Ovunque sei ****, Rai Movie, ore 0,20.Piaccia o meno, e spesso bisogna dire che fa di tutto per dispiacere, Michele Placido resta uno dei nostri registi più importanti, autore dal segno forte, istintuale, eccessivo, quasi barbaro, che lo rende unico nel panorama italico. Il suo Romanzo criminale è a parer mio il miglior film italiano della scorsa decade, qualcosa che cresce con il passare del tempo consolidandosi come prototipo fondamentale della nostra narrazione cinetelevisiva. Questo Ovunque sei, girato da Placido nel 2004, fu distrutto a fischi e risate alla proiezione stampa a Venezia, una plaza de toros in cui molti film, soprattutto italiani, ci hanno lasciato la pelle. Se ne parlò poi molto sui giornali, anche per lo scandaluccio suscitato dal nudo frontale di Stefano Accorsi, scena che ha poi resistito in cime alle classifiche di categoria (e delle chiacchiere) fino all’irruzione l’anno scorso – sempre a Venezia, evidentemente territorio privilegiato per simili epifanie schermiche – del full frontal di Michael Fassbender in Shame. Intanto però Ovunque sei ha impercettibilmente, ma inseorabilmente, accresciuto il suo status e oggi è considerato da qualche critico meno fazioso dei fischiatori di allora qualcosa di egregio, un film magari imperfetto ma interessante, qualcvosa da vedere. Un culto, se vogliamo usare una parola un filo logorata, ma difficile da sostituire. Placido punta altissimo e mette in scena una storia che allude fortissimamente a Piorandello pure al soprannaturale, con il suo gioco cangiante delle identità. Matteo lavora sulle ambulanze, la moglie Emma è un chirurgo. Sono stanchi, ognuno cerca una via di fuga: lei con il primario con cui lavora, lui con una volontaria, Elena. Tradimenti reciproci, con sensi di colpa di Emma e uno strano senso di vitalità ritrovata per Matteo. Ma la notte la macchina del primario manda fuori strada l’ambulanza su cui ci sono Matteo ed Elena. I due finiscono nel Tevere, per riemergere più in là. Si apre una nuova fase della vita o forse no, forse è l’oltre-vita e Matteo, e noi con lui, non lo sappiamo con certezza. Qualcosa che anticipa Hereafter di Clint Eastwood e perfino Enter the Void di Gaspar Noé. Placido forse sfiora il ridicolo e anche ci cade dentro, però innalza una temeraria sfida a se stesso e a noi spettatori cercando di raccontare l’irraccontabile, di rappresentare l’irrappresentabile. Il bello è che a tratti ci riesce. Accanto ad Accorsi, allora all’apice della sua carriera, c’è Violante Placido, che non è solo la figlia di papà ma vale di suo, come si sarebbe visto in seguito, ed è una incantevole creatura.
La valutazione in asterischi:
* pessimo, da evitare
** evitabile
*** vedibile
**** da vedere
***** indispensabile
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