Non mandarmi fiori!, Iris, ore 23,08.
Per quelli come me che non disdegnano per niente la finta ocaggine di Doris Day e la finta vacuità dei suoi film. La bionda signora in realtà nascondeva un carattere d’acciaio e rappresentava, in film assai godibili benché puritanamente tradizionali, assai bene l’America anni Cinquanta-prima Sessanta di impronta eisenhoweriana non ancora dubitosa di sè e prima di ogni rivoluzione e eccesso di autocoscienza. Con Rock Hudson, l’attore mascelluto e molto virile che decenni più tardi sarebbe morto di Aids dopo aver rivelato la propria omosesualità, DD formò una solida coppia da commedia, coppia di grande fortuna commerciale e però poco amata dai critici. Questo è il loro terzo film insieme e parte da un’idea un po’ sballata. Un uomo (Hudson) pensa di avere un male incurabile – come si diceva allora per non dire la parola cancro – così si mette a cercare un nuovo marito per la moglie (DD) perché soffra di meno alla sua dipartita. Naturalmente lei pensa che lui stia tramando qualcosa contro di lei, che abbia un’altra. Naturalmente la malattia si rivelerà inesistente. Classica comedia degli equivoci, però con un fondo irrimediabilmente duro e perfino torbido. Dirige Norman Jewison, che qualche anno dopo ci averbbe dato Jesus Christ Superstar e Il caso Thomas Crown.
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