I premi maggiori sono andati a quelli gli Hollywood watchers da settimane davano per favoriti: George Clooney, Jean Dujardin, Michelle Williams, Meryl Streep. Peccato per il Fassbender di ‘Shame‘ e la Tilda Swinton di ‘We need to talk about Kevin’, nominati ma non vincitori. Ottimo il Golden Globe come migliore film straniero all’iraniano ‘Una separazione’, pessimi i tre premi a ‘The Artist’, il mediocre e furbetto film francese senza parole. Però il vero trionfatore si chiama Harvey Weinstein.
Ieri qualche ora prima della cerimonia avevo stilato i nomi dei favoriti ai Golden Globes per le categorie maggiori: bene, tutti centrati. Ecco la lista e verificate please sul precedente post: The Descendants (in Italia dal 17 febbraio con il titolo bruttarello di Paradiso amaro) migliore film categoria Drama, The Artist miglior film cat. Comedy or Musical, George Clooney miglior attore protagonista cat. Drama per The Descendants, Jean Dujardin miglior attore protagonista cat. Comedy per The Artist, Meryl Streep e Michelle Williams, rispettivamene miglior attrice protagonista cat. Drama per The Iron Lady, il biopic di Margaret Thathcher, e cat. Comedy per My Week with Marilyn. Così scrivevo e così è andata (rimando al sito ufficiale dei GG per la lista completa dei premi).
Se li ho azzeccati non è per doti di veggenza, che non possiedo, ma banalmente perché da settimane e settimane erano indicati come massimi favoriti da tutti i siti di Hollywood watching, e tutto è andato come stava scritto. L’edizione di Golden Globes con meno sorprese della storia. Non sto dicendo che i riconoscimenti siano immeritati (qualcuno però sì), dico solo che un qualche brivido non avrebbe guastato, invece è stata la noia. Mi spiace che Michael Fassbender non abbia preso il GG come miglior protagonista, però Clooney mica l’ha rubato, quella di The Descendants è probabilmente la miglior performance della sua carriera. Mi spiace anche che non ce l’abbia fatta la Tilda Swinton di We need to talk about Kevin, però non è un disastro perdere con quella living legend di Meryl Streep. Non si può discutere il GG a Martin Scorsese quale miglior regista per Hugo Cabret, film adorato dai critici e disastroso al box office, che in Italia uscirà il 3 febbraio. Sacrosanto il premio a Spielberg per Tintin migliore film animato e quasi doveroso quello al bellissimo iraniano Una separazione come migliore film in lingua straniera.
Però. Però, e già lo scrivevo ieri, lo scandalo è stata l’esclusione di A Tree of Life da ogni nomination. Ma vogliamo scherzare? Una volta tanto che il cinema americano produce un capolavoro vero e mica per finta la Foreign Press, cioè la potente associazione dei giornalisti stranieri a Hollywood che vota per i Golden Globes, lo pialla via, roba da matti. Poi l’altra cosa che grida vendetta di questa edizione è la pioggia di candidature per The Artist, il film muto di Michel Hazanavicius, che alla fine di Golden Globes se ne è portati a casa ben tre e tutti di prima classe: miglior film cat. Comedy, Jean Dujardin miglior attore cat. Comedy, e migliore sceneggiatura. Troppi. L’unico meritato è quello a Dujardin, gli altri sono francamente immotivati per questo film francese furbetto, costruito con mestiere ma che non va oltre la sua brillante ideuzza di partenza, cioè quella di realizzare oggi un film alla maniera del cinema muto. Non aggiungerò altro, perché di The Artist ho già malparlato più di una volta e non voglio stancare gli (eventuali) affezionati lettori di questo blog. Però, insomma, cos’ha mai questo filmuccio carino e caruccio ma di piattezza e banalità e prevedibilità assolute per meritarsi tutto questo? Che poi rischia di bissare agli Oscar, per cui naturalmente è dato gran favorito. Perché il bersaglio grosso è quello, gli Oscar, i Golden Globes sono solo un assaggio anzi un preliminare, molto piacevole ma pur sempre preliminare.
