Festival di Cannes 2012. Recensione a caldo: il film russo V TUMANE (Nella nebbia) è da Palma d’oro

V Tumane (Dans la brume), di Sergei Loznitsa. Presentato nella sezione Concorso. Voto: 8 e mezzo.
Quando ormai i giochi sembravano fatti (Haneke superfavorito, Audiard piazzato, Vinterberg e Mungiu – che è molto piaciuto agli anglosassoni per la sua polemica antiecclesiastica – outsider), è arrivato il film che potrebbe sovvertire tutto e portarsi a casa la Palma d’oro. Non se l’aspettava nessuno, per la verità. Ma quando alle 19,30 nella Sala Debussy ce lo siamo trovati sullo schermo (prima proiezione in assoluto al festival), non ci abbiamo messo molto a realizzare che V Tumane (Nella nebbia) del bielorusso-ucraino Sergei Loznitsa è un film sensazionale, a mio parere il migliore, non ce n’è. Poderoso, ieratico, coinvolgente, con l’eco di molto del grande cinema sovietico, da Pudovkin a Tarkovski. V Tumane si svolge durante la seconda guerra mondiale in un’area rurale della Bielorussia occupata dai tedeschi e controllato col pugno di ferro dai collaborazionisti. Ma non aspettatatevi il solito film di genere, partigiani contro nazisti, patrioti russo-sovietici contro tedeschi, no, qui si scava nelle vite sconvolte e distrutte dalla guerra, semplicemente, ma è moltissimo, V Tumane si situa al livello dell’umano, mai nei cieli alti e non sempre tersi e puliti della politica, dell’ideologia, della ricostruzione storica. Un pover’uomo è considerato un traditore dai partigiani russi, e un nemico dai tedeschi e dai collaborazionisti. Vittima di un diabolico intrigo, si ritrova intrappolato in un meccanismo infernale. C’è oltre a Tarkovski anche il grande, dimenticato cinema di Miklos Jancso, c’è Kafka, c’è sotterranea ma forte e pervadente una visione, credo, cristiana. Quella del protagonista Souchénia è anche una via crucis, e la sequenza di lui che si carica sulle spalle l’uomo che lo voleva uccidere è qualcosa che non si può dimenticare e una perfetta immagine cristologica. Una storia se Dio vuole anche profondamente etica che ti inchioda fino all’ultima, enigmatica e sconvolgente scena. Cinema altissimo, cinema del sublime, ma in grado anche di parlarci senza troppe mediazioni. La vera scoperta di questo festival che di sorprese è stato avaro. Se non lo premiano, è un delitto. (Una recensione più ragionata prossimamente).

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