Le ore dell’amore, Rai Movie, ore 1,05.
Però, quanti motivi ci sono per non perdersi questo micro capolavoro della nostra commedia italiana più acida, corrosiva, anche melanconicamente disincantata. Perché la firma un Luciano Salce in quegli anni (Le ore dell’amore è del 1963) al vertice della sua carriera, autore di film formidabili come La voglia matta, Il federale, La cuccagna (con Luigi Tenco!) e questo. Perché qui c’è, in uno dei suoi non molti film italiani, un’attrice come Emmanuelle Riva, musa del cinema francese altissimo di quegli anni (Hiroshima Mon Amour di Resnais/Duras, Thérèse Desqueyroux di Georges Franju) e appena riscoperta e riproposta da Michael Haneke in Amour, il film che ha vinto lo scorso maggio la Palma d’oro a Cannes e che sarà nelle nostre sale in ottobre. Riva in Italia aveva già interpretato il bellissimo all-women Adua e le compagne di Antonio Pietrangeli, qui presta la sua eleganza al ruolo più borghese di Maretta che, dopo una lunga relazione con Gianni (Ugo Tognazzi), decide di sposarlo. Ma i due si ritroveranno di fronte alla noia mortifera della vita coniugale, ogni desiderio, ogni brivido trasgressivo spenta all’ombra della vita a due regolarmente benedetta. Meglio lasciarsi e riprendere a vedersi come amanti clandestini, nell speranza che la passione risorga. Apologo assai beffardo e paradossale sull’amore e sull’amore coniugale, un elogio allorea abbastanza sovversivo dell’irregolarità dell’amore, uno sberleffo alla sacralità matrimoniale. Semi dimenticato. Da riscoprire assolutamente. Gran bianco e nero come si usava nel cinema d’autore di quegli anni. Nel cast anche la felliniana e baviana Barbara Steele, oltra a Mara Berni, Fabrizio Moroni (un bellone da fotoromanzo), perfino il regista-sceneggiatore Brunello Rondi.
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