Il cadavere dagli artigli d’acciaio, Iris, ore 1,54.
C’è Romy Schneider nei suoi anni più belli, e tanto basta per giustificare la visione di questo stra-dimenticato e già a suo tempo trascurato thriller-noir francese del 1970. Il titolo italico tradisce il ben più sobrio originale Qui? (Chi?), ammiccando al filone sadico-animalista di Argento e alla Argento dei gatti a nove code, lucertole dalla pelle di donna, mosche di velluto grigio ecc. per ovvi motivi di marketing. Non servì a trasformarlo in un successo, e oggi, se capita in qualche palinsesto, vale la pena guardarlo per lei, Romy, e per un attore che a quel tempo e in quel cinema significò qualcosa, Maurice Ronet, faccia da duro con un che da idolo orientale, strana e inquietante faccia davvero. In più c’è un bellone italiano, Gabriele Tinti, che più tardi avrebbe percorso le avventure erotiche di Emmanuelle nera. Marina e il fidanzato Claude hanno un incidente di macchina, lui muore. Il fratello dello scomparso sospetta della ragazza ma, colpo di scena, il morto si rifà vivo. Più che un thriller alla Argento, uno di quei morbosi gialli tra ’60 e ’70 che avevano come modello più o meno confessato i lounge movies di Umberto Lenzi, come Orgasmo e Così dolce… così perversa. Regia di un Leonard Keigel non proprio entrato nella storia del cinema. Da recuperare. Possibile guilty pleasure.
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