Gran Torino, Rete 4, ore 21,10.
Forse Clint Eastwood ha girato film più grandi di questo (Mystic River, Gli spietati), però nessuno come Gran Torino lo rappresenta meglio, tanto che ci appare come un’autobiografia, appena schermata da elementi di fiction, del Clint maturo: una sorta di sua dichiarazione molto personale sul mondo, di manifesto dei valori in cui crede. Che sono poi la virilità non come sopruso e sopraffazione ma come sostegno del forte al debole, la fede nell’America, l’onestà e l’etica del lavoro. Il roccioso protagonista, ex operaio della Ford di Detroit, affezionato alla sua Gran Torino, macchina mito degli anni Sessanta, sopravvive, ultimo dei vecchi americani, in un quartiere ormai dominato da immigrati asiatici e latini. Orgoglioso della sua solitudine, non vuole lasciare quella casa che è la sua vita, nonostante le pressioni dell’odioso figlio. Detesta i nuovi abitanti del quartiere, che non capisce, ma si affezionerà a un ragazzino asiatico che prenderà sotto le sue ali e inizierà alla vita maschile adulta. Naturalmente il protagonista si renderà conto che quei vicini così diversi sono brava gente, e imparerà a conviverci. Il film è magnifico per come Eastwood lo fa vibrare di autenticità. Lo si ama e ci si commuove. A Clint Eastwood avrebbero dovuto dare l’Oscar come miglior attore, se a questo mondo e a Hollywood ci fosse giustizia.
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