La mala educación, Retequattro, ore 0,10.
Non sono un grande fan dell’Almodóvar anni Duemila, quello che si colloca tra il sovrastimato Tutto sua mia madre e i recenti Gli abbracci spezzati e La pelle che abito. Trovo che ormai si sia incartato in un manierismo che ripropone all’infinito gli stessi temi, anzi le stesse ossessioni. Ma con tutte le riserve che si possono avere su di lui, bisogna ammirarne la capacità, che si è
affinata con il tempo fino a diventare viruosistica, di raccontare storie complesse e di incrociare molteplici piani narrativi e temporali senza mai annoiare lo spettatore. Riassumere la contortissima trama di La mala educacion (2004) è impossibile, molto meglio vederlo. Anche se non ha avuto lo stesso successo di Tutto su mia madre e Parla con lei, è a mio parere il vertice almodovariano della decade, un film che riesce a mantenersi miracolosamente in equilibrio tra spinte opposte e un sovraccarico di materiali narrativi. Storia di fratelli, collegi, abusi infantili, droghe, vendette ed eccessi vari. Un melodramma con ampi innesti noir che appassiona e non dà tregua e che trova in Gael Garcia Bernal un interprete magnifico, anche (soprattutto) en travesti: vitalistico, ossessivo, debordante, sfrontato, degno del Banderas del capolavoro assoluto di Almodóvar, La legge del desiderio.
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