Frantic, Rete4, ore 23,40.
Dopo la fuga dall’America in seguito alla ben nota vicenda giudiziaria, Roman Polanski non è stato più lui, non ha più raggiunto i livelli dei suoi film statunitensi e del periodo antecedente. Nulla di paragonabile, nella sua produzione del lungo esilio parigino post-Hollywood, a Rosemary’s Baby, a Chinatown o a Repulsion. Lo dico, amaramente, da fanatico di Polanski e del suo cinema. Tra i pochi buoni risultati di questa sua stagione si può inserire Frantic, anno 1988, thriller girato con un senso perfetto dei tempi, con sapienza tutta polanskiana nell’evocare la minaccia e il pericolo. A un professore americano a Parigi, Harrison Ford molto bene in parte, rapiscono la moglie. Quel che segue è un’affannosa ricerca della desaparecida da parte del professore trasformatosi in detective e uomo d’azione. La terra straniera è colma per lui di insidie nascoste, a partire dall’incomprensibile lingua. Una ragazza gli farà da guida nel labirinto, è Emmanuelle Seigner signora Polanski, e sarà la purtroppo necessaria vittima sacrificale. Il senso di spaesamento e perdita, il disorientamento che colgono il protagonista e, con lui, noi spettatori, è qualcosa di squisitamente alla Polanski – lui, l’eterno esule senza patria – ed è qualcosa che trasforma questo thriller (hitchcockiano, nel suo everyman trascinato in situazioni più grandi di lui esattamente come in Intrigo internazionale) in un film memorabile.
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