Film da non perdere stanotte sulle tv gratuite: ARTISTI SOTTO LA TENDA DEL CIRCO: PERPLESSI (domenica 27 novembre 2011)

Artisti sotto la tenda del circo: perplessi, di Alexander Kluge, 1968. Su Rai Tre (Fuori Orario) alle ore 3,35. Preceduto all’1,55 da un altro film di Kluge, La magia dell’anima oscurata (2007).
In my (humble) opinion, uno dei titoli più belli della storia del cinema. Un titolo che è una strepitosa invenzione linguistica, fino a entrare nella cinemitologia e trasmutarsi nel tempo in una sorta di mantra, una formula verbale di enorme potere evocativo, immaginifica, che ha finito col divorare lo stesso film che l’ha generata. Sicchè siamo arrivati al paradosso di un titolo celebre e stracitato di un film dimenticato e poco visto. Anche allora, nell’anno del signore 1968 (e non dico altro), Artisti fu più chiacchierato e discusso che davvero visionato da pubblico e critici. Però, è un pezzo di storia del cinema, non si discute. Basti solo ricordare che Artisti sotto la tenda del circo: perplessi del tedesco Alexander Kluge (l’originale suona ancora più oscuro e arcano: Die Artisten in der Zirkuskuppe: Ratlos) si prese il Leone d’oro a Venezia nell’edizione 1968, nel clima contestativo e di furore e fervore ideologico che si possono immaginare. Mostra che rischiò di essere bloccata, come era peraltro accaduto pochi mesi prima al festival di Cannes, ma che giunse fortunosamente in porto con la vittoria di quest’opera di Kluge, uno dei padri fondatori del Nuovo Cinema Tedesco (quello per capirci dei vari Werner Herzog, Wim Wenders, Rainer Werner Fassbinder). Il Leone ad Artisti suscitò reazioni di ogni tipo, perplessità in linea con il titolo, e la rabbia di Carmelo Bene, in concorso pure lui con Nostra Signora dei Turchi. Ricorda la sua compagna di scene e di vita Lydia Mancinelli: “Quell’anno per ragioni politiche (il premio) venne dato a Alexander Kluge che vinse il Leone d’oro con Artisti sotto la tenda del circo perplessi, ch’era un film mediocre… “. Da allora il film è sprofondato se non nella dimenticanza, certo nella penombra, citato tutt’al più per il riconoscimento a quella storica mostra al Lido e mai per quel che vale o non vale. Il suo regista del resto avrebbe da allora firmato solo pochissimi film, chiamandosi fuori dalla ribalta, al contrario dei suoi colleghi Herzog, Wenders e Fassbinder, che a partire dai primi anni Settanta divennero via via sempre più prolifici e famosi anche fuori dalla Germania. Adesso Fuori Orario, la notturna fascia di cinevisioni curata da Enrico Ghezzi, omaggia Kluge con un ciclo breve di cinque suoi film tratti dalla retrospettiva che gli dedicò il festival di Venezia nel 2007. Tre sono già stati trasmessi ieri, stanotte tocca, oltre ad Artisti, anche a La magia dell’anima oscurata. Credo che sarà emozionante vedere-rivedere Artisti sotto la tenda del circo: perplessi, perché è uno di quei rari lavori la cui storia si è intrecciata alla Storia, e che sanno restituirci il profumo e anche il tanfo dei suoi tempi. Che furono tempi di lotte e di cecità ideologiche, dominati ossessivamente dal sogno di cambiare il mondo e di rigettare l’esistente come malvagia opera della (presunta) demoniaca borghesia. Kluge ci racconta della trapezista (e già questo!) Leni che alla morte del padre eredita il circo. Vorrebbe cambiarlo, rivoltarlo, anzi rivoluzionarlo, ma non sa dire come. Artisti è la cronaca e la radiografia del tentativo di Leni, che non riuscirà a convincere coloro che lavorano con lei e si dovrà arrendere all’impossibilità del cambiamento. Cinema di pura avanguardia, come la si intendeva allora. Kluge, fra tutti gli autori del Nuovo Cinema Tedesco, è il più radicale e il più coerentemente ideologico, fino a trasformare i suoi film da racconto, da narrazione in manifesto politico (e anche di rivoluzione liguistica e di stile), esattamente come stava facendo in quegli stessi anni, ma a Parigi, al di là del Reno, Jean-Luc Godard. In Kluge e Godard c’è lo stesso afflato militante, lo stesso furore politico, la voglia e l’ambizione smisurata di fare del cinema un’arma per il cambiamento e per l’istruzione delle masse. Entrambi si rifanno alla lezione di Bertolt Brecht, inserendo nelle proprie opere degli a-parte (spieghe, sparietti, cartelli, digressioni) didascalici che interrompono il flusso narativo e hanno la pretesa di dettarne allo spettatore la chiave interpretativa. Artisti sotto la tenda del circo: perplessi ospita e dà spazio al discorso politico, è esso stesso un discorso politico, le discussione di Leni con i suoi colleghi asomigliano alle assemblee studentesche che in quei mesi imperversavano nelle università occupate di tutta Europa, da Parigi a Berlino a Milano. Nel tessuto narrativo vengono inseriti corpi estranei, pezzi di cinema realistico-documentario, interviste, voci altre. Il risultato è un film che nella sua forma e nella sua sostanza cerca di dare corpo a tutti i desideri e le ossessioni rivoluzionarie di allora, quasi ingiudicabile come puro oggetto filmico eppure testimonianza preziosa e possente del tempo che l’ha generato. Artisti travalica il cinema e si fa Storia, e sta in questo la sua bellezza e il suo fascino, che ancora oggi resistono al di là del suo caduco aspetto ideologico e immediatamente militante. Chiaro che nel film il circo sta per altro, trattasi davvero e smaccatamente di una metafora. Il circo sta – negli intenti di Kluge – per il cinema, di cui urge un cambiamento radicale. Ma finisce con il diventare metafora della Germania tutta di quel periodo, anzi del mondo intero, che i giovani vorrebbero rivoluzionare e mandare al macero per sostituirlo con qualcosa d’altro. Il tentativo di Leni fallisce, come fallirà il movimento degli studenti. Pochi film come questi hanno intercettato il flusso della Storia o, meglio, ne sono stati intercettati. Per questo Die Artisten in der Zirkuskuppe: Ratlos bisognerà pur vederlo, stanotte o un’altra notte.

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