NCL Extra: tutto quello che non è cinema in questo blog di cinema
Sono un interista moderato, che vuol dire appassionato ma senza esagitazioni e isterismi. Pur avendo un’età, e pur avendone viste di tutti i colori nerazzurri, dai trionfi di Moratti primo (ero poco più che un infante) al blackout dei decenni successivi ai trionfi e tonfi di Moratti secondo, non sono di quelli che pensano che l’essenza dell’interismo sia la sindrome bipolare, che una volta si sta su e poi si precipita, che se gioisci poi devi soffrire il doppio e pagare con interessi smisurati. Non sono di quelli convinti che il bello dell’essere interisti, e il destino dell’essere interisti, è di nobilmente soffrire, che la sofferenza è il segno araldico della nostra distinzione e superiorità, ciò che ci permette di non confonderci con lo sbraco volgare degli altri. No, io di questa retorica severgniniana della nobiltà nerazzurra nel dolore non voglio sapere. Resto della banale opinione che sia meglio vincere che perdere, che perdere fa male, dunque stasera sto male. Con la Juve è finita com’è finita e siamo in zona color rosso retrocessione. Bisogna agire. Butto lì due o tre, anche quattro, sull’onda della rabbia e della delusione.
1) La squadra è in mano a un gruppo di senatori inamovibili. Con tutto il rispetto che gli si deve, bisogna azzerare il loro potere.
2) In ogni società seria, mica solo di calcio, chi sbaglia paga. Qui non paga mai nessuno. Campagna acquisti disastrosa, invecchiamento della squadra senza che nessuno sia mai intervenuto seriamente a impedirlo: chi ha reso possibile questo se ne deve andare via. Non si tratta di ricerca del capro espiatorio (sono un lettore di René Girard, come potrei?), si tratta di rimuovere degli incapaci.
3) L’Inter soffre delle tipiche magagne di una società di corte. Inter come Versailles, con Moratti indiscusso Re Sole che da solo decide e nulla delega. Come in ogni Palazzo, abbondano i cortigiani, i quali cercano di ingraziarsi con ruffianaggini e piaggerie il re. Versailles deve lasciare il posto a un sistema meno assolutistico, meno incentrato sulla figura del sovrano che capricciosamente dispensa favori e disfavori. Si deve passare dall’ancien régime alla modernità, che vuol dire una proprietà distinta dai manager che la gestiscono, e maggiore trasparenza.
4) Moratti lasci. Con tutto l’affetto e la gratitudine che gli dobbiamo, è venuto per l’Inter il momento di voltare pagina. C’è bisogno di una gestione meno affettiva e più lucidamente manageriale, anche più fredda e razionale. Bisogna portare l’Inter a essere una società in grado di competere, a livello di fatturato e di forza di immagine (che vuol dire più soldi), con i top team inglesi e spagnoli. Bisogna costruire uno stadio di proprietà (nonostante l’asfissiante burocrazia ci si deve riuscire, a qualunque costo). Perché questo avvenga ci vogliono più investimenti. Moratti concluda questa stagione, ma metta sul mercato già da oggi la società (senza che nulla si sappia, ovvio), cerchi di individuare possibili acquirenti affidabili. Difficile? Sì, difficile. Ma non ci sono solo gli oligarchi russi o gli emiri, c’è anche l’esempio delle società spagnole ad azionariato diffuso modello public company. Avanti con la creatività, si inventi se necessario un nuovo modello aziendale, e poi si agisca di conseguenza. Un’era è finita, prima si volta pagina e meglio è.