Sai cosa faceva Stalin alle donne?, Iris, ore 11,45.
Se la parola cult si riferisce a film piccoli, maltrattati, rimossi, di insopprimibile diversità e alterità, magari sgangherati però rivelatori di un’era, un tempo, un gusto, questo Sai cosa faceva Stalin alle donne? cult lo è in pieno. Già fin dal titolo pazzo e irregolare. Lo realizza e firma in piena temperie sessantottina Maurizio Liverani, che era stato critico cinematografico per L’unità per poi allontanarsene, pare, per motivi di dissenso. Una figura ai margini del nostro sistema cinema, anzi del sistema e basta, che in questo film fa qualcosa di inaudito in Italia, satireggiare la sinistra, la sinistra comunista, rischiando di incorrere in scomuniche e ostracismi, perché il bacchettonismo à gauche è sempre stato spesso e l’autoironia zero. Il film difatti è semiclandestino, samizdat, perso per molti anni e solo più tardi ritrovato. Storia folle di due amici comunisti che negli anni del dopoguerra son militanti duri e puri di un partito allora allineato su Stalin, e stalinisti sono anche loro. Tanto che uno dei due si spinge fino all’imitazione fisica del Grande Leader, fino alla mimesi, con tanto di baffoni. I due approdano a Roma e le loro scorribande aprono squarci sul mondo e sulle mitologie comuniste di quegli anni. Con la destalinizzazione del ’56 è il dramma: che fare? Niente paura, si scoprono nuovi miti in cui identificarsi. Uno parte per la guerra del Vietnam (lato Vietcong), l’altro, l’imitatore, diventerà come Ho Chi Minh. La satira è grossolana, il tono è surreal-demenziale, però ogni tanto qualche colpo va a segno. Poi vi pare trascurabile un film che osa mettere in burla il dogmatismo militante? Ennio Morricone, che compose incredibilmente la colonna sonora, lo avrebbe poi definito “l’unico film di destra del cinema italiano”. Non pago di osare l’inosabile, Liverani civetta pure con i godardismi, dunque monologhi e dialoghi spesso straniati e stranianti fino all’incomprensibilità. Cast di culto assoluto, con Helmut Berger pre-Visconti, e già questo. Più Margaret Lee (qualcuno se la ricorderà in Dorellik?) e, teniamoci forte, Silvia Monti, oggi signora Carlo De Benedetti. Maurizio Liverani sarebbe riemerso di lì a qualche anno con Il solco di pesca, erotichello all’italiana dove il titolo si riferisce al solco tra le natiche, quello ove si posa il filo del tanga.
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