Solo oggi mi son visto – quand’è uscito ero alla Berlinale – Viva la libertà di Roberto Andò, piccolo (o grande?) caso cinematografico del momento. Quando son tornato tutti a parlarne, molti a consigliarmi di non perdermelo. Ottimi gli incassi realizzati lo scorso weekend, con una media per sala alta e promettente. Ottime le recensioni della critica chiamiamola così istituzionale, quella dei quotidiani nazionali di carta, meno entusiasmo da parte dei blog e delle webzine. Per una mia recensione, rimando a un ulteriore post. Dico solo che mi ha colpito – anche se in fondo era quanto mi aspettavo – il pubblico in fila con me all’Arlecchino, qui a Milano. Pubblico borghese, in prevalenza femminile, attempato – la media era parecchio sopra i 50 – certo acculturato e informato, di quella borghesia milanese illuminata e meno bottegaia che vent’anni fa costituiva il bacino di cinema come il President, attenta a film che si dicevano di qualità, ben girati, solidi, di gusto sicuro e mai arditi. Gente al di sotto dei 30 anni, quasi nessuno, in fila alla cassa ce n’era solo uno, in sala ne avrò visti altri quattro o cinque. C’est tout.
Comprensibile che sia così, perfino ovvio. Viva la libertà è cinema non privo di una sua nobiltà, ma anche, irrimediabilmente e inesorabilmente, cinema del passato, cinema che guarda al passato e che da lì sembra venire, con il suo andamento lento, con le citazioni colte, quelle cinematografiche (Fellini, Bertolucci) e quelle letterarie (Sciascia, Pirandello), con la scrittura precisa, meticolosa e un filo pedante. Un prodotto perfetto per quel pubblico che ho trovato oggi all’Arlecchino, per quelle sciure che incarnano una Milano ormai messa in ombra dall’imbarbarimento generale, e che difatti hanno apprezzato parecchio (entusiaste di Servillo, soprattutto). Viva la libertà ha l’astuzia, non so quanto voluta, di cavalcare l’onda antipolitica, svoltandola però in chiave signorile e bon ton, evitando le urla e gli sbracamenti dei nuovi masanielli e dunque rendendola accettabile a chi odia gli schiamazzi di piazza. Anche per questo alle sciure (e alla famose professoresse democratiche) è piaciuto tanto, e chissà domani per chi voteranno.
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