Il pranzo di Babette ***, Rai Movie, ore 21,10.
Quanto piacque, soprattutto alle signore, quando a suo tempo uscì, fine anni Ottanta. C’era tutto perché facesse breccia nel pubblico chiamiamolo così gauche-caviar di allora: l’aura engagée e mai corriva, la confezione accurata e un po’ laccata, la provenienza scandinava (danese per la precisione) che fa sempre alta qualità, l’essere tratto da un’autrice del catalogo Adelphi allora assai in auge, Karen Blixen. Forse a vederlo oggi appare un po’ inamidato e rigido, un po’ cinema di papà e pure del nonno, però resta un prodotto rispettabile, con un racconto insolito. Danimarca del secondo Ottocento, in un villaggio arriva la francese Babette, fuggita dalla Francia dopo la fallita rivolta della Comune parigina in cui ha perso marito e figlio. L’accolgono due austere sorelle, di quel protestantesimo nordico-luterano senza concessioni alla carne e ai piaceri. Babette sarà la loro governante condividendone la frugalità e castigando la sua francesità. Finché vince alla lotteria e decide di impiegare il denaro nella preparazione di un pranzo offerto alla comunità che l’ha accolta, un pranzo di cucina francese naturellement in cui dispiegherà i suoi talenti di cuoca e farà scoprire alle due sorelle e al villaggio tutto cosa siano i piaceri della gola, anzi i piaceri della vita. La ricerca degli ingredienti, la preparazione meticolosa del pranzo hanno fatto di questo film una pietra miliare del cinema in cucina. Per anni (decenni) quando nei giornali non si sapeva che foto allegare a un pezzo di ricette si tirava fuori Il pranzo di Babette, e funzionava sempre. La chabroliana Stéphane Audran porta ambiguità e esprit francese nelle plumbee terre del Nord. Regia di un veterano del cinema danese, Gabriel Axel, che si portò a casa con questo film premi da tutto il mondo, compreso l’Oscar come migliore film in lingua straniera. Piccolo classico.
La valutazione in asterischi:
* pessimo, da evitare
** evitabile
*** vedibile
**** da vedere
***** indispensabile
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