Il corpo (regia di Luigi Scattini), Iris, ore 0,24.
Luigi Scattini, ovvero l’uomo che scoprì e inventò cinematograficamente il piccolo, ma tuttora persistente mito di Zeudi Araya, di sicuro una delle più belle donne che abbiano mai solcato il nostro cinema, di serie A o B che sia. Fu Scattini (padre dell’attrice Monica) a farla debuttare, e fu La ragazza dalla pelle di luna, un erotico-esotico come si usava nel nostro cinema di genere in quei remoti, primissimi anni Settanta, qualcosa che si rivelò a sorpresa un gran successo popolare e prima pietra a edificazione del culto di Zeudi. Il regista la riavrà con sè in La ragazza fuori strada e poi, nel 1974, in questo Il corpo, torbidissima storia ambientata ai Caraibi, uno degli scenari prediletti del filone sensual-turistico di allora (vedi anche Il dio serpente di Piero Vivarelli). Un maturo europeo alla deriva per eccesso di alcol e disperazioni varie (Enrico Maria Salerno), si è rifugiato-insabbiato a Trinidad, dove vive con la troppo bella e anche per lui troppo giovane Princesse (Zeudi, ovvio). Quando arriverà un altro uomo a lei coetaneo (Leonard Mann), Princesse si metterà con lui e lo spingerà a uccidere Antoine. Mélo-noir alla Ossessione, al Postino suona sempre due volte, però in versione cinema bis italiano, e con gli afrori e i furori e il kitsch di quei primi anni Settanta. Però c’è Zeudi, e tanto basta.
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