La tregua, Rai Storia, ore 21,00.
Nel 1997 Francesco Rosi, uno dei nomi massimi del cinema civile all’italiana, mette in immagini e in cinema uno dei libri più famosi di Primo Levi. Il quale in La tregua raccontò gli ultimi giorni nei lager nazisti, prima che l’avanzata a tenaglia di russi e americani mettesse fine a quegli orrori (però, soprattutto sul fronte russo, altri problemi sarebbero seguiti). Un libro autobiografico, in cui l’ingegnere-scrittore di Torino deportato ad Auschwitz perché ebreo ricostruisce l’uscita dal campo insieme ad altri prigionieri, e la traversata dell’Europa centro-orientale fino al ritorno a casa. Francesco Rosi illustra fedelmente, e ci consegna il ritratto di un continente devastato dalla guerra, e di uomini ancora più devastati del paesaggio che stanno percorrendo. Un ritorno che è avventura anche dell’anima, riconquista di una vita possibile dopo l’abisso. Allora il film fu accolto male, sembrò irrimediabilmente datato, ancorato a una visione di cinema lontana e superata. Francesco Rosi era a suo modo un sopravvissuto, il meglio lo aveva dato e raggiunto almeno venticinque anni prima. Però, rivedendo questo La tregua, gli vanno riconosciute parecchie cose, il mestiere, il coraggio di cimentarsi con temi grandi, e con la Storia (sì, con la maiuscola, vivaddio). Non si può dire che il minimo cinema italico di oggi, che si accontenta quasi sempre di volare basso, abbia lo stesso coraggio e le stesse ambizioni. Cast capitanato da John Turturo, però ci sono anche Massimo Ghini, Claudio Bisio e perfino Andy Luotto, facce anche da commedia che introducono una nota di picaresco in questo affresco storico.
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