Gli uccelli, Iris, ore 21,05.
Non solo uno dei più grandi successi commerciali di Alfred Hitchcock, ma anche uno dei suoi lavori più geniali e profetici, uno di quei film in cui Hitch riusciva a vedere lontano e ad aprire nuovi orizzonti cinematografici, perfino a fondare nuovi paradigmi narrativi. In Gli uccelli (che è del 1963) c’è già moltissimo dell’horror che verrà, c’è la crudeltà che si fa spettacolo, il sadismo che viene sfacciatamente esibito davanti allo spettatore e non cerca più alcun alibi, alcuna giustificazione alla propria efferatezza: la scena di Tippi Hedren beccata dagli uccelli assassini è terribile almeno quanto la morte sotto la doccia di Psycho, e queste due sequenze sfondano una barriera, varcano un confine, dopo il cinema non sarà più lo stesso (e forse bisogna aggiungere a questi due Hitchcock anche Peeping Tom-Lo sguardo che uccide di Powell-Pressburger). Con Gli uccelli il thriller lascia il posto all’horror nella sua forma moderna. La storia è nota: in una cittadina della baia di San Francisco gli uccelli impazziscono e diventano ferocissimi killer. Contano solo le scene degli assalti omicidi degli orridi pennuti, nient’altro importa. Tra l’altro, è anche il film capostipite del genere animali assassini, anticipatore dei vari squali, piranha, caimani che a partire dagli anni Settanta invaderanno gli schermi e popoleranno i nostri incubi. Perché all’inizio, prima di tutto e di tutti c’è stato lui, Hitchcock.
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