Giorni perduti, Rai Movie, ore 1.05.
Un altro dei tanti film di Billy Wilder mandati in onda in questi giorni da varie tv per ricordare i dieci anni della sua scomparsa. Film che non mostrano una ruga, anzi che sempre più si assestano tra i classici assoluti. Questo Giorni perduti, 1945, è tra i più dark e tesi che Wilder abbia mai girato, l’altra faccia delle sue pur ciniche commedie. Qui siamo in piena categoria drama, raccontando di un caso estremo di alcolismo, di una deriva esistenziale con discesa agli inferi. Don è uno scrittore con qualche delusione professionale sulle spalle, l’alcol diventa un rifugio, una via di fuga, e una condanna, come accade con tutte le sostanze che creano dipendenza. C’è tutto l’itinerario di un alcolista, con le bugie, a se stesso e agli altri, i trucchi per poter avere la bottiglia a portata di mano, le promesse sempre fatte e mai mantenute di uscirne. Billy Wilder implacabilmente segue il suo protagonista e registra. Un film che ancora oggi è il modello di riferimento di ogni ritratto di dipendenza, alcolica o tossica o altro. Il fratello e la compagna del protagonista, che lui ha allontanato, fanno di tutto per portarlo fuori, ma l’alcol rischia di essere più forte di tutto. Un noir dell’anima e della mente, grandissimo ancora oggi. Fotografia di luci e ombre, molte più ombre che luci però, come già nel di poco precedente film di Wilder La fiamma del peccato. Qui – nel disincanto, soprattutto nella consapevolezza del Male e nello stile espressionista adottato- si vede tutto il retroterra mitteleuropeo del regista, uomo cresciuto tra Vienna e Berlino, ebreo laico e borghese che ha visto il suo mondo minacciato e prossimo al collasso. Quattro Oscar, compreso quello come miglior attore a Ray Milland (colui che sarà qualche anno dopo l’odioso marito assassino di Delitto perfetto di Hitchcock). Occhio, c’è Jane Wyman, prima moglie di Ronald Reagan.
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