Non ti muovere, Iris ore 21,06.
Guilty pleasure, non ce n’è: come peraltro il successivo, recente, secondo film della premiata ditta Sergio Castellitto-Margaret Mazzantini Venuto al mondo. Ditta familiare, nella miglliore tradizione italiana: lei, la moglie, scrive il romanzo che poi verrà tradotto in film, lui, il marito, si mette dietro e davanti alla macchina da presa. Un modello produttivo messo a punto già nel 2005 con questo Non ti muovere, film che piacque allora immensamente al pubblico (come è piaciuto anche Venuto al mondo che ha inaspettattamente incassato molto bene e che vede tra gli attori anche il figlio maggiore della coppia). Guilty pleasure, dicevo, perché le storie fiammeggianti e di truculento sentimentalismo della Mazzantini sono sempre ai confini del kitsch e spesso anche parecchio oltre, uno strano miscuglio di lurido e innocenza, melodrammi assai corporali, fisici, materici, densi di umori, esalanti afrori. Storie che trovo imbarazzanti, ma il mazzantinismo è così sfacciato, anche così coraggioso nei suoi oltraggi rispetto alla mediocrità perbenino di molta nostra letteratura, che non riesco – lo ammeto – a non farmene un po’ impitonare. Venuto al mondo l’ho trovato insieme tremendo e irresistibile, lo stesso questo Non ti muovere. Il medico Timoteo, mentra in ospedale è al capezzale della figlia adolescente sospesa tra vita e morte, ripensa alla sua storia con Italia, una sottpproletaria che lui ha violentato, usata, messa incinta, costretta ad abortire. Il ricco borghese e la povera donna, il carnefice e la vittima, tra attrazioni, repulsioni, sotterranee complicità, brutalità. Quel senso di oscuro degrado, di perdita negli abissi della carne, di stordimento della coscienza, così mazzantiniano. Sergio Castellitto è il regista e il protagonista, Penelope Cruz è una notevole Italia (un nome che, va detto, è un colpo di genio della Mazzantini), figuretta che lei ritaglia quasi citando la Giulietta Masina di La strada e Le notti di Cabiria. Claudia Gerini è la moglie borghese.
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