Saw 2 – La soluzione dell’enigma, Rai Movie, ore 22,40.
Piaccia o meno, Saw è la grande saga horror degli anni Duemila. Incominciata nel 2004, è arrivata al settimo capitolo, e non è detto che sia finita, perché il pubblico di ogni continente continua a gradire parecchio le gesta dell’efferato, sadicissimo Jigsaw che imprigiona le sue vittime e li obbliga a torturarsi e uccidersi reciprocamente promettendo la sopravvivenza al più coraggioso, o al più fortunato, o al più infame. Un congegno narrativo che ha dato vita e fissato il paradigma dell’orrore contemporaneo al cinema, qualcosa di assai lutulento, laido, perverso, perché stimola nello spettatore il peggiore e più malato voyeurismo e fa slittare pericolosamente il cinema mainstream, quello dei multiplex globali, verso derive che bordeggiano lo snuff movie. Però quando ho visto il mese scorso The Raven, compendio anche piuttosto secchione delle maggiori novelle del terrore di Edgar Allen Poe, mi son sorpreso a riflettere sul fatto che anche quel gran maestro e gran creatore di incubi non lesinava in macabro ed efferatezze pur di titillare i peggiori istinti di lettori e lettrici (sì, certo, poi c’è il talento a fare la differenza, la capacità di trasfigurare la materia povera e sporca in arte). Mi astengo da ogni moralismo, che in casi come Saw scatta quasi in automatico. Non sono un ammiratore della serie, però ne riconosco il fascino oscuro che ne promana. La differenzierei anche dal puro gore, dalla macelleria alla Hostel, se non altro perché qui l’orrore prende la forma di un gioco carnefice-vittima (anche) cerebrale e concettuale non privo di un suo astratto, matematico rigore. In questo secondo capitolo il detective Eric Matthews si mette in cerca di Jigsaw e del misterioso rifugio in cui ha intrappolato le sue vittime sacrificali, otto in tutto, già intossicate di gas nervino che però potrebbero neutralizzare se riuscissero ad aprire la cassaforte in cui è rinchiuso l’antidoto. Quello che anche Saw II ci mostra è, in definitiva, l’abisso animale in cui gli umani possono prrcipitare quando devono lottare per la sopravvivenza. Una lezione di darwinismo volgare, anche parecchio equivoca, ma di una sua indubbia forza.
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