Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della Gloriosa Nazione del Kazakistan con Sacha Baron Cohen, Mediaset Italia 2, ore 23,25.
Ma Sacha Baron Cohen è un genio o no? Davvero è l’esploratore delle nuove frontiere comiche al cinema? Davvero è l’erede, come molti suoi estimatori sostengono, dei fratelli Marx e dei Monty Python? Domande che è inevitabile farsi dopo aver visto il suo ultimo, deludente, stanchissimo, svogliato film, quel Dittatore promozionatissimo e dal risultato piccolo piccolo inversamente proporzionale alle smisurate attese. Verificare stasera quale sia la statura vera di Baron Cohen rivedendo questo Borat, che resta a oggi il suo massimo risultato, anche come incassi, e il film che lo ha promosso nelle zone alte del sistema cinema. C’è dentro tutto SBC, la sua carica derisoria, demolitoria, oltraggiosa che nulla risparmia, che anzi si intensifica tanto più il bersaglio è intoccabile. Borat, reporter del Kazakistan, approda negli Stati Uniti per capirci qualcosa e, vedendo in tv Pamela Anderson, se ne innamora seduta stante. Attraverserà l’America per incontrarla, e per girare un reportage su usi e malcostumi della nazione più potente del mondo. L’America riscoperta da un kazaco. Sarà un viaggio che molto ci farà ridere, secondo la ben nota legge comica dei contrasti, in questo caso un musulmano centroasiatico alle prese con un mondo altro. I kazachi non l’hanno presa bene, e forse non hanno tutti i torti. Borat razzista? Meglio guardarsi il film che, piaccia o meno, scintilla di intelligenza, il tutto irrorato dalle ben note maialate sessuomaniache oral-anal-genitali (con accentuazione della seconda fase) del suo attore-autore. Prendere o lasciare, così è Sacha Baron Cohen. Però per favore, la smetta di autocopiarsi (Il dittatore ricalca esattamente lo schema narrativo di Borat: estraneo proveniente da mondo lontano e musulmano a contatto con la vita americana) e si ingegni a produrre qualcosa di nuovo e adeguato al suo talento.
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