Velvert Goldmine, Rai Movie, ore 0,05.
Il primo film di robusto successo e impatto di quel talentuoso autore di cinema che si chiama Todd Haynes, dichiaratamente gay e autore di film apertamente di estetica e sentire gay che però grazie a Dio non portano impresso il segno limitante e anche mortificante della subcultura queer e del ghetto. La grande affermazione per lui arriverà con Lontano dal paradiso (2002), ma già con Velvet Goldmine, del 1998, fa capire molto di sè e del suo cinema, sempre intriso di omaggi al passato, sempre metacinema. Anche stavolta realizza un’opera citazionista, un ricalco di mitologie cristallizzate. Se in Lontano dal paradiso farà rivivere gli anni Cinquanta, e nel recente, meraviglioso Mildred Pierce gli anni Venti-Trenta, qui in Velvet Goldmine ripercorre la scena glam rock anni Settanta fatta di lustrini e make up e musiche avvolgenti del David Bowie prima maniera e soprattutto di Marc Bolan, il leggendario frontman dei T-Rex scomparso prematuramente. Musica che si fa immagine e prefigura molto di quello che accadrà nei decenni successivi. Il film si inventa la storia di un giornalista che indaga su una star del glam rock sparita dalle scene. Un pretesto per rimettere in scena rimmel, kajal, ambiguità sessuali, esibizionismi, piccole e grandi sfrenatezze on stage e nel backstage. Il film che lanciò Jonathan Rhys-Myers e la sua perfetta, ambigua bellezza. Prodotto anche con i soldi di Michael Stipe dei REM.
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