Viaggio a Kandahar, la7d, ore 23,35.
Film dell’iraniano Mohsen Makhmalbaf che allora, correva l’anno 20o1, fu un inaspettato successo nei piccoli cinema arthouse italiani, un must della professoressa democratica che, ci ha insegnato Berselli, è il vero zoccolo durissimo dei consumatori culturali nel nostro paese. Figuriamoci, come poteva non piacere un film che esecrava il terribile feudale regime dei talebani, quello che imponeva il burka (peraltro bellissimo e assai fotogenico, sempre di gran resa al cinema) a tutte le donne, chiudeva le scuole, proibiva la musica e ogni forma di divertimento, un film oltretutto realizzato da Makhmalbaf con squisito gusto e gran senso dell’immagine. Quasi tutto girato in Iran (che, essendo di fede sciita, non vedeva di buon occhio i talebani sunniti, anzi), con qualche scena rubata in Afghanistan. Kandahar, nell’area sud orientale, era allora la roccaforte dei talebani, la loro capitale, la loro città santa governata secondo le ferre regole della sharia. Un’afghana da tempo rifugiata in Canada rientra clandestinamente in patria dall’Iran per raggiungere proprio quella città, alla ricerca della sorella lì rimasta, ma della quale non ha più notizie da tempo. Troverà in un ragazzo mandato via da una scuola coranica e in un americano convertito all’islam dei nuovi compagni per il suo rischioso viaggio. Che naturalmente la condurrà a conoscere da vicino le distorsioni e le oppressioni imposte dal fanatismo di regime alla popolazione, quella femminile in testa. Sarà il caso di ricordare che il film esce nel 2001, l’anno delle Torri Gemelle, e che il successivo intervento in Afghanistan da parte degli Americani fu deciso proprio per abbattere i talebani protettori di Bin Laden e di Al Qaeda (dice qualcosa il nome del mullah Omar?).
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