Film-cult stanotte sulle tv gratuite: BORA BORA (domenica 8 gennaio 2012)

Bora Bora, Rai Movie, ore 2,25.
Stare svegli o ricorrere a videorecorder o altre diavolerie tecno-digitali, perché è il caso di non perderselo questo film. Leggendario B-movie dell’anno del Signore 1968, in cui non si pensava solo a fare la rivoluzione per le strade e a occupare università e ogni altra cosa occupabile, ma anche a praticare il più freneticamente e intensamente possibile il libero amore. L’eros sottratto alle regole e alle restrizioni e dichiarato forza motrice dell’esistenza è l’altra faccia e forza del sommovimento che percorse gli anni Sessanta, la meno immediatamente politica, la più oscura e pulsante, ma quella che più avrebbe inciso sui comportamenti collettivi (per dire, il consumo sessuale di massa di oggi viene tutto da lì). Il cinema italiano, e non solo, rifletteva come poteva quel clima, e Bora Bora fu uno dei primi e massimi esempi. Titolo maudit (fu censurato, ritirato, rimesso in circolazione) e titolo fondativo, perché è da qui che parte il genere erotico-esotico degli anni Settanta, il cinema della selvaggeria degli istinti liberati e sfrenati in remoti e sempre pittoreschi e primitivi altrove. Quello, per capirci, che avrebbe dato Il dio serpente, la serie Emanuelle nera, e i primi Zeudi Araya-movies (La ragazza dalla pelle di luna ecc.). Come se ci fosse bisogno della lontananza e di una (presunta) incontaminata natura rousseauiana per far cadere le barriere e i tabù borghesi. Dirige Ugo Liberatore, regista-sceneggiatore di film che hanno lasciato il segno e che un giorno o l’altro dovrebbe essere riproposto e riconsiderato (sto cercando da anni di ritrovare il suo Lovemaker con Antonio Sabato e Doris Kunstmann e non ci sono ancora riuscito, se qualcuno avesse utili indicazioni al riguardo lasci una nota, grazie). Roberto (Corrado Pani nel suo forse più grande successo cinematografico) vola a Tahiti – e Gaugain è citato in apertura attraverso un suo dipinto – per recuperare la moglie. Scoprirà che lei si è messa con un nativo, appagata da una sessualità che con il consorte non aveva mai conosciuto. La primitività dell’atmosfera incendia i sensi di chiunque, Roberto compreso, che avrà anche lui una storia con una tahitiana, mentre una svedese mostra a tutti cosa significhi la libertà nordica dei costumi trapiantata in terra esotica. Attraverso i rispettivi tradimenti, praticati senza gelosia e invece con morboso voyuerismo reciproco, la coppia scoprirà qualcosa di sè, forse i due si ritroveranno. Cinema di serie B, ovvio, che punta spregiudicatamente su elementi sensazionali, a partire dal titolo che subliminalmente allude al gergo sessuale italiano, ma anche un film che ha assunto con il passare del tempo una statura speciale, di titolo spartiacque, di testimonianza e manifesto di un cambiamento del sentire collettivo. Anche messa in  scena e in cinema di un incontro-scontro di civiltà in camera da letto, anzi sotto bungalow e frasche. Anche prefigurazione inconsapevole di ogni turismo sessuale successivo. Enorme successo al botteghino. Io me lo ricordo anche ben girato e fotografato, e ricordo soprattutto la protagonista, una Haydée Politoff fantastica, che si portava dietro l’aura rohmeriana di La collezionista, il film che l’aveva scoperta e lanciata.

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