Siccome è diffusa la convinzione, non sempre suffragata dai fatti, che chi vince ai preliminari poi vince la partita, cioè gli Academy Awards, ecco che il film di Hazanavicius lo si dà già come trionfatore prossimo venturo. Potrà dispiacere, e a me dispiace, ma così va il mondo, almeno da quelle parti. Ormai siamo grandicelli e abbiamo capito qual è il genere di film che sbanca ai premi hollywoodiani, Globi o Oscar che siano. Dev’essere medio ma non mediocrissimo, dev’essere rassicurante per il grande pubblico e aver dato buona prova di sè al box office però schivando la massima prevedibilità e fingendo una qualche originalità. Fingendo. Deve essere digeribile ma avere anche l’aria di essere un film intelligente, anche impegnato, anche insolito però mai troppo. Mica per niente l’anno scorso il rispettabile ma ovvio Il discorso del re ha stravinto, quest’anno il film che meglio ha i requisiti richiesti è proprio The Artist, che, essendo muto, può vantare una patente di originalità e perfino di audace sperimentalismo, facendo sentire assai nobile sia chi lo va a vedere sia chi lo premia. Una diabolica macchina da premi, The Artist, fin da quando ha fatto la sua prima apparizione a Cannes, e meno male che la giuria saggiamente presieduta da Bob De Niro lì ha schivato la minaccia assegnando la Palma a Terrence Malick. Non era ancora apparso nei cinema americani, e già tutti i critici maggiori di tutti i siti maggiori lo indicavano come capolavoro dell’anno e sicuro candidato agli Oscar. Com’è possibile? Molto se non proprio tutto si deve all’abilissima promozione che ne ha fatto quel genio del marketing, oltre che della distribuzione cinematografica, che si chiama Harvey Weinstein, il quale ha adocchiato il film a Cannes, l’ha subito acquisito per gli Stati Uniti e ha deciso di puntarci alla grandissima. Risultato, una grancassa mediatica come non si vedeva da molto tempo per un piccolo fim, oltretutto europeo, però furbescamente ambientato nella Hollywood del passaggio dal muto al sonoro, dunque abilmente vellicante l’orgoglio cinepatriottico americano. Il successo del film è il capolavoro di Weinstein, anche se The Artist al box office Usa sta sì andando bene (9 milioni di dollari), ma un po’ meno di quanto il suo boss si aspettasse, tant’è che è stato superato in classifica da La talpa, lanciata con assai meno clamore e clangore e però più gradito. Weinstein non si può lamentare di come sia andata ai Golden Globes, anche perché oltre a The Artist è riuscito a piazzare molto bene un altro titolo del suo listino, My Week with Marilyn, la cui interprete Michelle Williams ha vinto come migliore attrice Comedy or Musical. Non ancora arrivato in Italia (aspetteranno il tempo degli Oscar, febbraio inoltrato), racconta i retroscena del soggiorno londinese di Marilyn Monroe per girare Il principe e la ballerina con Laurence Olivier, ricostruiti secondo quanto ne scrisse nei suoi diari l’aiuto regista Colin Clark. Ma il trionfo di Weinstein non finisce qui, è nel suo listino anche The Iron Lady, il molto discusso biopic di Margaret Thatcher che però ha portato a Meryl Streep il Golden Globe come miglior attrice categoria Drama. Williams e Streep a questo punto sono anche le favorite per l’Oscar, il che fa di Harvey Weinstein il vero uomo d’oro del cinema americano di questa stagione, uno che trasforma e fa rendere tutto quello che tocca. Occhio, è lui ad aver acquisito, anche se con molti mesi di ritardo, This Must Be the Place di Paolo Sorrentino, e ha deciso di lanciarlo solo nel 2012 sottraendolo così alla corsa dei prossimi Oscar. Tanto di cavalli vincenti ne aveva già, perché buttare Sorrentino in una guerra fratricida e sicuramente perdente per lui? Meglio preservarlo per l’anno dopo. Mister Weinstein sa quello che fa, sempre.
P.S.: Il biopic J. Edgar aveva ottenuto solo una nomination ai Golden Globes, quella a Leonardo DiCaprio come miglior attore protagonista, e da noi qualcuno se n’era stupito. In realtà il film, molto ben accolto in Italia dai critici e ancora meglio dal pubblico (gli incassi marciano oltre ogni ottimistica previsione), in America non è piaciuto niente, non ha convinto gli opinionisti né tantomeno gli spettatori, ed è considerato uno dei grandi flop della stagione.
Una risposta a GOLDEN GLOBES 2012 senza sorprese. Vincitori, vinti, meriti, demeriti