La gabbia, Iris, ore 0,16.
Confesso: adoro Giuseppe Patroni Griffi e il suo mondo narrativo e il suo cinema così (apparentemente) datati. Scuola viscontiana, che vuol dire cultura figurativa, gusto squisito, capacità di allestire set meravigliosi, e propensione per storie morbose, di un sesso pervaso dal senso di colpa, malato e nello stesso tempo immensamente attraente: l’esatto contrario del sesso glamourizzato, inodore e insapore di oggi. Certo, anche in Patroni Griffi (come in Visconti) c’era un filtro distanziante rispetto al materiale erotico, ed era lo stile estenuato e esangue, l’estetizzazione estrema, la perfezione della forma a imbrigliare il magma dei sensi. Il suo capolavoro resta ovviamente Metti, una sera a cena, mentre questo La gabbia è un tardivo suo prodotto del 1985, dunque realizzato in un tempo che non era più quello dei suoi adorati e molto a lui congeniali anni Settanta. Parigi, una donna reincontra un suo lontano amore. Per paura di perderlo un’altra volta, lo fa prigioniero e lo lega con la complicità della giovane figlia. Laura Antonelli e Tony Musante sono il carnefice e la vittima di questo gioco sadomaso. Attenzione, c’è anche l’attrice-feticcio di Patroni Griffi, Florinda Bolkan.
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