Film-capolavoro stasera sulle tv gratuite: LA VALLE DELL’EDEN di Elia Kazan (mercoledì 18 gennaio 2012)

La valle dell’Eden, Iris, ore 21,07.
Gran classico, da vedere/rivedere assolutamente. Lo cita e lo mostra più volte Martin Scorsese nel suo documentario-omaggio a Elia Kazan del 2010 A letter to Elia, ravvisando proprio in questo film del 1955 uno dei risultati più alti e vigorosi del regista newyorkese di origine greco-anatolica, già comunista e poi passato attraverso la stagione infernale del maccartismo in cui finì per denunciare i suoi ex compagni di tante battaglie cineteatrali. Ma un autore lo si giudica da quello che ha prodotto, mica dalla sua vita privata e dalle sue scelte. Scorsese ce lo ricorda, ed è una lezione da tenere in gran conto. La valle dell’Eden è puro Kazan, cinema virile e forte, verrebbe da dire nerboruto, dove i corpi occupano la scena e la fisicità diventa il linguaggio primo. Cinema che si misura sempre con temi importranti e rifugge naturalmente la futilità e la leggerezza, cinema, anche, in cui la messinscena, la regia sono pratiche essenziali e fondative. In questo film si racconta, in un pezzo di California dei primi anni del Novecento, dunque a frontiera conquistata e appena consolidata ma ancora con qualche traccia della spinta oscura e magmatica della conquista, di una famiglia attraversata dai conflitti. Un padre di implacabile rigore e due figli, uno buono e allineato con lui, l’altro ribelle e apparentemente dissennato. La madre è assente, ufficialmente morta, ma la realtà non è quella, è forse più amara e Cal, il ribelle, la scoprirà in una scena che è puro melodramma e anche tragedia antica. Perché questa storia, tratta da Steinbeck, in origine di grandiosità e possanza biblica e di sensibilità tutta evangelica-riformata, diventa nelle mani del greco della diaspora Elia Kazan qualcosa di più fosco e torbido, davvero da tragedia classica. C’è Edipo, ci sono altri fantasmi che vengono da lontano nel tempo e nello spazio, e dal profondo della cultura mediterranea. Magnifico dramma e melodramma, con un Cal ribelle con qualche causa che trova in James Dean una incarnazione assoluta. Dean è al suo primo ruolo protagonista, e diventa con La Valle dell’Eden quello che sappiamo. Vederlo è emozionante, e commovente, perché è come assistere a un mito nel suo farsi, nella sua costruzione. Abbaglia la nevrosi con cui Dean si appropria e qusi divora il suo personaggio, l’alterazione febbricitante che gli comunica, e sa comunicare a noi spettatori. Sul suo potere di star non si discute, non si può discutere. Anche, lascia sbalorditi la modernità del suo acting (sì, nello stesso modo in cui definiamo moderne certa arte, certa architettura) e la sua fisicità, il suo sex appeal, così nuovi allora. James Dean ha rimodellato i canoni della bellezza maschile come nessuno ha fatto al suo tempo, nemmeno Marlon Brando, e l’ha fissata in ciò che ancora oggi vediamo. Non dimenticheremo più la scena di lui che scopre la madre nel bordello, e quello straziante confronto-scontro.

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