Americani (tratto dal play Glengarry Glen Ross di David Mamet), Rai Movie, ore 21,15.
Orrendo, ideologico titolo italiano di quello che in originale è Glengarry Glen Ross, come il play di David Mamet da cui è tratto. Ideologico, perché tende a suggerire che quanto viene messo in scena in questo feroce teatro da camera – la competizione sociale, l’homo homini lupus – sia la quintessenza dell’America, dell’essere americani, dell’americanità. Ecco, si sbranano per la sopravvivenza e il successo, ecco, sono belve, ecco, sono americani. Però superata l’indignazione per il titolo, resta il film (anno 1992), che è tutto da vedere, anche se il regista James Foley poco aggiunge (ma non ce n’era neanche bisogno) al fortissimo lavoro di quel signor drammaturgo che è Mamet. Siamo a Chicago. In un’agenzia immobiliare spira aria, anzi uragano, di crisi, dunque bisogna tagliare, bisogna licenziare. L’azienda lancia una gara, una vera gara per la sopravvivenza tra i dipendenti: datevi da fare, sbattetevi, i primi due che porteranno a casa i migliori risultati di vendita avranno un regalo e manterranno il posto, gli altro via, sciò. Potete immaginare cosa si scatena. Un microcosmo che si fa metafora del grande, e mica solo l’America, il mondo tutto. Una gamma di tipi umani e disumani – l’anziano disilluso, il giovanotto rampante ecc. – a confronto e in sfida. Banalizzare il testo in chiave politica è un peccato, meglio vederlo da una parte come formidabile macchina drammaturgica, dall’altra come ritratto di un’umanità governata dagli istinti darwinianamente selvaggi (o spiriti animali). Cast da urlo: Jack Lemmon, Al Pacino, Kevin Spacey, Ed Harris, Alan Arkin, Alec Baldwin, Jonathan Pryce (l’attore di Brazil ed Evita). Molto cinema successivo – penso al recente Margin Call – viene da qui. A sua volta Glengarry Glen Ross prende da un classico della scena americana come Morte di un commesso viaggiatore.
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