e anche il Moretti di Habemus Papam, pur non eccelso, sarebbe stato meglio). Eppure, nonostante la mia avversione per il film di Crialese, ritengo che la commissione abbia fatto una scelta azzeccata. Non dico la scelta migliore e più giusta, dico la più furba e azzeccata, che è un’altra cosa.
Cerco di spiegare il paradosso. Penso che Martone non avrebbe avuto nessuna chance di arrivare in nomination: Noi credevamo è troppo ostico, le sue tortuosità risorgimentali incomprensibili all’estero, soprattutto in terra americana, nessuno lo avrebbe mai votato. Nemmeno Habemus Papam era seriamente candidabile dopo la cattiva accoglienza a Cannes da parte della stampa mondiale, che forse si aspettava un’opera-scandalo o almeno corrosiva sul Vaticano ed è invece rimasta delusa e spiazzata da un film per niente provocatorio. Terraferma invece è di quei film che ancora presentano una Sicilia e un’Italia convenzionali, fatte di pescatori generosi e pittoreschi, di donne mediterranee che ripropongono il prototipo e lo stereotipo Anna Magnani-Sofia Loren. Insomma, quell’Italia pseudoneorealista che continua a far impazzire gli stranieri, anche se fintissima e ormai inesistente. Ma è proprio questa insostenibile convenzionalità di Terraferma, questo suo anacronismo, che potrebbe farne la fortuna sul mercato nordamericano e nella corsa agli Oscar. Potrebbe. Perché le reazioni della stampa anglosassone dopo la presentazione a Venezia sono state miste, e non compattamente entusiaste come si è riportato in Italia con una certa faciloneria. A Toronto poi è passato quasi inosservato, sommerso da molti altri titoli che hanno calamitato l’attenzione dei media (il solito, ma sempre molto autorevole IndieWire registra una sola recensione, e il sito Rotten Tomatoes neanche ne parla). Ma insomma, proprio grazie al suo cartolinesco ritratto del nostro paese il film di Crialese potrebbe piacere molto ai giurati degli Oscar e arrivare almeno alle nomination. Ragionando in termini puramente utilitaristici e non di qualità o merito, la commissione selezionatrice ha dunque fatto la scelta più astuta, visto che gli altri film della rosa non avevano la minima possibilità.
Però la scelta migliore in assoluto sarebbe stata un’altra: La doppia ora, lo psico-thriller di Giuseppe Capotondi con Filippo Timi e Ksenia Rappoport presentato un paio d’anni fa a Venezia nell’indifferenza solita dei soliti critici italiani, uscito senza grandi riscontri nei nostri cinema e che invece, lanciato qualche mese fa nel circuito arthouse americano con il titolo The Double Hour, è stato accolto molto bene dalla stampa e dal pubblico, realizzando l’insperato incasso di un milione e mezzo di dollari. Non sono i 6 che l’anno scorso riuscì a raccogliere negli Stati Uniti Io sono l’amore di Guadagnino, ma è pur sempre una performance rispettabile per un film italiano, il sesto migliore incasso del nostro cinema sul difficile mercato Usa dal 2001. Sarebbe stato il nostro candidato ideale agli Oscar. Ma chi volete che in Italia si sia accorto del successo Usa di La doppia ora?
2 risposte a ‘Terraferma’ di Crialese agli Oscar: brutto film, ma scelta furba