Guardia del corpo, La5, ore 21,10.
Da vedere per lei, Whitney Houston, qui al suo apice professionale e divistico, e direi fisico, in questo film del 1992, dunque prima, molto prima che incominciasse la sua discesa e caduta. Era impossibile, guiardandola allora, anche solo immaginare quello che poi sarebbe successo. In Guardia del corpo è bellissima e trionfante, in un personaggio che in qualcosa le assomigliava, quello di una cantante pop troppo amata per non essere anche odiata, e minacciata da un fan ossessivo e persecutore. Per proteggerla arriva un bodyguard, anzi il re delle bodyguard. Battibecchi, finte incomprensioni, poi succede qualcosa tra i due. Lui è Kevin Costner, pure al suo apice in questo film che lo trasformò in modello di riferimento per legioni e milioni di giovani maschi in tutto il mondo. Grazie a lui, o per colpa sua, il mestiere di guardia del corpo divenne sciaguratamente glamorous e appetibile, un nuovo approdo sognato da giovani uomini proletari che si facevano i muscoli in plaestra e con quelli speravano di farsi strada. Film che rappresenta molto bene le mitologie del suo tempo, che paraltro durano ancora oggi, il successo, la prevalenza dell’immagine, il potere della bellezza, la scultorea perfezione dei corpi. Film magari mediocre, ma che importa, a importare sono le due star protagoniste e tutto il mondo (di valori/non valori) che veicolano. Incredibilmente scritto da Lawrence Kasdan, però diretto da Mick Jackson. Milioni e milioni di ragazze aspiranti cantanti si sarebbero da allora ispirate a Whitney Houston, riprendendo e riproponendo (basta aver seguito un qualsiasiasi talent per redersene conto) il pezzo che lei eseguì proprio in questo film, e che resta a tutt’oggi il suo più celebre, quello che definitrivamente la rappresenta, I Will Always Love You.
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