Un grande film da scoprire stasera sulle tv gratuite: CELLA 211 (mercoledì 2 maggio 2012)

Cella 211, Rai 4,  ore 21,10.
Quando lo vidi l’altr’anno qui a Milano nella rassegna dei film di Venezia, rimasi senza parole, e come me parte del pubblico. Un prison movie perfetto, adrenalinico, tesissimo, tirato come pochi, pieno di colpi di scena e rovesciamenti e torsioni. Il miglior carcerario degli ultimi anni insieme a Il profeta di Jacques Audiard, cui molto assomiglia essendo entrambi parabole sull’uomo qualunque e senza qualità che la permanenza dietro le sbarre trasforma in creatura darwiniana pronta a tutto e capace di tutto per sopravvivere (e a proposito di prison movie: correte al cinema a vedere Hunger di Steve McQueen con il solito, immenso Michael Fassbender nella parte di Bobby Sands militante dell’Ira, e l’imminente – esce il 1° giugno – Viaggio in Paradiso con Mel Gibson, una bella sorpresa). Produzione venuta dalla Spagna, questo Cella 211, che negli anni Duemila ha dimostrato di saperci fare con il cinema di genere – quel cinema di genere che fino agli anni Settanta era cosa nostra -, soprattutto con l’horror. Un secondino appena assunto viene portato dai colleghi a fare un giro perlustrativo all’interno di un carcere di massima sicurezza, con dei ceffi che te li raccomando, uno più selvaggio dell’altro. Resta ferito alla testa per uno stupido incidente, e viene messo temporaneamente in una cella vuota, la 211, in attesa che arrivino i soccorsi. Ma proprio in quel momento scoppia la rivolta, e al povero Juan non resta che fingere di essere un detenuto neoarrivato, che se sanno che è un secondino lo sbudellano seduta stante. Incomincia la finzione, che diventerà sempre più credibile, fino ad assumere i contorni di una quasi-realtà. L’ingenuo Juan si dimostra di un’astuzia demoniaca, diventa il più fido collaboratore del caporione della rivolta, il trucidissimo, baffuto e pelato e carismatico Malamadre (un nome che è una genialata). Costretto a fare il doppiogioco con chi sta dentro e chi sta fuori dal carcere, ci riesce oltre ogni immaginazione. Grande recita tra realtà e simulazione, un Pirandello sanguinolento e barbaro, con slittamenti sottili nel surrealismo di tradizione iberica. Dirige con ritmo e mestiere Daniel Monzon. Si resta col fiato sospeso fino all’epilogo, come poche volte è capitato con un film degli ultimi anni. Io lo amo alla follia. Pioggia di Goya, gli Oscar spagnoli. Naturalmente è in preparazione il remake americano.

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