Fur: un ritratto immaginario di Diane Arbus ***, La7, ore 23,25.
Come Diane Arbus divenne Diane Arbus, cioè il genio della fotografia che sappiamo, l’occhio implacabile e coraggioso che non si fermava davanti a niente, che scrutava e metteva a fuoco i diseredati, gli alienati, i deformi, coloro che erano afflitti da un corpo imperfetto e infelice e da quella condanna che si chiama bruttezza. Com’è che una ragazza della buona borghesia ebraico-newyorkese si trasformò nel mito Arbus? Perché a 47 anni si uccise? Il film cerca di chiarire soprattutto gli anni di formazione di Diane, esplora la sua particolare attitudine artistica e le sue nevrosi. Dirige quello Steven Shainberg che aveva già realizzato Secretary, abbastanza insolito e abbastanza coraggioso film sul sadismo e il masochismo di un padroncino e della sua segretaria. Qui ha a disposizione (siamo nel 2006) una Nicole Kidman all’apice della sua carriera e incontestata attrice numero uno di Hollywood. C’è anche uno degli attori più bravi sul mercato, Robert Downey Jr. Ma non bastano a fare di Fur un succcesso. Troppo indie, troppo disturbante. Un film fallito e, come spesso capita ai fallimenti, molto interessante. Il titolo lambiccato si deve al fatto che, per evitare noie con gli eredi, il film fu presentato come un’opera in parte di fantasia.
La valutazione in asterischi:
* pessimo, da evitare
** evitabile
*** vedibile
**** da vedere
***** indispensabile
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